Figlia unica, dal carattere chiuso e solitario a tratti apertamente asociale e pertanto condannata (a sentire le maestre delle elementari) ad una vita solitaria, ho sempre avuto il pallino della Storia. Mi piace. Mi è sempre piaciuta. Mi è sempre piaciuto sapere il perchè e il percome delle cose, la cause e l’effetto e anche se sono sempre stata un fiasco con le date e i nomi delle battaglie, mi sarebbe piaciuto avere una macchina del tempo per saltare qua e là tra le epoche e passare un po’ di tempo, chessò, nella Roma Repubblicana tra Cicerone e Cesare e Ottaviano, nella Francia di Eleonora d’Aquitania a godermi il fior fiore della letteratura provenzale, nella Firenze di Dante e nella Mantova di Isabella d’Este. Non avendo la DeLorean di Ritorno al Futuro mi accontento del museo. Che a pensarci bene è la cosa più vicina ad una macchina del tempo. Basta avere un po’ di fantasia.
Oggi per esempio ho trascorso la giornata nell’Inghilterra della Regina Vittoria, quella dell’Estetismo, di Oscar Wilde e Aubrey Beardsley. Quella di William Morris e delle Arts and Crafts, dell’Orientalismo e dei Preraffaelliti. Mi aggiro tra le bacheche sfavillanti di gioielli e argenti Liberty, coloratissime ceramiche William de Morgan, delicati bicchieri di Philip Webb, abiti di velluto, mobili laccati in stile giapponese e mi sembra di essere uno dei personaggi del libro di A.S. Byatt che ho finito da poco di leggere e che tra le altre cose ha come protagonista anche questo museo.
Un periodo eccezionale quello, nel bene e nel male. Ora più che mai mi chiedo chissà cosa rimarrà di questa nostra epoca. Ai posteri l’ardua sentenza…
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