“Il lavoro, se uno non ce l’ha, se lo inventa”. La scelta di Ela che, laureata in Marketing, ha aperto una sartoria e punta tutto sul digitale

Creato il 03 novembre 2013 da Elisadibattista @laureartigiani


Ha scelto l’Italia per amore, e nel nostro Paese ha anche colto l’occasione per buttarsi nell’artigianato e nella sartoria per la precisione. Ela Siromascenko ha 29 anni, viene dalla Romania e vive alle porte di Milano dalla fine del 2011. Ha studiato all’università di Bucarest: laurea in Marketing, master in Pubblicità e Relazioni Pubbliche e dottorato di ricerca in Scienze della Comunicazione. Ma anche 8 mesi da Visiting PhD Student presso l’Università degli Studi di Milano, Facoltà di Scienze Politiche. Dopo di che, ha lavorato nel mondo della pubblicità e come marketing specialist in alcune grandi aziende del suo Paese d’origine, prima di trasferirsi a Milano. Da un anno il suo lavoro è Elochka, sartoria che esporta soprattutto all’estero, grazie al digitale.

In che modo nasce il tuo brand?
«Elochka nasce il 15 ottobre 2012, con l’apertura del mio negozio online su Etsy, che ad oggi è la mia bottega, in quanto i costi mi impediscono per ora di avere una bottega fisica. Appena tornata a Milano dopo la presentazione della tesi di dottorato ho messo insieme una piccola collezione con i 15 capi che avevo cucito negli ultimi mesi. Ho organizzato un shooting fotografico insieme ad una amica fotografa e un’altra amica modella, e poi ho listato i prodotti nel negozio, senza sapere come sarebbe andata a finire la cosa».

Hai un percorso universitario nutrito, e in più sei approdata a Milano principalmente per amore ma anche per studio. Come mai hai scelto di dedicarti all’artigianato?
«Sin da piccola sono appassionata di moda e come tante bambine avrei passato ore a fare i vestitini alle bambole. Ma siccome nella cultura del mio ambito di provenienza fare la designer significava “essere un artista morto di fame” e fare la sarta significava “essere una serva”, non ho mai avuto il coraggio di andare in queste direzioni con lo studio e il lavoro, e ho scelto di andare più “sul sicuro” con una laurea in marketing e una carriera “corporate”, che avrei continuato volentieri dopo la fine del dottorato. Solo che, arrivata in Italia, trovare un lavoro in linea con i miei studi in un Paese straniero in piena crisi è stata un’impresa a dir poco difficile, e dopo 6 mesi di colloqui non andati a buon fine (mentre vendevo pochissimi vestiti perché la priorità era appunto cercare lavoro), a marzo 2013 ho smesso di mandare curriculum, ho messo a posto il negozio online e nello stesso giorno gli ordini hanno iniziato ad arrivare regolarmente. Dopo 2 mesi di prova in cui ho continuato a vendere, ho concluso che è stato un segno del destino e ho deciso di buttarmi completamente in questa attività».

Dove hai allestito il tuo laboratorio e come lo hai avviato?
«Come spesso si dice in questi giorni in Italia: “Se uno il lavoro non ce l’ha, se lo inventa”, e per me è andata così. Il quartiere generale di Elochka si trova in una delle stanze dell’appartamento dove vivo insieme al mio fidanzato. La casa l’abbiamo cercata apposta in modo da poter allestire una stanza come atelier: ho un tavolo grande per il taglio, tre macchine da cucire tra cui una industriale, il tavolo del computer e della stampante, il manichino, l’asse da stiro e pure 2 faretti per la fotografia e le scatole delle buste per la spedizione. Con un aiuto economico della mia famiglia come investimento iniziale invece, ho aperto la Partita IVA con regime dei minimi, comprato la macchina industriale e altri strumenti mancanti, ed ho acceso i motori a piena velocità».

In termini di investimento, su che cifra ci si aggira?
«Sarebbe difficile per me dire quale è l’investimento richiesto perché io l’ho fatto a piccoli passi comprando la maggior parte delle attrezzature quando cucivo per hobby anni fa, però a grandi linee se si vuole lavorare in casa e senza dipendenti direi che tra tutto (macchine, strumenti, materiali, accessori, commercialista, marchio, un po’ di pubblicità e una prima rata di INPS) ce la si può fare con 5000 euro».

