La facilità con la quale si possono presentare risultati graditi al committente senza abdicare in apparenza alla “scientificità”, il contatto ravvicinato tra politica e mercato dei sondaggi commerciali che sono il core business di queste società, unito alla quantità di denaro che gira dovrebbero essere elementi tali da consigliare molta prudenza nel prendere per buoni o magari per assoluti i responsi che vengono da questi strumenti. Se poi si aggiunge anche il peso di un’etica ballerina nelle dirigenze nasce davvero il sospetto che i sondaggi -quelli ovviamente pubblici – siano uno strumento per influenzare l’opinione pubblica piuttosto che analizzarla. Del resto se già da molto tempo i media main stream, più che informare, si sono trasformati in strumenti di controllo dell’informazione da parte di questo o di quel gruppo di pressione o di potere, facendo scomparire la figura dell’editore puro non si vede perché questo non possa accadere anche per sondaggi e sondaggisti.
Mannheimer in un certo senso è quasi un caso di scuola provenendo più che dalla scienza statistica dalla politica che lo ha lanciato nel mondo accademico e poi degli affari, tanto da essere stato per qualche tempo il sondaggista dell’Ulivo. Poi il “tradimento” quando i suoi rilevamenti di opinione cominciarono a scivolare verso il Cavaliere che di certo era a capo di un conglomerato di potere più lucroso. Lo stesso slogan dell’Ispo è sociologia + marketing (qui la brochure di presentazione) che la dice lunga a volerlo interpretare.
Così probabilmente i sondaggi che vengono diffusi sono degni di fede come i bilanci delle società di sondaggio.