Tutti conosciamo il livello di civiltà raggiunto dall'Impero romano, isola felice in un mondo selvaggio, difficile, scomodo. Roma era il faro, la luce abbagliante, in un'oscurità altrimenti incombente su campagne, foreste, città. I romani avevano l'acqua corrente e le case riscaldate, teatri, anfiteatri, e le terme, luogo di incontro e di benessere per tutti. Le città erano tante, ordinate, squadrate, pulite, con impianti fognari funzionali, strade sempre ben tenute, un servizio postale efficiente. Su tutto vigilava un potere che, attraverso la certosina, capillare, efficiente burocrazia, riusciva ad amministrare terre immense e milioni di abitanti assicurando giustizia, ordine e soddisfazione dei bisogni, dai più elementari a quelli più ricercati.
Un mondo, dunque, assai appetibile per chi viveva oltre il "limes", invidiato e bramato, ma i "barbari", quando cercarono di entrarvi, prima in punta di piedi, poi con ricorrenti, violente, migrazioni di massa, finirono per decretarne la fine.
Nel caos che albergò nei bui secoli seguenti si infilarono in tanti portando distruzione, morte ed un progressivo sfacelo non solo della società, ma anche delle più elementari basi della umana convivenza. Tra i tanti invasori che arrivarono in Italia, nel nord, con alcune enclavi in Campania e Puglia, troviamo i Longobardi, una feroce popolazione proveniente dalle grandi pianure dell'est. Per quasi due secoli il mondo longobardo si scontrò con le ultime vestigia del morente mondo romano, riuscendo, dopo gli iniziali sanguinosi scontri che avevano portato alla cancellazione della nobiltà terriera autoctona, a trovare un equilibrio favorendo la fusione tra i due popoli, grazie anche ai frequenti matrimoni misti, e regalando a quelle terre martoriate una piccola, ma significativa ripresa economica e sociale, fino all'arrivo di Carlo Magno.
In questo contesto storico-sociale si inseriscono le vicende narrate, con linguaggio scorrevole, stile asciutto ed essenziale, dovizia di particolari e largo uso del discorso diretto, da Andrea Ravel, lo pseudonimo sotto cui si nascondono un padre ed un figlio, da sempre affascinati dal Medioevo, nel loro romanzo d'esordio Il Longobardo. Terra di conquista (Edizioni Esordienti E-book, 2014).
Siamo nell'Anno Domini 773, Carlo Magno, urtato dalle mire espansionistiche di Dauferio, valica le Alpi e, alla testa di un imponente esercito, in poche settimane riesce a cancellare per sempre il regno longobardo dalle carte geografiche. Teatro di questa avventura sono la città di Torino, allora sede di un importante ducato, i contrafforti delle Alpi e le paludi e i boschi che all'epoca occupavano gran parte della valle del Po.
Dopo duecento anni di relativa pace l'Italia torna dunque a trasformarsi in un campo di battaglia dove ognuno deve scegliere da che parte schierarsi. Un dilemma che angoscia anche Claudio, giovanissimo discendente dell'antica e potente famiglia, di rango senatoriale, dei Ravello. La sua decisione è resa ancora più difficile dall'improvvisa morte del padre e dalla cospirazione, ordita dai suoi nemici, per ucciderlo e impadronirsi di tutti i beni della famiglia.
Mentre il rombo della cavalleria franca risuona nella pianura devastata dalla guerra, Claudio, aiutato dal fedele amico Mistico e da un pugno di coraggiosi, ingaggerà una disperata lotta contro avversari astuti e spietati, compiendo il percorso di maturazione che lo trasformerà da timido "secondogenito" in un uomo.
Il Longobardo. Terra di conquista è un romanzo dal taglio cinematografico, ricco di dialoghi e descrizioni d'ambiente, nel quale la storia collettiva viene filtrata attraverso gli occhi del protagonista, che la racconta in prima persona, ormai vecchio ed influente a Costantinopoli. La caratterizzazione psicologica dei personaggi è accurata e a tutto tondo, esaltandone le virtù, ma non sottacendone i difetti; non mancano momenti forti (nei truci scontri individuali descritti con minuzia didascalica) né passaggi comici (gli scontri dialettici tra Mistico e Liburnio).
Su tutti comunque emergono le figure di Claudio, longobardo per parte di madre e romanico per parte di padre, costretto a crescere in fretta, oppresso da responsabilità più grandi di lui; di Mistico, un ex schiavo sassone, amico e mentore di Claudio; di Liburnio, un goto incontrato in circostanze, per lui, drammatiche, che Claudio prende al proprio servizio; di Ruginaldo, il cattivo di turno, un nobile, figlio bastardo del Duca Ansperto, che vorrebbe impadronirsi delle ricchezze della famiglia di Claudio approfittando della guerra e della morte del padre del ragazzo; e di Laura, una giovane novizia romanica di cui Claudio si innamora, ricambiato.
Ne scaturisce l'affresco, straordinariamente accurato, di un'epoca violenta e remota in cui la cultura di Roma, nonostante l'imporsi della barbarie, ha continuato a sopravvivere sotto la cenere, oltre che nell'orgoglio degli ultimi "romanici" (Claudio ne è l'esempio lampante), anche nella forza unificante della lingua latina e della religione cristiana.
Aspettando il prosieguo della storia consiglio agli amanti del genere di fare uno sforzo di immaginazione risvegliandosi nella... Langobardia!