Il maestro di go

Creato il 20 agosto 2012 da Libereditor

… Si può dunque ben dire che nella sua ultima partita a go il maestro fosse perseguitato dalla razionalità dei tempi moderni che aveva ridotto il gioco a un insieme di regole cavillose; era ormai andato perso il senso del go come arte, la sua estetica, e il rispetto per gli anziani era stato negato, così come la reciproca stima dei giocatori per le loro qualità umane. La via del go non aveva più nulla della virtù e della bellezza dell’Oriente, soffocate dalla freddezza di conteggi e regole. Anche l’avanzamento nella scala dei dan che governava la carriera dei giocatori ormai non era che un computo di alta precisione, e in primo piano era assurto lo spirito di competizione, un agonismo il cui unico scopo era la vittoria, talmente esasperato da togliere ogni spazio alla riflessione sull’arte, alla sua fragranza. Non importava che il maestro fosse una personalità eccezionale: la modernità esigeva che si combattesse in condizioni di assoluta parità e Otake non era certo l’unico responsabile di una tale situazione. Il go si era trasformato in evento sportivo, in puro agonismo, e tutto il resto era soltanto una conseguenza.

Il Go è tra i grandi giochi della tradizione in ambito orientale. Ha una storia di quattromila anni alle spalle, può essere considerato simile al backgammon o alle varie forme di scacchi che si giocano sia in occidente che in oriente.
E’ nato in Cina, si è diffuso in Giappone ed è diventato popolare tra la nobiltà e i letterati come gioco di strategia e raffinata metafora dell’equilibrio delle forze naturali. L’influsso giapponese è tuttora molto forte e si riflette nelle parole del gioco che sono usate per designare particolari mosse o momenti della partita, una sorta di lingua franca che aiuta i giocatori di Go a capirsi fra loro.

Il maestro Shūsai, ventunesimo discendente della famiglia degli Hon’inbo, muore la mattina del 18 gennaio 1938 in un albergo di Atami dopo una partita di Go durata sei mesi. Le sue condizioni si aggravano all’improvviso e la sua morte diventa un evento straordinario e incomparabile.
Kawabata Yasunari segue l’avvenimento per il quotidiano «Tokyo Nichinichi» pubblicandone la cronaca a puntate. Poi scrive questo libro che esce per la prima volta nel 1942.
Qui ripercorre la partita passo passo, momento per momento, in tutta la sua leggendaria drammaticità e ci fa capire, pagina dopo pagina, come non c’è modo di sfuggire al cambiamento, alla vecchiaia e la morte.
Insomma, Il maestro di go può essere letto a vari livelli, ma in qualunque modo lo si legga è bello leggerlo come un intenso e commovente confronto tra vecchi e giovani, tra amore e potere, fra tradizione e modernità, tra arte e scienza, tra passato e futuro, fra vita e morte.


Kawabata Yasunari

Il maestro di go
(traduzione di Cristiana Ceci)
Einaudi
2012


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