L'originalità di Jung è nel Libro Rosso, quell'abietta alienazione e derisione, quel masochistico auto-torturarsi per volere degli dèi e per una necessaria santificazione della sua intima sofferenza individuale, tribolazione necessaria al fine di sganciarsi dal vincolo dei rapporti umani e dal terrifico giogo degli dei. Il Libro Rosso è un bagno redentivo di quell'orgoglio, di quell'inconscia megalomania che Jung provava sui simili e di un deficit di autostima che faceva si che egli prendesse le fattezze di un clown o di un matto delirante. Anche questo è il Libro Rosso, l'intima prefigurazione di un processo di individuazione che nell'incalzare delle sue pagine miniate fornì a Jung, il riappropriamento del suo Sé, e l'assoluzione degli dèi. Concetto questo che sarà la dinamica dell'espiazione junghiana, e della patologia vista come un ritorcersi dei demoni e dei morti che richiedono il corpo come casa ed oltretomba. Se l'io sarà patologicamente sopraffatto i dèi avranno vinto ma senza aver avuto accesso allo spirito mediatore, che Jung soleva individuare nell'oscuro Figlio della Terra, ciò che diverrà nelle sue ultime teorizzazioni il tertium trascendente gli opposti. Germogliando il dio che ha di quel da venire, Jung prese contatto con autentiche istanze autoctone e sovrumane, l'Abraxas degli gnostici, la Salomè dei Vangeli nonché i profetici Elia e Philemone rappresentanti delle sopra-funzioni addette al Logos superiore. In questo gioco di trame simboliche e mitologiche, istanze soprannaturali, Jung stava delineando la dinamica delle funzioni psichiche, dei tipi, degli archetipi funzionali, del concetto di supercoscienza ed eros, della santificazione della propria pazzia e del ruolo della società nel doppio schema io/Altro nonché del modello di Cristo come identificazione con il mysterium oltre la porta, "da cui passa l'intero plotone degli dèi" (in Prove LN). Il Libro Rosso è un portale dove influssi di una coscienza si aggrovigliavano in tribolazioni ed insicurezze, incertezze sul futuro e sul destino, daimon di un genio dell'individualità creativa che nelle sue istanze filosofiche portò penetranti bagliori di quell'universo-Altro misterioso che anziché fantasie e deliri, animavano una coscienza in perenne lotta con il dogma cristiano, arricchendola di revivescenze pagane e primordiali, spiriti soccorrevoli, i soli che portino redenzione nell'intimo segreto di un anima schiusa nel simbolico mistero di quel che ha da venire. Anche per quest'incarnarsi in autentiche figure sottostanti ad un retroterra mitologico, il Liber Novus si rivela un segreto portale che ci parla sì di ultraterreno ma che poi si redime nell'umano, porgendo servizio al Sé e trattando con gli dèi al fine di trovare un punto di possibile sintesi tra le due realtà. Se non altro fu proprio questa la frontiera che Jung aprì alla sua terapia nella sperimentazione ed auto-sperimentazione dell’inconscio. Di Diego Pignatelli Spinazzola Fonte: www.riflessioni.it
L'originalità di Jung è nel Libro Rosso, quell'abietta alienazione e derisione, quel masochistico auto-torturarsi per volere degli dèi e per una necessaria santificazione della sua intima sofferenza individuale, tribolazione necessaria al fine di sganciarsi dal vincolo dei rapporti umani e dal terrifico giogo degli dei. Il Libro Rosso è un bagno redentivo di quell'orgoglio, di quell'inconscia megalomania che Jung provava sui simili e di un deficit di autostima che faceva si che egli prendesse le fattezze di un clown o di un matto delirante. Anche questo è il Libro Rosso, l'intima prefigurazione di un processo di individuazione che nell'incalzare delle sue pagine miniate fornì a Jung, il riappropriamento del suo Sé, e l'assoluzione degli dèi. Concetto questo che sarà la dinamica dell'espiazione junghiana, e della patologia vista come un ritorcersi dei demoni e dei morti che richiedono il corpo come casa ed oltretomba. Se l'io sarà patologicamente sopraffatto i dèi avranno vinto ma senza aver avuto accesso allo spirito mediatore, che Jung soleva individuare nell'oscuro Figlio della Terra, ciò che diverrà nelle sue ultime teorizzazioni il tertium trascendente gli opposti. Germogliando il dio che ha di quel da venire, Jung prese contatto con autentiche istanze autoctone e sovrumane, l'Abraxas degli gnostici, la Salomè dei Vangeli nonché i profetici Elia e Philemone rappresentanti delle sopra-funzioni addette al Logos superiore. In questo gioco di trame simboliche e mitologiche, istanze soprannaturali, Jung stava delineando la dinamica delle funzioni psichiche, dei tipi, degli archetipi funzionali, del concetto di supercoscienza ed eros, della santificazione della propria pazzia e del ruolo della società nel doppio schema io/Altro nonché del modello di Cristo come identificazione con il mysterium oltre la porta, "da cui passa l'intero plotone degli dèi" (in Prove LN). Il Libro Rosso è un portale dove influssi di una coscienza si aggrovigliavano in tribolazioni ed insicurezze, incertezze sul futuro e sul destino, daimon di un genio dell'individualità creativa che nelle sue istanze filosofiche portò penetranti bagliori di quell'universo-Altro misterioso che anziché fantasie e deliri, animavano una coscienza in perenne lotta con il dogma cristiano, arricchendola di revivescenze pagane e primordiali, spiriti soccorrevoli, i soli che portino redenzione nell'intimo segreto di un anima schiusa nel simbolico mistero di quel che ha da venire. Anche per quest'incarnarsi in autentiche figure sottostanti ad un retroterra mitologico, il Liber Novus si rivela un segreto portale che ci parla sì di ultraterreno ma che poi si redime nell'umano, porgendo servizio al Sé e trattando con gli dèi al fine di trovare un punto di possibile sintesi tra le due realtà. Se non altro fu proprio questa la frontiera che Jung aprì alla sua terapia nella sperimentazione ed auto-sperimentazione dell’inconscio. Di Diego Pignatelli Spinazzola Fonte: www.riflessioni.it
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