Sei autodidatta o hai seguito corsi?
«Ho iniziato da autodidatta a cucire per hobby nel 2010, con una macchina da cucire che mi aveva prestato mia cugina. Non avendo delle sarte in famiglia e con poco tempo a disposizione per via del lavoro e del dottorato, come fonti per lo studio ho usato tanto la rete (blog e forum di cucito, tutorial su Youtube) ma anche dei libri di cucito e modellistica e riviste di cucito. A settembre ho iniziato anche un corso professionale di sartoria presso AFOL Moda di Milano».

Che tipo di abiti realizzi?
«Realizzo abiti di ispirazione vintage, soprattutto anni ‘50 e ‘60, la maggior parte da cerimonia e nel 95% dei casi sono su misura. Sono affascinata delle silhouette a clessidra, corpini stretti, gonne ampie, dettagli femminili come le stampe floreali, materiali preziosi come lo shantung di seta e i pizzi. I miei abiti vengono usati come abiti per i balli di fine anno, per le “rehearsal dinners” prima dei matrimoni, o come abiti da festa per i compleanni o per le feste a tema, ma ho vestito anche tante damigelle e anche alcune spose non convenzionali».

Come ti promuovi e quanto il digitale ti è utile?
«Al momento l’80% delle mie vendite viene dal negozio su Etsy. Essendo situato su una piattaforma con oltre 20 milioni di utenti e oltre 1 milione di negozi, è fondamentale per essere trovato nel motore di ricerca di Etsy (ma anche su Google) avere un buon SEO, che è un aspetto su cui lavoro continuamente. Su Etsy si può comprare anche la pubblicità (search ads) e a volte faccio pure questo. Un’altra fetta di vendite la ottengo pubblicizzando il mio lavoro su Facebook dove gestisco una pagina. Inoltre, ho aperto anche un blog dove racconto la storia delle mie creazioni, i processi del mio lavoro, e dove raccolgo una galleria con tutti i capi che realizzo. Nel mio mestiere il digitale è non solo utile ma fondamentale e necessario come l’aria. Senza il digitale la mia attività non esisterebbe proprio».

La tua laurea ha aggiunto valore al tuo lavoro?
«Assolutamente. Penso che al giorno d’oggi non basta più solo saper fare delle cose belle e di qualità, bisogna essere capace di farsi vedere e posizionarsi in un mercato che in tanti campi (sia che parliamo della moda, dei gioielli, dei mobili o del gelato artigianale) è già saturo e altamente competitivo e in cui qualsiasi cosa che ti verrebbe in mente di fare è già stata fatta. Qui entrano in gioco il marketing, la pubblicità, il PR, la comunicazione, e da questo punto di vista mi ritengo fortunata di aver avuto esattamente questo percorso di studi. Alla mia laurea devo la conoscenza dei concetti di target, di nicchia di mercato, di posizionamento, di branding, senza quali non ce l’avrei mai fatta a vendere nulla. Invece al dottorato devo “l’allenamento” nel trattare ogni nuovo progetto come una ricerca, dalla raccolta delle fonti di informazione, alla elaborazione dell’idea fino alla valutazione dei risultati».

Oggi Elochka ti consente di vivere e quali sono le principali difficoltà?
«Sì, è il mio lavoro principale, anzi l’unico. Mi consente di viverci decentemente, senza eccessi e con una serie di sacrifici che però ritengo normali per chiunque si trova all’inizio di un’attività. Le maggiori difficoltà sono ancora quelle economiche: mi sto ancora educando per passare dalla mentalità dell’impiegato a cui arriva la busta paga fissa ogni fine mese, a quella dell’imprenditore la cui relazione con i soldi è piena di imprevisti . Altre difficoltà vengono dal fatto che nella mia ditta devo ricoprire tutti i ruoli: sono designer, sarta, amministratore delegato, servizio clienti, segretaria, fotografa, marketing manager (e presto anche modella). Da qui la tendenza a non staccare mai».

Progetti futuri?
«Il mio obiettivo per i prossimi anni è di avere un atelier fuori casa, con 2 sarte che mi aiutino con la produzione degli abiti, che saranno comunque sempre fatti a mano, siccome Elochka è handmade e lo sarà sempre. In questo modo potrò dedicare più tempo al design e alla espansione dell’attività, ma non ho la minima intenzione di smettere di cucire, anzi man mano che imparo nuove cose mi appassiona sempre di più e una giornata in cui non cucio per me è una giornata sprecata. Dall’altra parte, spero di arrivare a vendere di più anche in Italia: per adesso vendo il 90% all’estero, soprattutto negli Stati Uniti, Inghilterra, Australia, Canada e Romania, e di poter aprire, un giorno, una piccola boutique qua a Milano. Ma questi già sono sogni, solo il tempo ci potrà dire come sarà».


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