Il mio primo anno svolto per intero nella scuola statale, l'anno del mio drastico (e doloroso) cambio di rotta da una classe di concorso a un'altra: o forse sarà la bella stagione, il caldo della giornata, l'atmosfera festosa che mi fanno pensare a questo come a un primo anno, ciò che io voglio che sia.
Eppure non cambierei mai quest'anno. E non credo che potrò dimenticare i miei alunni, con la loro pigrizia, con la loro demotivazione, con la loro rabbia, ma anche con la loro improvvisa serietà, con la loro necessità di arenarsi in sé stessi e fuggire, con il loro bisogno di prendersi gioco di tutto e di tutti (sarà difesa?).
"Il grande e potente Oddo" - come mi hanno chiamato a un certo punto in una classe, per qualche strana assonanza con il film di Sam Raimi - è diventato qualcosa d'altro, qualcun altro. E non lo devo solo alle persone, ma alla mia diversa disponibilità, alla mia frattura che mi ha dato accesso a un nuovo modo di lavorare; no, scusa, di essere.
C'è ancora tanto da fare, ovvio, ma se poi - come oggi - entra l'estate, vien proprio voglia di rimboccarsi le maniche e fare un po' di piazza pulita.