Il Pd è disperatamente impegnato nella ricerca di una maggioranza, il Movimento 5 Stelle di un’identità, i montiani di un futuro, il Pdl dell'impunibilità. E, intanto, gli italiani si devono arrangiare.
L’ultima trovata – per la verità, non tanto nuova – è il proliferare delle partite iva. Ad un’analisi superficiale, potrebbe sembrare che molti, non trovando sbocco come lavoratori dipendenti, si danno al lavoro autonomo o all’imprenditorialità.
Nel 2012, abbiamo assistito, infatti, ad un aumento notevole: circa 549 mila nuove p.iva, il 2,2% in più rispetto all’anno precedente. In questo esercito di “nuovi” professionisti, la parte del leone spetta ai giovani (l'8,1% in più degli under 35, rispetto al 2011), specie del Mezzogiorno (il 37,8% del totale), in particolare donne (10,1% in più).
Gli italiani, quindi, hanno trovato la risposta alla crisi nell’auto-imprenditorialità? Questa ipotesi viene ampiamente scartata dalla CGIA di Mestre che, invece, indica in un’altra – più veritiera – spiegazione: si tratta, per la maggior parte, di false partite iva e lo dimostra il fatto che molte di esse operano per un unico committente, a tempo pieno e per mansioni tipicamente "da dipendente" (impiegato amministrativo, commesso di negozio, ecc.). Commercio all'ingrosso e al dettaglio, uffici professionali ed edilizia, sono i settori più interessati dal fenomeno.
L'azienda può avere così un libero professionista che svolge, a tutti gli effetti, un lavoro da dipendente, con tutti i vantaggi del caso (niente ferie, malattie o maternità da pagare, nessuna tassa su stipendio o contributi Inps); il "libero professionista" può contare su un lavoro, in questi tempi di crisi, ma è costretto ad accollarsi il rischio dell'autonomo (nessun orario, tasse da pagare e contributi da versare che si lavori o no, niente ferie o malattia, nessuna garanzia di rinnovo contrattuale).
Ovviamente, si tratta di una pratica illegale, ma chi la subisce non ha alcun interesse a denunciarla, perchè tra un lavoro ultra-precario e la disoccupazione, la scelta è presto fatta. Dal canto suo, l'azienda può essere biasimata fino ad un certo punto, visto l'enorme carico della pressione fiscale e la latitanza delle istituzioni nella tempesta della crisi. Alla fine, come al solito, ci rimettono i più deboli.
Lo abbiamo ripetuto e ribadito, nel nostro blog: la riforma Fornero, spacciata dall'ex premier Monti come necessaria ed innovatrice, è un fallimento totale (troppe restrizioni facilmente aggirabili, troppa burocrazia, nessun vantaggio per il lavoratore e per il datore di lavoro), soprattutto vista la mancanza di riforme strutturali (non si possono abbassare le tasse, rilanciare la crescita ed investire nell'innovazione, se, allo stesso tempo, non si riducono la corruzione, l'evasione fiscale, i monopoli di fatto ed i cartelli, le inefficienze e gli sprechi della Pubblica Amministrazione e mille altri problemi, colpevolmente ignorati per anni).
Doveva essere la soluzione per il precariato, non ha fatto altro che accrescerlo e renderlo sistemico. E il danno, ormai, è fatto: come sono serviti anni per distruggere i diritti dei lavoratori, serviranno anni per abbattere il precariato e riportare stabilità e certezza nel mondo del lavoro, senza le quali non si esce dalla crisi. Prima si interviene, però, meglio è: il lavoro non aspetta.
Danilo