Camelliti ha composto un poemetto, articolato secondo le linee di un chiaro progetto, un progetto che si avvale anche di un singolare appoggio esterno cromatico, indicato nelle tre parti riferite ai pittori, alla pittura. Un poemetto che è anche il racconto di una vicenda, di un precipizio che innesca altri precipizi, vissuti o potenziali, reali o mentali, in un complesso intreccio di intenso smarrimento e di dolore dalle sfaccettature varie. Eppure, quello che più colpisce nel poemetto di Camelliti, è la fermezza della mano, la verità che vuole porgerci senza nessuna sottolineatura retorica, senza il minimo accenno di infingimento. Il suo procedere è infatti aspro e risentito, ma la sua voce si esprime senza eccessi, senza impennate, rifuggendo dall’enfasi in ogni dettaglio. Un procedere opportunamente prosastico, fitto di dolore e verità, appunto, che non si vogliono esibire, ma che si devono necessariamente esprimere, perché il cuore in cui risiedono ne trabocca. Il dolore e gli affetti più cari dominano il tracciato di questi precipizi. […] si muove sempre confortato da un pensiero diffuso d’amore, e in quel suo andare, pur sempre “a passi storti” nella libera composizione dei suoi versi, prosegue sostenuto da una viva forza morale, quella che gli consente di osservare con sguardo fermo la consistenza disgregata delle cose, nella convinzione che la ricerca di un senso sia pur sempre possibile, o che sia semplicemente necessaria. (dalla prefazione di Maurizio Cucchi)
Dalla sezione GRIGIO PICASSO
A mezzo tronco, incrociata a un ramo, // una ghirlandetta quasi secca. // Sulla corteccia del tronco erano incisi due nomi.// – Guarda, la nostra corona c’è sempre – // nel profilo deformato del corpo astragalico// lo vedi lo vedi, si disloca verso il basso, nella tumefazione // nel seno del tarso.// Una elegante tricromia minuziosa // i miei sandali ai piedi, // pesci miracolosi della dea, che muoiono // di un morbo ignoto.// Il più gigliato balbettamento d’amore // si è rotto il giorno dell’Angelo // tralci penduli sul precipizio a cogliere l’ombra.// La più bella architettura gettata // a passaggio di fiume // e l’angelo custode, lo vedo lo vedo, // distratto dalla primavera.
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