...Mi sembra anzi, come ho già scritto, che ci sia fin troppa luce sul benedetto corpo degli scrittori. Mi sembra che lo spettacolo esiga da chi scrive bell’aspetto, magari un abbigliamento in tono con i contenuti (così il giallista avrà l’impermeabile, chi scrive noir lo sguardo cattivo, le gotiche i guantini a rete, gli horroristi il giusto effetto di luce per fare paura). Esiga, appunto, corpi e non testi...Infine... proprio l'altro giorno mi sono imbattuto in una pila di Naked Heat e ho ripensato alla figura dello scrittore proposta dal telefilm che è strettamente legato a Richard Castle, al suo lavoro (scrittore), al genere letterario che persegue (poliziesco).
Dunque, eccomi qui a parlare del rapporto tra libro, scrittore e... i media. E' innegabile che nel ventunesimo secolo non si possa ignorare l'immagine. Tutto ruota attorno all'immagine. Prima di essere bisogna apparire. E' un messaggio spregiudicato ma vero, tanto che l'abito ha cominciato a fare il monaco (n.d.r. ahimè), forse non per tutti, ma per molti di sicuro. Eccoci quindi a parlare di noi come narratori. E' ovvio che nessuno ci obbliga a recitare una parte, ma quali sono le conseguenze se, per l'appunto, non ci mostriamo così come i nostri lettori ci immaginano?
Partiamo dal presupposto che al giorno d'oggi mondo scorre velocissimo. Le persone sono sovraccaricate di informazioni, il livello di attenzione è ridotto ai minimi termini (n.d.r. circa dieci minuti e poi puff!), tutto ruota attorno a immagini e suoni. La parola scritta fatica notevolmente a tenere il passo. Non è un caso che si leggano sempre meno libri nel nostro paese. Ci siamo disabituati al flusso lento e costante dell'informazione scritta. Con questo presupposto, se dobbiamo presentare un romanzo, come possiamo trasmettere il massimo delle informazioni nel minore tempo possibile? I reading non funzionano. La gente ascolta distrattamente, aggiorna il suo profilo su facebook, lancia un tweet, manda un sms... lo sguardo cade ogni tanto sulla lettrice, sul volto dell'autore, sulla copertina. Le presentazioni più canoniche, in stile intervista, raccolgono sempre meno interessati. A volte ci si ritrova in sparuti gruppi di quattro o cinque persone e... da presentazione tutto si trasforma in una chiacchierata intima tra amici. E il messaggio passa? Ne siamo sicuri? Ecco quindi che bisogna colpire là dove ognuno di noi è abituato a raccogliere informazioni anche quando si è distratti. Il campo visivo, l'immagine. La confezione... deve raccontare il prodotto.
La confezione, in un libro, è limitata nella sola copertina. Per cui c'è bisogno di ampliare il raggio d'azione e proporre qualcosa che trasmetta certezze. Se devo presentare un giallo, perché non apparire in pubblico vestito come un detective anni cinquanta, con tanto di impermeabile, barba incolta, sguardo disilluso e quant'altro? Il lettore curioso potrebbe essere colpito, pensare che lo scrittore sia il personaggio, credere che, visto come veste lo scrittore, il contenuto del libro possa rivelare chissà quale verità. Quale credibilità potrebbe avere un dark che presenta una storia per bambini?
Se ci mostriamo immersi nel mondo che vogliamo raccontare, forse il lettore ci potrebbe dare maggior credito. Senza considerare che apparire in modo da lasciare il segno aiuta a imprimere nella coscienza del lettore una sorta di legame tra il genere, l'autore, il libro. Insomma... quando il lettore prende in mano un nostro libro, subito si ricorda di come ci siamo mostrati ai suoi occhi, e probabilmente ciò lo spinge a considerare con maggiore serietà la possibilità di acquistare il libro.
Funziona? Probabilmente sì.
E' giusto? Probabilmente no.
Non è giusto per lo scrittore che scrive gialli con un'indole completamente diversa da quella dei suoi personaggi. Ci può essere lo scrittore di storie gotiche che ama il look dark, ma ci può essere anche lo scrittore di storie gotiche che ama vestire con camicie hawaiane. Sentirsi... spinti (n.d.r. obbligati) a recitare un ruolo di fronte al lettore è una forzatura; e allo stesso tempo il rapporto tra autore e lettore viene a costituirsi partendo da una bugia non indifferente. Certo è vero che per saper scrivere bene bisogna anche saper mentire (la fiction è sempre e comunque finzione), ma in questo caso si mente su noi stessi, e non su eventi che vengono raccontati solo per intrattenere.
Voi cosa ne pensate? Cosa siete disposti a fare per promuovere i vostri libri? Cambiereste look? Vi presentereste in modo differente da ciò che siete veramente? Vi sapreste piegare alle regole del mercato?
About Me / Sito / Blog Personale / Facebook / Anobii / Twitter / Foto / Video / Lulu