“La telefonata arrivò al Commissariato di Polizia di Torino poco dopo le sette e trenta di un freddo lunedì di metà gennaio. «C’è un cadavere in un rustico abbandonato, a Corio», disse alla cornetta una voce mascherata”. (Roberto Re – “Il killer delle fiabe”)
L’opera dello scrittore di origini torinesi, nato nel 1976, è edita da Gds nel dicembre 2013. La vicenda si svolge a Torino, dove in un piccolo paese limitrofo viene ritrovato il cadavere di un uomo, all’interno di un rustico abbandonato, completamente divorato dai morsi di un animale.
E lì accanto, un libro di fiabe: una vecchia edizione di Cappuccetto Rosso. È la firma dell’assassino, che nel giro di pochi giorni infierirà nella provincia di Torino con altri tre omicidi e altrettanti libri di favole a siglare il misfatto. L’ispettore Morelli e la sua collega Morena Camogli, un tempo legati da una relazione sentimentale ormai terminata, brancolano nel buio.
Coadiuvato da un team di professionisti, Morelli cercherà in tutti i modi di venire a capo dell’enigma, anche se questo lo porterà indietro nel tempo. Al passato tormentato della sua famiglia che sembra non trovare pace. Premetto che sono da sempre un’appassionata di thriller, compresi quelli macabri dove ci si ritrova direttamente in sala autopsie con Kay Scarpetta e Temperance Brennan, rispettivamente le anatomopatologhe protagoniste della serie di romanzi di Patricia Cornwell e Kathy Reichs.
All’autore riconosco una fantasia molto fervida, che lo ha portato a tessere una trama articolata e ricca di colpi di scena. Ho apprezzato molto il fatto che egli abbia dato vita, nell’italianissima Torino, ad un thriller in stile americano, in cui si parla di serial killer e di delitti efferati degni della serie televisiva Csi. L’opera rievoca l’atmosfera truce che si respira nelle storie di Jo Nesbo, o ancor più di Cody McFadyen. I protagonisti non sono eroi, e non sono perfetti.
Ritengo che se una critica venga fatta con coscienza, essa possa risultare costruttiva. Ecco quindi che faccio la mia osservazione. La descrizione delle scene è molto dettagliata, puntigliosa nei minimi particolari. Spero non me ne vorrà l’autore se dico che poco lascia all’immaginazione. Tutto viene scandito, ribadito e qualche volta può essere recepito come ridondante. In alcuni casi la prosa anticipa situazioni che invece sarebbe bello scoprire da sé, a poco a poco.
È soltanto un mio modesto parere, ma forse bisognerebbe lasciare maggior spazio al “non detto”, lasciarsi circondare da quell’alone di mistero che ha reso grandi Harry Hole di Jo Nesbo e Harry Bosch di Michael Connelly. Poliziotti geniali e dannati, personaggi che rimarranno a lungo nella nostra memoria.
Written by Cristina Biolcati