Il Golem: l'interpretazione del Premio Nobel Elie Wiesel
Creato il 29 ottobre 2011 da Alessandraz
@RedazioneDiario
Il Golem: una leggenda davvero poco mostruosa.
Il gigante d’argilla che si aggira per le strade di Praga, il Golem appunto, entra di diritto nella schiera dei personaggi raccapriccianti, dell’immaginario semi-collettivo: ho scritto semi perché mi riferisco a coloro che ne abbiano sentito parlare o addirittura – fa loro onore – ne conoscano la biblica e letteraria esistenza. Il “colosso muto”, infatti, non è altrettanto noto al grande pubblico come il suo “collega” Frankenstein. Approfitterei, dunque, di questa occasione per spezzare una lancia a favore del gigantesco personaggio: soprattutto in barba al revisionismo strumentale che spesso l’umanità ha compiuto rispetto ad accadimenti e personaggi storici e/o leggendari realmente mostruosi. Per quanto infatti egli appartenga, dal punto di vista estetico, alla compagine di figure da incubo evocate in occasioni come questa di Halloween, la sua genesi si discosta completamente da quella di mostro o di creatura che semina morte e terrore.
Nel noto romanzo di Gustav Meyrink, datato 1915, il gigante viene presentato come una figura evanescente e spaventosa, una incarnazione stessa della paura, dato che nessuno è sicuro di averlo mai visto. Non ne è accertata l’esistenza: è immagine spettrale mai definita e mai realmente visualizzata, autoalimentata dal terrore stesso, vagante per il quartiere ebraico di Praga. Ma questa è una interpretazione tardiva del Golem.
Di fatto, il colosso d’argilla è presente già nelle scritture veterotestamentarie, ed anche nello Zohar, Il Libro dello Splendore, e nel Libro della Creazione, facenti parte della Kabbala, insieme delle dottrine mistiche e segrete ebraiche. Viene descritto come una sorta di massa informe, recante scritta sulla fronte la frase “Dio è verità”, aleph, attraverso la quale prende vita; altre leggende narrano di parole di “comando”, per compiti che il Golem era tenuto ad eseguire.
La versione che scelgo per “riabilitare” il nostro - senza nulla togliere al suo immaginabile terrificante look degno di Halloween - è quella che ci racconta il premio Nobel per la pace 1986 Elie Wiesel, in un libricino suggestivo, illustrato da altrettanto suggestive vedute di Praga, tratteggiate a china da Mark Podwal: Il Golem, edito in traduzione italiana nella sua quarta edizione nel 2009, dalla Casa Editrice Giuntina di Firenze.
La leggenda esposta dal narratore in prima persona, a sua volta narratagli da un vecchio becchino, testimone, da piccolo, delle gesta del gigante, vede nascere il Golem nel 1580 a Praga, ad opera del Rabbi Yeruda Loew, noto come il Maharal. Nasce da un rito, presenti altri Rabbi, ognuno con un suo compito ben preciso nel cerimoniale, dopo che Yeruda Loew ha tracciato la sua figura nell’argilla. “La tua missione sulla terra sarà quella di proteggere il popolo di Israele dai suoi nemici. Hai capito?”, chiede Yeruda Loew all’essere che ha creato, ma poi aggiunge che il Golem non ha facoltà di parlare perché tale dono può essere inferto solo da Dio.
Da allora comincia la missione del colosso, al quale il proprio creatore affida compiti tutt’altro che violenti o terrorizzanti: recuperare un bambino o una donna creduti rapiti o uccisi da appartenenti al popolo ebraico (atti simulati da nemici) e rimanere di guardia presso il Tribunale Rabbinico, il Beth Din, dove il gigantesco e muto servitore vive solitario, da alcuni amato, da altri beffeggiato se non percosso, senza comunque mai avere reazioni apparenti. La sua esistenza è, tuttavia, destinata ad estinguersi quando il popolo ebraico non avrà più bisogno di lui. E sarà straziante per il Rabbi e commovente per il lettore, come l’addio tra un padre ed un figlio, il momento in cui il “creatore” dovrà “mettere a dormire” (non sappiamo se per sempre) nella soffitta della sinagoga, la propria creatura, una volta esaurito il suo compito. “Sdraiati, mio piccolo Yossel”. Il Golem esitò impercettibilmente prima di ubbidire. Da quel momento nascono altre leggende, sulla scomparsa del Golem, poiché il Maharal non ne fornisce spiegazioni e minaccia di scomunica chiunque si azzardi ad entrare nella soffitta.
Toccante questa storia, che vi invito a leggere, magari proprio in occasione della esterofila “festa” di Halloween, poiché viene anche essa da lontano, nello spazio e nel tempo. Aggiungerei che l’umanità insita nel personaggio di questa versione non lo ha esautorato del suo physique du role: come tutti gli altri esseri “mostruosi” partoriti dalle leggende e dalla letteratura, egli rappresenta il diverso, il mistero, lo sconosciuto, che attrae e spaventa e si presta a personalissime e molteplici interpretazioni.
Bella la forma di scrittura, e complimenti anche al traduttore che ha saputo trasferircela, tradurla nel senso originario del termine: da personaggio mitico e biblico, passando per le leggende popolari, il Golem di Wiesel si trasforma in protagonista di una favola, seppur corredata di qualche riferimento storico.
"Ma un vagabondo mendicante che ho incontrato recentemente mi ha dato, in pegno
del segreto, la sua spiegazione: il Maharal aveva proibito l' accesso alla
soffitta perchè, in realtà, il Golem era ancora vivo. E aspetta di essere
chiamato. In quanto a me, vorrei sapere".
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