Angela Belloni Sottocornola
Nei duecentocinquanta scatti fotografici, Sottocornola delinea efficacemente il giardino come luogo di ricerca della bellezza, dell’armonia oltre che di responsabilità e lavoro, cura, per far risaltare tutto ciò, quindi metafora di un vivere civile, improntato sia all’affermazione di sé, sia al rispetto verso il prossimo: un percorso a ritroso, una meditazione dal sapore proustiano alla ricerca dell’origine, che è insieme immersione nel proprio mythos fondativo e abbraccio caldo della terra sognata e mitizzata, come la Zacinto di foscoliana memoria, ove ritrovarsi tra il frastuono urbano contemporaneo.Un giardino, dunque, il giardino di una madre, improvvisamente scomparsa anche a seguito di una serie di errori e omissioni mediche. Il dolore di una perdita che forse si poteva evitare.E allora la denuncia, la protesta, la testimonianza che coinvolge l’incuria contemporanea per la vita e le sue manifestazioni, la sua bellezza e fragilità.
E un contrasto: quello fra il giardino curato dalla madre negli anni, regno della bellezza e dell’amore, e il degrado, anche estetico, della civiltà contemporanea, luogo di una cinica e colpevole indifferenza per l’essere umano e le sue relazioni.
Claudio Sottocornola
L’autore ci offre il risultato di un’ azione quasi frenetica per recuperare una presenza colpevolmente sottratta, divenuta simbolo della possibilità della cura e del dono, che la madre dedicava, oltre che al giardino, al prossimo incontrato negli ospedali e nelle case di ricovero, nei luoghi del bisogno e della povertà. E’ la tenerezza ricevuta che rende capaci di muoversi nel mondo e di costruire: non a caso il titolo esteso della mostra diviene Il giardino di mia madre e altri luoghi, ovvero gli altri luoghi del mondo, dove quella cura e attenzione si esercitano attraverso le responsabilità e l’impegno quotidiani. Scorrono così le immagini di varie località che, umanizzate, diventano a loro volta manifestazione di bellezza e armonia, ordine ontologico prima ancora che estetico, in cui ritrovarsi: dopo il giardino, le strade di una periferia innevata a Bergamo, il Mediterraneo, le isole, l’America dell’adolescenza, una Roma insolita assalita dai turisti, Velia, Ercolano, Pompei, i luoghi dell’archeologia, la calda Calabria Ionica delle vacanze estive, il tutto all’insegna di una ciclicità che qui tratteggia il tramonto di una civiltà, il destino di un trapasso epocale che si perde nel mare plumbeo degli ultimi scatti finali, tra ocra, ruggine, rosaceo e verde metallizzato.
Quanto raccolto dalla vendita del dvd sarà destinato alla Società di San Vincenzo de Paoli, ove Angela Belloni Sottocornola, la madre dell’autore ricordata in tale occasione nel decimo anno della scomparsa, si è impegnata per anni, dal 1975 al 1990 come Segretaria, e dal 1990 al 1994 come Presidente della Conferenza di Colognola-Bergamo. Di seguito, alcune considerazioni sulla mostra fotografica, estratte da articoli scritti in occasione di precedenti esposizioni:
E’ il giardino di una madre. (…).
Da questo giardino non c’è cacciata, ma l’inevitabile, necessario, allontanarsi. L’esistenza umana è una spola dal luogo agli altri; è un nomadismo della speranza da un posto originario ai mille successivi, intuendo che né l’uno né gli altri sono il “posto giusto”. (…). Si percepisce in Claudio il desiderio di riordinare il dato biograficamente rilevante in una prospettiva universale. (…)In questo senso, ancora, il giardino diviene il primo luogo e l’ultimo: è il posto del ricordo, della speranza, della attesa e di una possibile bellezza”. (A oriente di Eden esisteva un giardino…, Luca Catò ).
Lo sguardo dell’autore, per quanto denso di attualità, è classico, non vuole dominare o comprendere il tutto, ma lo lascia parlare evocando con la fotografia la sua manifestazione. (…).In questo ricercare l’origine del dolore, il suo senso, l’autore conquista se stesso e si libera in una dimensione circolare di passato- presente- futuro (…). Il rifiuto di sperimentalismi o artifici espressivi porta l’immagine ad essere semplice -minimalista- eppure enigmatica, per la manifestazione di uno stupore acuto e sotterraneo.
Ma lo stupore si intreccia ad un rumore di fondo: è il mondo, come il mare con riva, come il sole e le sue ombre, come l’acqua con la terra, come il cielo con il suo orizzonte (…)”. (Il giardino degli sguardi, Francesca Grispello).