Il Giardino della Minerva

Creato il 18 ottobre 2011 da Senziaguarna

Bisogna armarsi di santa pazienza e di un paio di scarpe comode per raggiungere via Ferrante Sanseverino, all’interno del quartiere che, nella Salerno medievale, era noto come Vico Plaiomonte (Plaium montis): la strada è tutta in salita, in forte pendenza e il selciato sicuramente non aiuta. Solo all’altezza della chiesa di Santa Maria delle Grazie una breve scalinata porta in discesa per qualche metro. Ci si trova così davanti ad un antico portoncino aperto in un muro di cinta. In realtà questo è uno scrigno che racchiude un autentico tesoro: il Giardino della Minerva.

Si tratta di un giardino a terrazze, di cui si ha notizia già nel XII secolo. D’altronde, Vico Plaiomonte, quartiere aristocratico e “panoramico” che si arrampica sulle pendici del colle Bonadies, era famoso all’epoca per i suoi giardini, che seguivano il corso della cortina di mura che dal castello scendeva fino al mare, e l’irrigazione era assicurata dal torrente Fusandola la cui sorgente è proprio in cima al colle. Giardini a terrazza, ereditati dai giardini “a ippodromo” bizantini, e ampiamente sviluppati dall’agricoltura amalfitana.

Alcuni documenti tra cui una pergamena conservata nell’archivio dell’abbazia di Cava dei Tirreni, segnalano questo in particolare come il giardino del palazzo dei Silvatico, nobile casato salernitano originario di Olevano sul Tusciano iscritto al Sedile del Campo, e che aveva un’antica tradizione: la medicina.

Infatti si conoscono i nomi di ben tre medici provenienti dalla famiglia Silvatico, di cui il più celebre è sicuramente Matteo Silvatico, vissuto a cavallo tra il XIII e il XIV secolo, e che si può annoverare a pieno titolo tra le pietre miliari della Scuola Medica Salernitana. E’ autore dell’ Opus Pandectarum Medicinae, volgarmente detto Pandette, una sorta di enciclopedia dei semplici terminata nel 1317 e dedicata al re Roberto d’Angiò, di cui era medico personale. E’ un’opera colossale, comprende ben 721 capitoli che descrivono caratteristiche e proprietà mediche di vegetali, minerali e animali. Si tratta in realtà di un “collage” in cui Matteo Silvatico ha riunito le opere più importanti di botanica e medicina del suo tempo, in particolare molti dei lemmi sono praticamente copiati dall’opera di Matteo da Genova, datata alla seconda metà del secolo precedente. Matteo Silvatico aggiunge comunque del suo qua e là, particolari desunti dall’osservazione personale. Così, all’interno del lemma sul taro (Colocasia antiquorum), una pianta dai tuberi simili alle patate che cresce dove c’è molta acqua, troviamo questa frase:

E io stesso la posseggo nel mio giardino di Salerno, presso una fonte copiosa.

L’impianto del giardino che si può vedere ora, però, con i suoi viottoli ad angolo retto, le fontane a grotta e i pilastri che sorreggono i pergolati di vite, non è quello originale. L’ex palazzo dei Silvatico risente pesantemente degli interventi fatti nel Seicento da don Diego del Core e poi nel Settecento dalla nobile famiglia Capasso, quando Salerno era divenuta prevalentemente località di villeggiatura dei nobili napoletani: suo ultimo proprietario, ai primi del Novecento, fu il matematico Giovanni Capasso, che vi ospitò l’Ateneo-Convitto Galileo Galilei di sua fondazione. Il viridarium di Matteo Silvatico si trova in realtà due metri più sotto l’attuale livello, come hanno documentato gli scavi intrapresi durante i lavori di restauro del giardino.

