Non conoscevo Irène Nèmirowsky. La lettura del suo libro è nata da una semplice coincidenza. Una mia amica l'aveva appena comprato, io ho letto la quarta di copertina e ho trovato intrigante la storia, cosicché - seduta stante - mi è stato prestato.
Per questo motivo non sapevo assolutamente cosa aspettarmi e, dopo la prima decina di pagine e una iniziale sensazione di spaesamento per il tipo di scrittura e il contesto storico-geografico, mi sono andata a leggere la nota di Philipponnat che mi ha permesso di inquadrare meglio la scrittrice e l'opera.
Mi ha dunque colpito scoprire che Il malinteso (Le malentendu) è il suo primo romanzo, scritto a soli 23 anni e non privo di richiami autobiografici, in particolare per quello che riguarda il suo complesso e controverso rapporto con la società alto-borghese francese.
Il romanzo racconta la storia d'amore tra Denise, giovane altolocata, sposata a un ricco parigino da cui ha avuto una figlia, e Yves, che ha perso le ricchezze di famiglia e, dopo il servizio militare prestato durante la guerra, è tornato a Parigi ad un umile lavoro impiegatizio. I due si conoscono e si innamorano durante le vacanze sulla spiaggia di Hendaye in Spagna, ignari delle storie e dei mondi che ognuno di loro ha alle spalle e che si riveleranno al loro ritorno a Parigi, minando e infine distruggendo la relazione.
Di questo romanzo ho trovato sorprendente la capacità di cogliere e descrivere sentimenti e atteggiamenti psicologici universali, pur rimanendo all'interno di un quadro storicamente determinato.
C'è infatti un livello di lettura storico-sociale, all'interno del quale l'allontanamento tra Denise e Yves sembra - e forse è - dovuto alla diversa condizione di vita dei due, alla ricchezza e spensieratezza della prima in contrapposizione all'orgoglio e alle difficoltà economiche del secondo. Non già una vera contrapposizione tra classi sociali, bensì tra ricchi un po' superficiali e inconsapevoli ed ex-ricchi che non si rassegnano a doversi guadagnare la vita col lavoro quotidiano e a dover adottare uno stile di vita più morigerato.
Questo livello di lettura è certamente quello che ci appare più datato, ma non per questo meno interessante nel tratteggiarci un'epoca di transizione e un'intera generazione.
Dall'altro lato, c'è invece un livello di lettura psicologico, che contrappone la concezione dell'amore di Denise a quella di Ives. La prima intrisa del mito dell'amore assoluto, del pensiero dell'amato che occupa tutti gli istanti, del bisogno delle parole e delle continue conferme, del vortice confuso dei sentimenti e dell'inevitabile mix di odio-amore, della complementarità a tutti i costi; l'altro alla ricerca della serenità dei sentimenti, della continuità, dello scambio silenzioso, dell'equilibrio tra spazio del sé e spazio della coppia.
Entrambi di fatto incompiuti. La prima troppo melodrammatica e sopra le righe, il secondo troppo spento e riservato.
Così, quello che entrambi riconoscono come "amore" finirà per smontarsi, pezzo per pezzo, irrimediabilmente, lasciando amarezza e disillusione, nonché il rimpianto di ciò che non si è stati in grado di afferrare e preservare.
Questo piano di lettura è senza tempo e resta oggi, senza soluzione di continuità rispetto al passato, oggetto di lancinanti dubbi e innumerevoli riflessioni: è realmente possibile l'incontro tra due anime, la conoscenza reciproca, la felicità riconosciuta? È possibile un equilibrio tra l'amore senza sosta di Denise e quello parentetico di Yves? È possibile compenetrarsi senza annullarsi, trovare serenità senza cadere nella banalità?
In definitiva, non v'è dubbio sul fatto che la Némirowsky, pur utilizzando questa storia d'amore anche come metafora sociale del suo tempo e della sua vita, riesca, con acutezza e maturità, a parlarci anche della nostra, immutabile e incompiuta umanità nella sua infinita ricerca di sé.
Voto: 3,5/5
P.S. Per M.T.: come vedi ho finito di leggere il libro, te lo restituisco alla prima occasione ;-)
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