Il lettore ti conosce, trattalo bene

Da Marcofre

Nel romanzo “Cose Preziose” di Stephen King, a un certo punto si legge:

“Nettie se ne andò. Fu l’ultima volta che Polly la vide viva.”

Quale debba essere la “strategia” da adottare quando è necessario un colpo di scena, o “alzare la temperatura” della storia (perché è giunto il momento di passare a un livello superiore), ho già parlato in passato, mi pare.

Parecchio dipende da quello che scriviamo, dal personaggio: ricordiamo sempre che chi scrive non è mai sovrano assoluto. Deve tenere conto di un bell’insieme di fattori quali per esempio… le inclinazioni del personaggio. Il suo carattere, il suo modo di vedere le cose, di pensare. Per questo prima di scrivere una storia, è indispensabile: “Pensarci su”. Conoscere insomma il personaggio, starci assieme, parlarci, comprendere qual è la sua visione del mondo, il suo rapporto con gli altri (sconosciuti, o persone di famiglia, se ha una famiglia).

Sul fatto di “parlarci”: sì, intendo proprio parlarci. Ma se scrivi con qualche ambizione, saprai anche che NON sei una persona normale. I personaggi te li porti a letto, ti seguono sotto la doccia; una specie di persecuzione insomma.

Detto questo, sembra che il buon King in questa maniera contravvenga a una delle regole “non scritte” della narrativa.

Si dice che è meglio nascondere certi sviluppi altrimenti il lettore arriva troppo preparato, e l’effetto sorpresa va a farsi benedire. Buona parte del cinema non usa questi espedienti? All’improvviso qualcosa accade, l’imprevisto entra in scena come un treno in corsa, e noi ne siamo compiaciuti.

Ecco un altro errore: paragonare due forme d’arte diverse, come se dovessero procedere a braccetto. Non è così che funziona, anzi. Occorre porsi una domanda, e questa più o meno dovrebbe essere:

“Posso prendere per il naso il lettore?”

La risposta deve essere sempre no, e finché non ne sei convinto è meglio non procedere oltre.

Di solito la risposta è un “Ni”, perché resiste l’idea che la scrittura sia facile perché “tutto è consentito”. Non è affatto così, o meglio: puoi raffigurare un mondo dove ci sono elfi, hobbit e il Monte Fato. Ma questo non ti esonera da un insieme di leggi e doveri che hai prima di tutto nei confronti della storia che racconti, e poi verso il lettore.

Parlo di coerenza, efficacia, qualità della scrittura, tanto per iniziare.

Attenzione: non affermo che non si debba rischiare. Chi scribacchia lo deve fare. Parlo di altro; non puoi trattare il lettore come uno sconosciuto idiota di cui l’autore può disporre a proprio piacimento.
Anche per un motivo evidente: lui ti conosce. Sa il tuo nome e cognome e se trattato male, puoi star certo che te la farà pagare.


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