Il Giorno dell'Apocalisse - 10

Creato il 14 agosto 2013 da Marcar

IL GIORNO DELL’APOCALISSE – romanzo di Marco Caruso – Ogni diritto riservato

puntata numero 10

Appena arrivato negli uffici di via Veneto, dopo un volo di otto ore ed il pessimo pasto servito a bordo ancora sullo stomaco, Andrew chiese un digestivo ed il canale riservato. Discreto, Ryne uscì dalla stanza; rientrò dopo qualche minuto, trovando il collega più accigliato che mai.

- Come sta il vecchio George? – chiese l’addetto all’ambasciata americana.

- Gli ho appena confermato di sapere esattamente dove si trova il Serpente. Questa notizia deve averlo rimesso al mondo.

- Vuoi dire che Henkel si trova a Roma?!

- Se già non è arrivato, arriverà. Qui c’è suo figlio. Pensavo di conoscere perfettamente il buon Serpente… Invece, Jack Olino ne sapeva di più! Tu sai perché gli diamo la caccia, vero?

- Gira voce che Henkel abbia strappato di brutto. Qui a Roma, siamo in massima allerta da una settimana. Inoltre, so per certo che i Russi hanno chiesto ufficialmente il motivo di tanta agitazione.

- C’era da aspettarselo. Ed è un brutto segno. Sai quanto me che, se potessero, cancellerebbero Henkel dalla faccia della terra. Ma, se riescono a sapere che ha tradito, cercheranno di stabilire un contatto con lui. Pensa che il Presidente stesso aveva ordinato la massima segretezza dell’intera operazione.

Ryne rise:

- Con il personale che si ritrova il Pentagono! Eppoi, non si mette in moto l’intera Organizzazione solo per eliminare un vecchio agente diventato scomodo!

- Un giorno di questi, cercherò di spiegarlo a qualche cervellone di Washington. Vuoi sapere la verità? George e compagni se la stanno facendo letteralmente sotto dal giorno che il Serpente ha preso il volo!

- Comunque, durerà poco. Leila Grenshaw è morta. Sappiamo chi è suo figlio. Dove può rintanarsi, quel brutto rettile nazista?

- Può ancora farci male – rispose l’agente speciale, dopo un attimo di riflessione – Può decidere di vendicarsi.

Il sogno della farfalla

La mia vita è diventata un incubo ricorrente, una follia senza fine. Gli eventi della mia esistenza, mescolano in un velocissimo vortice pensieri, sensazioni ed emozioni, senza ordine, senza un filo logico.

Un tempo, avevo l’illusione di percorrere un sentiero ben definito, di avviarmi verso una meta, buona o cattiva che fosse. Poi, accadde quel che non dovrebbe mai accadere: incontrai me stesso, al di fuori del vago mondo delle apparenze, al di là del facile inganno dei sensi.

Ci serviamo di costruzioni mentali perché ci fa comodo, ed è molto più facile interpretare la realtà oggettiva secondo il nostro gusto personale; ma, invero, potremmo comprendere la realtà, tutto quel che ci circonda, nella sua vera essenza. Invece, una parte di noi s’incarica di filtrare e rendere più appetibile quel che l’Universo intero propone. Questa parte di noi è il cervello.

Erroneamente, noi crediamo che quest’organo generi i pensieri; invece, il cervello ha il solo compito di renderci quel che vogliamo essere: è parte integrante di un’errata scelta di vita.

Tutto ciò funziona alla perfezione finché l’uomo arriva all’inevitabile punto di saturazione della propria anima. La vita è una sola. Qualcuno si sveglia dal sogno e si accorge dell’inganno primigenio. Quasi mai è una libera scelta. Solo, capita d’incontrare sé stessi, in sogno o durante la veglia.

A me succede in sogno. Io vedo un uomo che ha il mio stesso volto ma vive in un mondo del futuro. Il mio doppio, perché di questo si tratta: un alter-ego che vive la sua esistenza in parallelo con la mia, sogna me quando io sono desto. Mi chiedo che fine farà, quando io non sarò più su questa terra…

Ormai, ho preso la mia decisione. Devo pagare il frutto della mia pazzia. Per evitare di fare ancora del male, per evitare la tentazione di sopprimere l’altrui libertà, io che sono schiavo di un corpo deforme e di un destino crudele, cammino verso l’abisso.

Morte ho donato, morte io dono a me stesso. Maledetto Dio, crudele oltre ogni dire, che ci hai ingannato, mentendo sul vero inferno che è qui, in Terra!

Allargo le braccia alla morte che viene… Un salto e volo giù, nell’abisso!

Dove ho già visto tutto questo?

Una carta dei Tarocchi…

Stavolta, il mio risveglio è dolce, tranquillo, come la rassegnazione, la resa davanti all’ineluttabile destino. La sconfitta impossibile da evitare fa meno male.

