Il lavatoio pubblico di Borgo San Donnino (oggi Fidenza) smise di funzionare nei primi anni trenta, fu interrato e così rimase sino alla fine dello scorso secolo. La sistemazione urbanistica e la viabilità di questa area mutarono nel corso degli anni e tutti ricordiamo la spazio verde di Piazza Grandi che aveva preso forma lentamente nel dopoguerra disegnata dagli edifici sorti via via a cominciare dal nuovo vescovado.
All'inizio del nuovo millennio si pensò di riportare alla luce i reperti del ponte che introduceva alla città attraverso la Porta di San Donnino. Insieme ai reperti, di epoche diverse, si volle anche riportare alla visibilità di viandanti e cittadini una fetta del vecchio lavatoio chiamato, nell'idioma locale, "èl pussón". Ritornare alla luce ha portato più problemi che benefici al nostro ritrovato lavatoio, finita l'euforia iniziale che aveva trasformato il manufatto in un prosaico allevamento di carpe, fu in seguito oggetto di vari tentativi di miglioramento idraulico senza trovare una soluzione accettabile e il "pozzone" è abbandonato a se stesso. La manutenzione ormai deve fare i conti con la "spending review". L'acqua piovana stagnante accelera la decomposizione di erbe spontanee, foglie e impurità che vi trovano rifugio. Oggi è così, domani forse peggio, sicuramente non meglio.
"èl pussón"" oggi in una foto digitale di Ambrogio Ponzi
Abituato ad essere alimentato da acqua spontanee di cui era ricco il suolo di Borgo San Donnino da queste parti, credo che oggi provi vergogna del suo stato, forse vuole anche esprimere il suo disagio, ma noi non siamo più in grado d'intenderlo. Eppure non siamo degli sprovveduti noi che abbiamo inventato la Via Francigena che, nel suo lungo e tortuoso percorso, sfiora i lavatoio e attraverso una improbabile passerella, ferro e legno duro, si ritrova davanti al Duomo dimenticando quel reperto schiacciato tra il cemento degli architetti e la cloaca massima che altri architetti, forse gli stessi, hanno nascosto sotto la strada a senso unico.