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Tognazzi Ugo alias Artusi Andrea, commendatore bresciano che ha fatto fortuna con il cappelificio. Aria da boom economico, scalata sociale, soldi e rispettabilità. Ma non solo. Ossessione, gelosia, adulterio nella società bene del Nord Italia industrializzato.
Comincia con la macchina da presa che tallona il protagonista, questo "Il Magnifico Cornuto" di Pietrangeli, con Brescia a fare da sfondo; lo segue, lo pedina, non lo lascia nemmeno quando monta in auto, anzi, la cinepresa gli é proprio alle spalle, ossessiva come sarà ossessiva la gelosia di Artusi per la moglie Maria Grazia (Claudia Cardinale). Gelosia motivata dal fatto di essere lui stesso un adultero. Il buon Artusi infatti si intrattiene con la splendida Michèle Girardon, a sua volta sposata, e comincia a nutrire seri dubbi sulla fedeltà della consorte. Impensabile che alla bella Maria Grazia possa solo venire in mente di cercare sollazzo in un altro uomo. Impossibile.
Tognazzi/Artusi si angoscia, fa pedinare la moglie, non si fida di nessuno, amici compresi, e, soprattutto ha delle visioni in cui la moglie si mostra seminuda, puttaneggiante con diversi uomini, bellissima, arrapante fedifraga a disposizione di tutto il ceto medio-alto di Brescia. In questo senso, Pietrangeli offre al pubblico delle sequenze oniriche di grande riuscita, con particolare riferimento allo strip della Cardinale sul letto in mezzo a tutti i partecipanti maschili della festa tenutasi in casa Artusi e la bellissima sequenza ambientata al salone di bellezza, dove la cinepresa segue l'attrice nel suo cammino in ascensore, sempre contornata da maschi occhieggianti, fino alla stanza dell'assessore Gian Maria Volontè, tra i papabili cornificatori temuti da Tognazzi. Dall'amaro realismo del precedentemente affrontato "Adua e le Compagne" (1960) lo stile di Pietrangeli é riconoscibile anche nella commedia all'italiana basata sulla pochade "Le Cocu Magnifique" (1921) di Fernand Crommelynk, con Tognazzi, ovviamente, in grande spolvero, in un ruolo fumoso e "antipatico" comunque a lui particolarmente congeniale. Implacabile, Pietrangeli, nel tratteggiare con sarcasmo il borghesuccio vigliacco di Tognazzi e, specialmente la figure femminili, fredde e manipolatrici, utilizzanti l'immagine della "moglie" come assoluto paravento sociale, al quale si adeguerà pure la giovane Maria Grazia, delusa, basita dal comportamento irrazionale del marito, un tempo "impeccabile", che confesserà un tradimento inesistente per poi dedicarsi fattivamente all'adulterio. Bellissimo e cattivo il finale, con la "divisione" irreparabile tra cornuti, seduti al tavolo a parlare del nuovo passatempo domenicale, e le mogli che ballano disinvolte mentre si mettono d'accordo con i giovani, potenziali amanti.
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Co-produzione francese di Alfredo Sansone. Musiche del Maestro Armando Trovajoli. La canzone sui titoli di testa è "La Notte che son partito" di Jimmy Fontana.
Belushi