Una maratona di riunione straordinaria sull'emergenza Kosovo si e' svolta sabato scorso al Parlamento serbo in cui e' stata approvata una Dichiarazione sul Kosovo in cui si condanna ogni violenza e si chiama alla soluzione pacifica della crisi provocata da un atto unilaterale di Priština. Il parlamento di Belgrado appoggia il Governo serbo nel dialogo con Priština a fin di risolvere problemi concreti dei cittadini in tutta la regione settentrionale e di trovare una soluzione di compromesso permanente, si legge nel testo della Dichiarazione e si appella alla comunita' internazionale di condannare ogni atto che potrebbe minacciare il successo del dialogo tra Belgrado e Priština. Alla fine del dibattito che si e' allungato in tarde ore notturne, ai deputati e ai membri del Governo si e' rivolto il presidente della Serbia Boris Tadić. Il capo dello stato ha rilevato che il compito piu' importante della Serbia e' la pace e che solo una politica di pace puo' portare a risultati nella difesa degli interessi legittimi nazionali della Serbia.
"La pace non ha alternative" ha sottolineato Tadić aggiungendo che il problema del Kosovo non e' nulla di nuovo, bensi' un problema che colpisce ugualmente sia i serbi che gli albanesi da oltre un secolo. Il presidente serbo ha precisato che tutti quelli che pensano sia possibile soddisfare l'interesse di solo una parte hanno una posizione sbagliata in politica e non conoscono sufficentemente la storia. Il ministro degli interni Ivica Dačić da parte sua ha dato la colpa per la situazione in Kosovo ai "separatisti albanesi" e ha accusato ancora una volta la comunita' internazionale di aver silenziosamente appoggiato le mosse del governo kosovaro.
Il leader serbo della Voivodina, la regione multietnica serba al confine con l'Ungheria, Nenad Čanak, deputato del partito "Per la Serbia europea" nel suo intervento al Parlamento e' stato piuttosto duro. Ha detto che si sta decidendo "se si vuole vivere nell'Ue oppure morire per un mito del medioevo" a causa del quale negli anni novanta "migliaia di persone hanno pagato con la loro vita". Čanak ha ricordato che nessuna guerra ha contribuito al benessere dei serbi.
Il presidente del governo serbo Mirko Cvetković afferma che la crisi in Kosovo e' stata causata dalle autorita' temporanee di Priština con mosse irresponsabili e unilaterali. Secondo Cvetković i loro atti sono indirizzati verso il cambiamento della realta' sul terreno causando disordini tra i serbi e installando le loro istituzioni al nord della regione. L'obiettivo fondamentale, ha detto il premier serbo, e' provocare la Serbia a sospendere il dialogo che ha dato gia' i primi risultati.
La crisi in Kosovo e Metohia e' il risultato dei tentativi delle autorita' provvisorie di Priština di stabilire con atti unilaterali la loro statalita', ha valutato il capo della diplomazia serba Vuk Jeremić alla riunione parlamentare, reduce da New York dove ha incontrato il segretario generale dell'Onu Ban Ki-moon ma non ha potuto assistere alle consultazioni a porte chiuse del Consiglio di Sicurezza sul Kosovo. Jeremić ha precisato che l'intenzione, nel contesto internazionale, e' quella di far pressione sugli stati membri dell'Onu di riconoscere l'indipendenza unilaterale del Kosovo e di vincere l'ingresso del Kosovo nelle organizzazioni internazionali. Secondo le sue parole, il Ministero degli esteri e altri organi statali della Serbia si impegnano costantemente a fin di ostacolare queste iniziative.
Quanto al ministro della difesa serbo, Dragan Šutanovac, il Ministero della difesa e l'esercito della Serbia sin dall'inizio della crisi, dallo scorso 25 luglio operano secondo le loro competenze e secondo gli accordi internazionali volendo ostacolare conflitti e perdite di vite da entrambe le parti. Secondo Šutanovac, solo grazie a felici circostanze non e' accaduta una tragedia maggiore da quello che vi e' stato e che ci potevano esser piu' feriti e morti nonche' piu' veicoli danneggiati.
Il capo del team negoziale di Belgrado, Borislav Stefanović ha valutato la situazione al nord del Kosovo come "drammatica con dimensioni di stato di emergenza e quasi di guerra". Stefanović ha sottolineato che soltanto i negoziati ed il dialogo sono la soluzione, tutto il resto e' una catastrofe. Ha rilevato che la situazione deve tornare allo stato precedente "affinche' si possa dare la possibilita' ai negoziati". Il ministro per l'economia e sviluppo regionale, Nebojša Čirić ha informato che l'UNMIK ha proposto che la questione dei timbri doganali del Kosovo sia risolta nell'ambito dell'accordo CEFTA e non nei colloqui bilaterali tra Belgrado e Priština. La Serbia, secondo le sue parole, dovrebbe esaminare questo tipo di proposta.
Un'altra opinione rigida e' quella di Goran Bogdanović, ministro serbo er il Kosovo, secondo il quale la Kfor avrebbe violato pienamente la cornice della Risoluzione 1244 del Consiglio di Sicurezza e ha preso le posizioni di Priština. Invece di abbassare le tensioni, e' dell'opinione Bogdanović, la Kfor ha permesso che la missione militare in modo feroce violi la risoluzione 1244 e i serbi al nord del Kosovo temono che Priština attraverso la Kfor raggiunga i suoi obbiettivi. Tutto questo, ha precisato il ministro serbo per il Kosovo, ha provocato disordini e l'incendiamento della frontiera di Jarinje.
Secondo le attuali informazioni dell'agenzia di stampa serba Tanjug, i soldati della Kfor continuano a tenere bloccato il punto di passaggio Jarinje non permettendo ai veicoli che trasportano merce e perfino medicinali di attraversare la frontiera. E' permesso il passaggio soltanto agli automobili personali senza merce.
Come ultimo aggiornamento sulla krisi in Kosovo relativa alla Serbia e' l'appello del premier serbo Mirko Cvetković alla comunita' internazionale in cui avverte L che la Serbia non e' responsabile per l'attuale situazione bensi' l'amministrazione di Priština e le istituzioni internazionali in Kosovo. Cvetković ha detto che i rappresentanti della comunita' internazionale, vale a dire Kfor e Eulex devono restare neutrali, non possono prendere la posizione di nessuna parte a differenza di quanto lo stanno facendo adesso rigettando i colloqui con i rappresentanti legittimi della Serbia e bloccando i convoi con gli alimentari il che potrebbe portare, afferma il premier serbo, ad una catastrofe umanitaria.