Giulio non tormenterà più i miei sogni. E se fossi veramente io in un’altra vita? Ma che follia…

Sono quasi le dieci di mattina. Il campanello della porta.

Sandro entra, tutto giulivo:

- Buone notizie! – esclama – Hai fatto colazione? –

Sventola sotto il mio naso un cartoccio dall’odore invitante, ed io lo trascino subito in cucina.

- Sono queste le buone notizie? – gli chiedo, prima di addentare un fragrante cornetto ripieno di crema.

- Preparo il caffè. Devi svegliarti bene. Credo che tu sia quasi fuori da questo pasticcio!

- Davvero?

- Un paio d’ore fa, è venuto a svegliarmi il commissario Nori. Quell’uomo deve soffrire d’insonnia. Ha provato subito a chiedermi dov’eri, ovviamente ho evitato di chiarirgli le idee in proposito. Poi, s’è lasciato andare a qualche confidenza. Notizie che avremmo, comunque, appreso dai giornali.

- Avevi detto: buone notizie!

- Buone solo per te, intendiamoci. Max Jaguar è ora l’unico indiziato per l’assassino di Deschi e, probabilmente, anche per la morte di Claudine.

- Solo perché, come me, si è reso irreperibile?

- No: perché è morto! Si è ucciso in una stamberga affittata sotto falso nome. L’hanno trovato con un bel buco in testa e la rivoltella ancora in mano. Non ha lasciato biglietti, ma Nori non sembra preoccuparsene granché. Che ne dici?

- Che non ho motivi particolari per esultare. La morte di quel ragazzo non spiega un bel niente! Forse ha ucciso Deschi, ma Claudine? L’amava troppo.

Sandro scuote la testa  - Ti fai troppi  problemi. Nori è convinto che l’autore dei tre delitti, compreso il suo, sia proprio il ragazzo. E se lui la pensa così, perché dovremmo dargli torto?

Beviamo il caffè bollente e, a dire il vero, ne ho un gran bisogno.

- Sandro, lasciamo da parte un attimo l’ineffabile commissario e le sue opinioni sull’inchiesta che, comunque, dovrà definire il magistrato inquirente. Non mi hai ancora detto cosa c’entri tu con questa storia e dov’è Sara. Cosa mi nascondi?

- Non ti fidi più di me?

- Dov’è Sara? Dimmi almeno questo.

- Non lo so. Madame Clermont è sua amica, probabilmente si sta occupando di lei… Viste le sue condizioni. Credimi, non sono certo io a porre ostacoli al vostro incontro. Non hai pensato all’eventualità che sia proprio lei a non volerti vedere? In fondo, hai rifiutato la sua offerta, non è vero?

- Ho solo rifiutato di bere la Vitatrina!

- Hai fatto male! Ho tanto clienti soddisfatti che la prendono!

- Piantala di scherzare. Farò cercare Sara da Leoni. A proposito. Sai cosa m’ha detto? Che Sara ha solo finto di tradirmi, anni fa. Tutta una commedia.

- Poveretta…

- Sì, forse è una povera squilibrata. Ma non è la sola. Di sicuro, non ha agito da sola.

- Se lo dici tu! – sorride ironicamente il mio migliore amico – Quando Leoni la trova, salutala da parte mia.

- Un bel giorno, la verità salterà fuori. Ora scusami: vado a fare i bagagli!

Tornato in casa mia, faccio appena in tempo a decidere che è ora di fare un po’ di pulizie, quando sento la suoneria preferita del mio cellulare: è Leoni che, agitatissimo, mi chiede quando possiamo vederci. Gli spiego che non posso muovermi da casa e lui assicura che richiamerà. Senza aggiungere altro. Strana telefonata.

Quando suona il campanello della porta, sto per accendere l’aspirapolvere. Pensando che siano i soliti Testimoni di Geova, vado ad aprire e vedo due tizi troppo distinti per essere semplici sbirri.

- Il signor Bersani? – chiede il più alto dei due, che porta un bel paio d’occhialoni scuri.

- Se rispondo di sì, vinco qualcosa?

- Vogliamo solo qualche informazione, se non le spiace… Mi chiamo Alfonsi, della Digos.

- Colgani. – fa l’altro – Possiamo entrare?

- Beh, visto che ci siete… - Mi faccio da parte per mostrare il mio polverosissimo soggiorno in tutto il suo splendore. Se avessi cento lire per ogni chilo di polvere, scriverei a Nori dalle Antille. Ma questi due sono della Digos…

Ed infatti, appena seduto sul divano, Colgani attacca:

- Non siamo propriamente poliziotti. Sappiamo che ultimamente ha sofferto qualche… problema con la polizia. Pare, comunque, che la sua posizione sia alquanto migliorata…

- In breve – aggiunge Alfonsi – Non siamo qui per il suo caso specifico. Vorremmo qualche informazione sul signor Armando Leoni. Suo cugino, se non sbaglio.

