Rischio di essere ripetitivo e petulante con il post che state per leggere ma, non riuscendo a fanre a meno, devo dire che Banana Yoshimoto ha quella marcia in più difficile da eguagliare. Per chi di voi sia capitato di passare dal mio blog, avrà sicuramente notato la passione che nutro per la Yoshimoto. Ultimamente ho letto molti dei suoi romanzi e, senza esagerare, non mi ha mai deluso, anzi, ha continuato a sorprendermi sempre più.Ne "Il lago" racconta di Chihiro, una ragazza che si trova a dover affrontare la perdita della tanto amata madre. Per scappare dai ricordi che il suo paese le evoca continuamente, si trasferice a Tokyo, la metropoli perfetta per perdersi e far perdere le tracce del proprio passato. A correre in suo soccorso, senza nemmeno rendersene conto, c'è il suo dirimpettaio, Nakajima, un ragazzo che abita nel palazzo dall'altra parte della strada. La sua presenza giornaliera a quella finestra infonde nella protagonista una sicurezza che tanto ricercava dopo la perdita subita. Il destino li fa incontrare e li unisce, un legame stretto, fatto di confidenze e di amore l'uno per l'altra. Comprensione, empatia, amorevole compassione per i limiti e le paure che entrambi portano dentro sé. Due personaggi difficili da raccontare, una nuova sfida che questa scrittrice ha concluso in modo meraviglioso senza perdere il suo stile. Entrambi hanno subito la perdita della propria madre, entrambi hanno un passato che vogliono dimenticare ma che allo stesso tempo crea in loro molta malinconia. Un luogo, un lago che tanto era caro al protagonista maschile del romanzo. Quello stesso luogo che custodisce il buio del passato che ha segnato il giovane Nakajima, segnato da un evento traumatico subìto da bambino. Interessante sono i due personaggi che abitano quella casa al lago, costode dei ricordi di Nakajima con la madre. La cosa che mi affascina, ogni volta che termino un libro della Yoshimoto, è la capacità di descrivere i sentimenti in modo così perfetto e reale che riesce a trasmetterli al lettore. Sarà forse per lo stesso motivo che dopo aver letto l'ultima pagina sembra di aver letto un libro di 300 pagine. Intensità e brevità. Pochi battiti del cuore per rapire i suoi lettori e renderli partecipi di una storia, ogni volta, straordinaria.
Rischio di essere ripetitivo e petulante con il post che state per leggere ma, non riuscendo a fanre a meno, devo dire che Banana Yoshimoto ha quella marcia in più difficile da eguagliare. Per chi di voi sia capitato di passare dal mio blog, avrà sicuramente notato la passione che nutro per la Yoshimoto. Ultimamente ho letto molti dei suoi romanzi e, senza esagerare, non mi ha mai deluso, anzi, ha continuato a sorprendermi sempre più.Ne "Il lago" racconta di Chihiro, una ragazza che si trova a dover affrontare la perdita della tanto amata madre. Per scappare dai ricordi che il suo paese le evoca continuamente, si trasferice a Tokyo, la metropoli perfetta per perdersi e far perdere le tracce del proprio passato. A correre in suo soccorso, senza nemmeno rendersene conto, c'è il suo dirimpettaio, Nakajima, un ragazzo che abita nel palazzo dall'altra parte della strada. La sua presenza giornaliera a quella finestra infonde nella protagonista una sicurezza che tanto ricercava dopo la perdita subita. Il destino li fa incontrare e li unisce, un legame stretto, fatto di confidenze e di amore l'uno per l'altra. Comprensione, empatia, amorevole compassione per i limiti e le paure che entrambi portano dentro sé. Due personaggi difficili da raccontare, una nuova sfida che questa scrittrice ha concluso in modo meraviglioso senza perdere il suo stile. Entrambi hanno subito la perdita della propria madre, entrambi hanno un passato che vogliono dimenticare ma che allo stesso tempo crea in loro molta malinconia. Un luogo, un lago che tanto era caro al protagonista maschile del romanzo. Quello stesso luogo che custodisce il buio del passato che ha segnato il giovane Nakajima, segnato da un evento traumatico subìto da bambino. Interessante sono i due personaggi che abitano quella casa al lago, costode dei ricordi di Nakajima con la madre. La cosa che mi affascina, ogni volta che termino un libro della Yoshimoto, è la capacità di descrivere i sentimenti in modo così perfetto e reale che riesce a trasmetterli al lettore. Sarà forse per lo stesso motivo che dopo aver letto l'ultima pagina sembra di aver letto un libro di 300 pagine. Intensità e brevità. Pochi battiti del cuore per rapire i suoi lettori e renderli partecipi di una storia, ogni volta, straordinaria.
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