Stamattina li guardavo e riflettevo: ho un amico straniero che è venuto in Italia per fare il pizzaiolo e che intanto si accontenta di essere una sottospecie di schiavo in un’innominabile pizzeria; non vuole cambiare lavoro per timore di perdere quel po’ di denaro che riesce a guadagnare ogni settimana, ma non vuole nemmeno un lavoro che lo allontani dal suo scopo, quello di preparare pizze. Ha studiato robotica nel suo paese.
Ho pensato: “Studiare ci dà la superbia di non accontentarci, di pensare di meritare di più dalla vita”.
È per questo che chi ha il potere tra le mani non vuole che leggiamo, che studiamo, che impariamo a pensare. Diventeremmo troppo pericolosi e sicuri di noi stessi, sfuggiremmo al controllo delle menti e delle idee, finiremmo per essere migliori di loro. E allora che fare? Semplice, ci regalano un’illusione.
Molti di noi laureati in lettere hanno cominciato a studiare col desiderio ardente di diventare un giorno degli insegnanti, hanno fatto mille sacrifici, hanno rinunciato a tante cose in vista del premio finale: la realizzazione di un sogno. Chi di noi avrebbe mai immaginato finire, pur non volendo, in una specie di circolo perverso in cui sembra non esserci via d’uscita. Se oggi vuoi diventare un insegnante le cose funzionano così: studi, ti laurei, ti abiliti, fai un concorso, entri in graduatoria, lavori.
C’è solo un piccolo e tralasciabile dettaglio: la fase “ti abiliti” è praticamente inesistente in Italia dal momento che il Ministero dell’Istruzione non ha alcuna intenzione di indire un nuovo TFA (Tirocinio Formativo Attivo) che rappresenta, attualmente, l’unica via per abilitarsi e che è a tutti gli effetti una fase obbligatoria, badiamo bene non facoltativa, del processo di formazione e reclutamento dei docenti. Cosa si può fare? Non lo so, ma mia madre è solita dire che la speranza è l’ultima a morire. E dunque proviamoci ad essere speranzosi.
Il mio pensiero di oggi è di non arrenderci, di non lasciare che ci occludano la mente: studiamo, leggiamo, impariamo, liberiamoci dalla gabbia che l’Italia è diventata. Solo così la fatica di quei tre operai e del mio amico sarà pienamente ripagata e noi saremo liberi da quel cerchio insano e senza fine che è diventato il mondo del lavoro.