Pensieri rasoterra:
Il Primo Ministro Matteo Renzi, dopo i tragici avvenimenti di Parigi, annuncia un pacchetto di misure straordinarie contro il terrorismo. La confezione pre-natalizia prevede anche un bonus di 500 euro per tutti i neodiciottenni che si affacciano alla vita democratica, utilizzabili per l’acquisto di materiale culturale (libri, dvd, ingressi a concerti, teatri, cinema… non è ancora chiaro, ad esempio, se le megaproduzioni hollywoodiane, quelle farcite da effetti speciali per non far calare l’attenzione dell’apprendista elettore, meglio se di fattura Marvel, saranno considerate a tutti gli effetti lievito capace d’incoraggiare la crescita civile e critica dei novizi cittadini consapevoli, nonché la loro attitudine alla pace).Se da una parte siamo certi che l’acume del dotto e “frontman” Governo dem., non favorirà l’apertura di un serio dibattito sul contributo della cultura nella società dell’immagine del XXI secolo, dall’altra potremmo forse supporre che, finalmente, anche la cultura acquisisca lo status di merce: indifferente, come ogni altra merce che si rispetti, la cultura “guadagna” il poco lusinghiero titolo di format. Ma in fondo a chi importa davvero della cultura oggi? Specie se non di quella “buona”, che fa reddito? E così, secondo gli standard ragionieristica degli intellettuali contemporanei, la spettacolare cultura desiderata dal Governo Renzi sarebbe formativa, buona e giusta perché serve soprattutto a particolari interessi: i suoi! Se n’è accorto pure Berlusconi, che negli spot ci ha sempre sguazzato e ha creato una fortuna proprio sulla vendita pubblicitaria di sé stesso. Renzi, insomma, regala ai novelli votanti un po’ di soldi – secondo la logica assolutistica d’ancien régime, o se si vuole quella del classico Giovenale rivisitata dell’“ipad e circo-nvenzione” - con la speranza che qualcuno di essi ci caschi e magari non si dimentichi di essere riconoscente nei confronti di chi gli ha assegnato per decreto una lauta mancia (forse non a caso Noam Chomsky ebbe a dire: “la propaganda è in democrazia ciò che il randello è in uno stato totalitario”).