Il Manifesto si dimezza ma non chiude: con l’accordo al ministero del Lavoro quasi salvo il quotidiano

Da Kobayashi @K0bayashi

Il Manifesto ha raggiunto un accordo presso il ministero del Lavoro che dovrebbe scongiurare l’interruzione delle pubblicazioni del quotidiano. Al prezzo di vedersi praticamente dimezzato, di fatto, ma almeno salvo (per il momento) in attesa che i lavoratori capiscano come fare per ricomprarsi la testata e metterla definitivamente in sicurezza: degli attuali componenti della redazione, infatti, 36 tra giornalisti e poligrafici manterranno il proprio lavoro attuale mentre altre 34 persone avranno accesso alla cassa integrazione a rotazione.

“Un buon risultato anche se durissimo – si legge nel comunicato della redazione – perché costringe il collettivo a grandi sacrifici (parlano i numeri) per rispettare condizioni molto pesanti nella gestione corrente dei bilanci. Ci siamo riusciti per l’ascolto e il rispetto che il ministero dello sviluppo economico e quello del lavoro hanno riservato ai quarant’anni di storia della nostra testata, per la collaborazione serrata con i commissari liquidatori, per l’apporto di Fnsi e Cgil, per l’impegno forte della squadra che ha affrontato la liquidazione amministrativa lavorando in via Bargoni, per la solidarietà fattiva dei collaboratori che hanno continuato a scrivere gratuitamente dall’Italia e dal mondo.

Ma non ce l’avremmo fatta senza il rinnovato amore con i nostri antichi lettori-sostenitori che abbiamo ritrovato vicini, con i circoli manifestini, con chi neppure sapevamo di avere accanto. Voi ci aiutate a camminare, spingete i nostri passi su una strada che così ripida non avevamo ancora conosciuto. Lo fate con affetto, ma anche con sollecitazioni, critiche, consigli per migliorare le sedici pagine, i supplementi culturali, il sito. Facile a dirsi, più complicato tradurlo in concreto.

Le eresie sono frutto di maturazioni lente e profonde, come lo fu quella del Manifesto nel ’69. Oggi una casa madre da cui separarsi non c’è e il paesaggio è popolato da partiti in coma (forse reversibile, forse no). E immaginare una sinistra unitaria ma plurale, popolare ma alternativa chiama a un doppio lavoro: prima di costruire bisogna sgombrare il campo dalle macerie e magari capire che c’è poco da riciclare. Il governo Monti aiuta: le sue ricette su pensioni e lavoro sono uno spartiacque per ridefinire il campo della sinistra. Che in Italia ha distrutto anche la parola. Un quotidiano come il Manifesto è uno strumento culturale privilegiato per coltivare l’ambizione di un rinascimento politico.


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