Il Mandarino

Creato il 27 maggio 2011 da Federicobona @Federico_Bona

Vedi che cosa fanno i pregiudizi. Io, per esempio, ero convinto – chissà come – che tra le tante qualità degli uomini, e ancor più degli scrittori, di fine Ottocento, l’ironia proprio non fosse annoverata. Ora, qui ci troviamo di fronte a un apologo costruito su un paradosso morale che tanto andava di moda all’epoca: se uccidere un uomo dall’altra parte del mondo, senza vederlo né toccarlo, ti procurasse una ricchezza spropositata, lo faresti oppure no? Peggio di così – fermandosi ai pregiudizi – non si potrebbe partire. Invece, quel che ne cava fuori Eça De Queiroz, uno dei massimi narratori portoghesi del XIX secolo, è un racconto leggero, pieno d’ironia, che si prende gioco apertamente di moltissimi luoghi comuni. Sarà la sorpresa, ma mi sono ritrovato persino a ridere fragorosamente – cosa che non mi accade molto spesso –. Merito della fine crudeltà che l’autore dispensa nel descrivere il protagonista – povero, mediocre e leggermente storpio – nello scegliere un’ordinarietà da impiegato per la figura del diavolo – e pure per il livello delle sue tentazioni –, nel raccontare la piaggeria delle persone nei confronti di chi ha denaro e nel tratteggiare una Cina apparentemente raffinatissima ma, sotto sotto, estremamente barbara. Sì, perché ucciso un ricchissimo Mandarino grazie al semplice suono di un campanello, di quelli per chiamare la servitù, il protagonista, assediato da un rimorso che neanche le più dissolute abitudini riescono a scacciare almeno per qualche minuto, cerca di rimediare alle sue colpe con un viaggio in Oriente. Inutile aggiungere altro, anche perché il racconto è piuttosto breve. Però è piacevole constatare, una volta di più, come dar corpo a idee e paradossi – uno dei princìpi cardine del fantastico – dia risultati prodigiosi.

Il Mandarino, José Maria Eça De Queiroz (Passigli, 124 pp, 8,50 €)

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