Il Giorno in cui Uccisero Oscar Wilde

Creato il 18 marzo 2013 da Dietrolequinte @DlqMagazine

Giuseppe Floriano Bonanno Il Giorno in cui Uccisero Oscar Wilde

La brutta stagione sta per lasciare il posto alla primavera, ma, mentre si conferma la tradizione che vuole marzo decisamente pazzerello, non è ancora tempo di abbandonare i passatempi invernali. Pertanto, è con piacere che decidiamo di passare una serata al Teatro Duse per assistere ad uno spettacolo il cui titolo (Un delitto senza importanza: chi ha ucciso Oscar Wilde?) si presenta alquanto stimolante. Sul palco a condurre gli spettatori in un’atmosfera old british e fuori dagli schemi consueti, ecco l’estro ed il talento comico di tre protagonisti della scena come Stefano Brusa, Anna Meacci ed Alessandro Fullin. L’opera, il cui testo è scritto dallo stesso Fullin, è allo stesso tempo un giallo letterario e una commedia, una sorta di mega contenitore di spassose citazioni e raffinati aforismi che, attraverso un vertiginoso girotondo di personaggi e situazioni paradossali, garantisce agli astanti un divertimento “intelligente”, ma non immediato. Oscar Wilde, il celebre scrittore irlandese che scandalizzò il pubblico con le sue commedie che mettevano in scena vizi e virtù della società vittoriana, morì di malattia a Parigi nel 1900 in una squallida stanzetta d’albergo, pieno di debiti e circondato da pochi amici. La commedia parte da questo evento stravolgendo però la realtà storica ed immaginando che Wilde venga invece assassinato durante un party in cui sono stati invitati i più famosi personaggi dei suoi capolavori. Ipotesi affascinante che ci trascina in una sorta di Cluedo con l’obiettivo di risolvere l’inquietante mistero. Chi ha ucciso Oscar Wilde? E perché?

Il Giorno in cui Uccisero Oscar Wilde

L’azione si svolge in Scozia nella magione di Lady Windermere e a condurre le indagini provvede Lady Bracknell, mente non brillantissima che interroga tutti gli intervenuti alla festa, uno stuolo di personaggi decisamente particolari (ad esempio, non mancano la romantica americana, il dandy sculettante e la governante ninfomane). Racconta lo stesso Fullin: «Siamo in tre sulla scena e vestiamo i panni di una ventina di personaggi; io, oltre ad interrogare i presunti colpevoli nelle vesti di Lady Bracknell, do voce anche ad un personaggio omosessuale. La visionaria combriccola è davvero divertente con momenti davvero esilaranti. Un po’ pirandelliana, la mia commedia, che sfrutta la tecnica del teatro nel teatro, diventa un’occasione per miscelare abilmente elementi biografici di Wilde con la mia fantasia, alcuni dei più famosi aforismi dell’irlandese con battute del nuovo millennio, ingredienti delle opere wildiane con ambientazioni realmente esistenti».

Il pubblico gradisce, e molto, tra mossette e battute ora salaci, ora più sottili, ma la connotazione “gialla” si stempera quasi da subito, perché in realtà tutto è talmente surreale che il cattivo di turno diventa una macchietta poco credibile nel suo ruolo di colpevole, e, inoltre, le ragioni e il movente dell’omicidio restano oscure ed inconsistenti. I personaggi, tutti sessualmente “caratterizzati”, si alternano vorticosamente con gli attori che assumono identità diverse con un rapido cambio di abbigliamento (o meglio di cappellino), in una sorta di festival del travestimento, che finisce però per renderli senz’anima e senza peso. Il calderone, con troppa carne al fuoco, finisce così per divenire indigesto, una trama compiuta ed il senso profondo del tutto si perdono inevitabilmente di vista, lasciando alla fine perplessi su quale dovesse essere il vero sapore dell’operazione. Alla fine della pièce, insolitamente breve, restano dunque solo delle risate sparse qua e là, ingredienti sapientemente cucinati dai tre bravi attori, che però soddisfano solo a metà le nostre aspettative.


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