Pollice: su
Riguardando in TV proprio ieri sera Il Lato Positivo, ora che sul groppone ho quasi tutti i film di David O. Russell, posso affermare con una certa sicurezza che quello del 2012 è stato forse il suo lavoro più riuscito. Non il migliore, semplicemente quello più completo, quello più equilibrato. Certo, si tratta di un parere personale, ma Il Lato Positivo resta per me un esempio di cinema in bilico tra autorialità e commercialità, tra eccesso e sottrazione, tra il gigioneggiare degli attori e una regia controllata.
Che poi Russell parla sempre delle stesse cose, imbastisce sempre situazioni diverse ma ha come unico obiettivo quello di portare avanti la propria poetica: quella sui perdenti. Questo sono i personaggi di Russell, questi sono i personaggi di Il Lato Positivo, al secolo Silver Linings Playbook, tratto dal romanzo omonimo di Matthew Quick e che portò la co-protagonista femminile Jennifer Lawrence ha guadagnarsi il Premio Oscar come Miglio Attrice.
Pat è un perdente. Nel senso che perde tutto quello che ha: perde la moglie, sorpresa con un altro sotto la doccia. Perde il senno, impazzendo e picchiando a sangue il suo rivale in amore. Perde la libertà, perché viene rinchiuso per mesi in una clinica. Perde il rispetto del padre, perde la casa, perde il lavoro. Ma, una volta tornato libero, Pat ha intenzione di riconquistare tutto, a partire dalla moglie. Quindi comincia a pensare positivo. Poi, però, incontra Tiffany, una donna schizzata quanto lui che, dopo la morte del marito, ha sviluppato una dipendenza dal sesso e adesso, per ritrovar se stessa, vuole vincere una gara di ballo.
Vedere questi personaggi falliti, questi uomini (e donne) apparentemente senza un posto nel mondo, vuol dire commuoversi per la condizione umana. Che è quella, quella dei disastri, quella delle perdite. Quella della verità che ti esplode in faccia e ti fa impazzire. La follia di questi personaggi, toccati dal male di vivere, che poi sviluppano un terzo occhio, la capacità di vedere le cose in modo diverso. Lo dice Pat stesso (un Bradley Cooper immenso, che tra l'altro si è anche permesso di migliorare, dal 2012 ad oggi) nel film, quel Pat che in otto mesi di ricovero ha sviluppato una sensibilità nuova, che lo ha trasformato in un uomo nuovo. Certo, un po' toccato, ma che ha accettato di prendere una nuova direzione, di avere uno scopo: quello di riconquistare sua moglie. Per farlo, il segreto è mettere ordine, trovare equilibrio. Ma come fa una persona con disordini mentali ad essere equilibrata? Su questo si basa il film, su questa domanda. Perché chi ha provato la depressione, chi è stato sfiorato dalla follia in maniera diretta o indiretta, chi ha vissuto la prepotenza di un lutto o di una perdita, sa quanto sia difficile ritrovare la strada e quanto coraggio e forza di volontà ci voglia per farlo. Il coraggio che dimostra Pat, convinto che il segreto stia tutto nel cercare il lato positivo nelle cose.
Poi c'è Tiffany (una Lawrence brava e bellissima, ma davvero bellissima), anche lei sconvolta da una perdita, anche lei finita nel turbine di quella follia chiamata sessomania. Una donna spaventata, una donna alla ricerca di amore e speranza e qualcosa, quel qualcosa che non si può trovare in un mondo che si approfitta di te e ti usa per poi buttarti via. Anche Tiffany, per uscirne, si rifugia allora in qualcosa: il ballo. E' una gara di ballo diventa l'occasione di riscatto. Per ottenerlo però le serve l'aiuto di Pat, l'unico nel quale riesce a riflettersi senza impazzire, l'unico che la rifiuta fisicamente per accoglierla empaticamente. E quando questi due perdenti si trovano, quando uniscono le loro forze tra mille difficoltà, tra un padre scommettitore incallito (Robert De Niro, che finalmente si ricorda come si fa a recitare) con cui bisogna (ri)costruire un rapporto mai esistito, una sorella dittatoriale, i farmaci e canzoni che riportano a galla il dolore, una nuova e inaspettata strada si apre davanti a loro. Ed è uniti che questi personaggi proveranno a riconquistare il loro posto nel mondo, ricostruendosi una realtà diversa da quella andata in frantumi. Perché non si può vivere nel passato, nei rimpianti. Diventare un uomo nuovo vuol dire crearsi una vita nuova.
Amo i film che parlano di argomenti come questi. E sebbene Il Lato Positivo sia un film in pieno stile Russell, quindi caratterizzato da quella freddezza emotiva ed espressiva tipica del regista, io l'ho trovato dolce senza essere melenso o zuccheroso, persino in quel finale un po' buttato lì. Una pellicola forse troppo osannata (come il suo stesso regista?) ma sicuramente meritevole di essere ricordata e amata, come tutti quei film che riescono a toccarti dentro.