Leoni? La Digos? Che diavolo succede?

- Che ha combinato, quel ragazzaccio? Pensi che ha frequentato il liceo dai Gesuiti!

Colgani scuote il testone pieno di capelli brizzolati, corti. – La Digos si interessa solo marginalmente ai reati internazionali nei quali suo cugino sembra coinvolto. Comunque, per noi sarebbe molto urgente rintracciarlo.

- Se avete già provato a casa sua e presso il suo studio, non saprei proprio come aiutarvi.

- Quando l’ha visto, di recente? – chiede Alfonsi.

- Qualche giorno fa, nel suo studio. non mi chieda di più perché ho una pessima memoria.

Alfonsi guarda il collega, dubbioso:

- Non sa dirci altro? – insiste.

- Vuole qualche particolare sulla nostra infanzia? Io preferivo la marmellata, lui la nutella ed ero innamorato della sua balia che aveva due tettone…

I due agenti si alzano all’unisono. Colgani ha l’aria vagamente disgustata. Mi porge un biglietto da visita – Ci chiami, se lo vede. E’ un consiglio. E’ soprattutto per il bene di suo cugino.

- Immagino. Grazie per la visita.

Ora, almeno, capisco il motivo dell’agitazione di Armando. Che cosa avrà combinato? Ho la necessità assoluta di trovare l’appoggio d’un alleato sicuro. Lasciando perdere l’ambiente di lavoro, gli amici, veri e falsi, non mi resta che una sola persona…

Guardando frequentemente lo specchietto retrovisore, mi sono finalmente convinto che nessuno mi stia seguendo; posso puntare nella direzione giusta: un piccolo bar di periferia nella zona di Cinecittà. Luisa conosce il posto quanto me, visto che recitò, tempo fa, alcuni “esterni” nei paraggi. per un filmetto tutto sesso e violenza.

All’interno del locale, i tavolini sono vuoti. Un paio di avventori discutono di calcio davanti a due birre, al bancone. Il barista, rispondendo alla mia domanda, mi indica la saletta appartata, quella con il biliardo.

La saletta è scarsamente illuminata. In uno dei due tavoli da gioco si sta svolgendo un’accanita sfida tra ragazzi. In fondo, altri tavolini, occupati da alcune coppiette che mangiucchiano, fumano e si baciano. A lato, Luisa si comporta con gran naturalezza, da attrice consumata. Si alza e mi bacia con entusiasmo. Una bella fidanzatina, non c’è che dire.

In breve, le racconto tutto, senza remore. Un cameriere, timidamente, si avvicina; gli ordino due birre e olivette.

- Capisci? – chiedo, infine alla mia vecchia amica – Questo fulmine a ciel sereno che mette fuori gioco anche mio cugino, isolandomi completamente! Leoni è importante anche perché conosce elementi del mio passato che potrebbero rivelarsi fondamentali per risolvere tutti i miei problemi.

- Devi provare ad aiutarlo, se vuoi la sua collaborazione. – suggerisce, molto logicamente, la ragazza, che fuma nervosamente. E’ preoccupata per me.

- Hai ragione, ma come posso fare? Ora, il latitante è lui, ma io non sto molto meglio. Comunque, è strano che il magistrato che si occupa dell’inchiesta sulla morte di Claudine, non mi abbia neanche convocato!

- Forse, c’è qualcuno che non vuole coinvolgerti direttamente con le indagini della magistratura… I tuoi nemici vogliono qualcosa da te, Mario, mi sembra evidente. Come è chiaro che Sandro e Sara sono in combutta con loro!

- Non so che dirti. Non mi sento di escludere nessuna ipotesi. Mi sento solo, Luisa.

- Lo so, altrimenti non mi avresti mai chiamato – sorride lei. Ed ha ragione – Siamo amici da un po’, del resto… Mi hai sempre trattato con rispetto, e nel nostro ambiente il rispetto è sempre una piacevole sorpresa, un’eccezione! Ferretti, per esempio, pensa che le giovani attrici siano solo carne da letto; ed ha ragione, perché io, che certi compromessi non li accetto, non recito da quasi due anni. Quindici giorni fa, sono riuscita ad ottenere un contratto per uno spot televisivo per miracolo!

- Il tuo agente…

- Beh, se il tuo agente ti saltasse addosso appena vede che sei in difficoltà, tu che faresti?

- Ehm… Ho qualche nome da darti. Gli telefono prima io… O forse, in questo momento è meglio di no.

- Lascia stare. Dimmi solo quel che posso fare per te.

FINE DELLA DECIMA PUNTATA