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di Paolo Ruffilli
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Francesco De Napoli ha opportunamente riunito in un unico libro tre poemetti, usciti in tempi diversi: L’attesa (1987), La casa del porto (1994-2002) e Carte da gioco (2001). Ne risulta un’operetta compatta e coerente, di intonazione poematica, che ha preso il titolo complessivo di Carte da gioco (Osanna Edizioni, 2011, pp. 72), introdotta da un’ampia e circostanziata prefazione di Mario Santoro.
Carte da gioco raccoglie e sancisce poeticamente l’infanzia lucana di De Napoli, le memorie della vita in famiglia segnata drammaticamente dalla morte del padre ferroviere e caratterizzata dalla figura intensa della madre, insieme e accanto alle altre figure portanti e decisive nell’educazione sentimentale di Francesco, dal nonno alle sorelle Ketty e Titti.
La poesia di De Napoli è rastremata ed incisiva e la sua vena elegiaca imbriglia le emozioni costringendole nella direzione di una volontà di approfondimento e di conoscenza che usa la pelle senza rinunciare alla testa, e capace insomma di esercitare una regia sulla mobilità dei sentimenti che agiscono nei legami di sangue dentro i quali, non solo attraverso i ricordi, la mente si sforza di entrare per capire mettendo a fuoco la propria personale identità.
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