E invero di un bel restauro era proprio quello che ci voleva per l’ex Palazzo Capasso e relativo giardino, ridotti in uno stato di degrado spaventoso. Ma il progetto, presentato per la prima volta nel 1991, non era semplicemente quello di rimettere a nuovo un palazzo sei-settecentesco: lo scopo era quello di ricostruire il viridario di Matteo Silvatico! Un lavoro da certosino, realizzato da un equipe guidata dall’agronomo Luciano Mauro, che è partita proprio dalle Pandette, andando a identificare, rintracciare e ripiantare una per una 265 delle 487 specie di piante nominate nell’opera! Il dott. Mauro ci tiene a precisare che si tratta di un lavoro in continuo divenire. Il giardino è dotato di un vivaio proprio per coltivare queste piante: una buona parte ha vita molto breve, e non si fa nemmeno in tempo a raccogliere il seme che subito si deve ripiantare di nuovo. Il fieno greco o trigonella, per esempio, apprezza molto anche da Trotula come emolliente e risolvente, si semina ad aprile, e già ad agosto si deve raccogliere il seme.

Il Giardino della Minerva è dunque un piccolo museo verde sulla botanica medica della Scuola Salernitana: l’associazione Erchemperto si è occupata di progettare grandi pannelli esplicativi per permettere ai visitatori di tutte le età (bambini compresi) di entrare un po’ nella prospettiva di Matteo Silvatico. Non basta, ogni specie è corredata da un cartellino con nome volgare e scientifico della specie, e il posto che essa occupa all’interno della dottrina galenica dei Quattro Elementi, spina dorsale dell’insegnamento della Scuola Medica Salernitana. Esempio: il cappero (Capparis spinosa), caldo e secco, dunque il suo olio va applicato dove ci sono problemi legati all’eccesso di flemma, e in realtà è un ottimo astringente. Una sola specie non figura nell’opera di Matteo Silvatico, e il cartellino lo spiega chiaramente: il mandarino, specie comparsa solo nell’Ottocento.

Il progetto in un primo momento si era limitato al giardino. Ma poi si è riusciti a recuperare anche il palazzo, almeno il pianterreno, quello in comunicazione con il giardino. Non si può fare a meno di notare i colori pastello di cui è dipinto il soffitto di quella che ora è la sala G.Capasso, l’asso nella manica per gli eventi speciale: vi si tengono mostre di vario tipo (come Lepidoptera, sulle farfalle, già arrivata alla seconda edizione), ma anche concerti. Dentro è stata ricavata anche una tisaneria gestita dall’associazione Nemus, che dà la possibilità di sperimentare praticamente la dottrina degli umori attraverso tisane e biscotti; naturalmente fatte di materie prime non provenienti dal giardino (la produzione in loco è troppo misera per un uso “commerciale”) ma, e questo i ragazzi della Nemus ci tengono a precisarlo, biologici al mille per mille. E nella bella stagione la tisana si può anche consumare all’aperto, sulla loggia, su graziosi tavolini davanti alla scenografica fontana cinquecentesca e al panorama del Golfo di Salerno.

Personalmente, non penso di esagerare nel definire questo il posto più bello di Salerno. Specie nelle terse giornate di fine primavera, quando l’aria dà il meglio di sé, la vegetazione fitta quanto basta ripara dal sole senza esagerare, e il mormorio delle fontane fa rimpiangere che l’acqua non sia potabile. Il Giardino della Minerva è molte cose insieme: un luogo carico di storia e di sapere, una perla d’arte racchiusa in un’ostrica di verde, un anfiteatro aperto che schiude una vista mozzafiato sul centro storico della città, sul mare, e sulle verdi montagne a picco sul mare della Costiera Amalfitana!

Bibliografia
Corinna Bottiglieri, Appunti per un’edizione critica del Liber pandectarum medicinae di Matteo Silvatico, in: “La Scuola Medica Salernitana. Gli autori e i testi. Convegno internazionale, Università degli Studi di Salerno, 3-5 novembre 2004″, a cura di D. Jacquart e A. Paravicini Bagliani, Firenze 2007 (Edizione Nazionale “La Scuola Medica Salernitana”, 1), pp. 31-58;
Luciano Mauro, Paola Valitutti, Il giardino della Minerva, Edizioni 10/17, 2011;
Giuseppe Rescigno, Salerno nel Settecento: Famiglie e territorio, Plectica, 2005.
http://www.giardinodellaminerva.it/


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