Il labirinto delle idee

Da Observingthenet


JORGE LUIS BORGES

L’immortale
Discesi attraverso un caos di sordide gallerie giunsi a una vasta stanza circolare, appena visibile. V’erano nove porte in quel sotterraneo; otto s’aprivano su un labirinto che ingannevolmente sbocciava nella stessa stanza; la nona (attraverso un altro labirinto) su una seconda stanza circolare, uguale alla prima. Ignoro il numero totale delle stanze; la mia sventura e la mia ansia le moltiplicarono. (…) Al termine di un corridoio, un muro imprevisto mi sbarrò il passo, una remota luce cadde su di me. Alzai gli occhi offuscati: in alto, vertiginoso, vidi un cerchio di cielo così azzurro da parermi di porpora. Gradini di metallo scalavano il muro. La stanchezza mi abbatteva, ma salii…

Il labirinto è una delle figure più antiche nell’arte e nella letteratura. Ma i labirinti di cui si parla sono in genere quelli da cui si può sempre uscire. La paura di perdersi, di non trovare la via di uscita, getta i lettori di ogni tempo nella angoscia. E tuttavia una uscita esiste sempre. Nei pavimenti delle cattedrali medievali, come a Chartres, o nelle architetture del Rinascimento, il labirinto suggerisce al tempo stesso lo smarrimento e la certezza del ritrovamento della strada.
Molti problemi hanno la struttura del labirinto: ad ogni passo si aprono molte alternative, una sola è quella buona, e trovare l’uscita richiede fare ogni volta la scelta giusta nella sequenza appropriata.
Esercitarsi in problemi dei quali si sa che esiste la soluzione è appassionante, come testimonia il grande successo della enigmistica.
Il guaio è che esistono problemi dei quali non si sa affatto se esista una soluzione. Avventurarsi in questi potrebbe significare perdersi per sempre.