Il mantra dell’autonomia strategica indiana

Creato il 14 ottobre 2013 da Geopoliticarivista @GeopoliticaR

Mentre la Cina e gli Stati Uniti cercano di rimodellare l’instabile ordine mondiale, l’India resta impegnata a mantenere la linea della propria “autonomia strategica”. Un messaggio politico di tale importanza è stato espresso dal Ministro degli Esteri indiano, Salman Khurshid, durante una sessione di discussione promossa dall’Istituto di Studi dell’Asia Meridionale (Institute of South Asian Studies – ISAS) con sede a Singapore.

Si può discutere se una tale dichiarazione possa mettere a tacere i critici che considerano l’India come una potenza emergente in procinto di crollare, a causa del fallimento nel concettualizzare e agire in base a una chiara “visione strategica”. In ogni caso è percepita una certa urgenza in India nell’affrontare questa questione, a causa di un particolare contesto globale emergente, dove Cina e Stati Uniti cercano di muoversi verso un “nuovo tipo di relazioni tra grandi potenze”, ossia un sistema composto da questi due stessi paesi.

Un G2 informale sino-statunitense

Certamente in questo contesto è stato significativo l’ultimo summit tra il presidente statunitense, Barack Obama, e il presidente cinese, Xi Jinping, in California lo scorso giugno. Le loro affermazioni pubbliche, durante e dopo il summit, come anche la versione cinese delle discussioni a porte chiuse intercorse tra i due leader, hanno contribuito a rafforzare la possibilità di un nuovo scenario globale. In questo contesto, Xi e Obama hanno iniziato a considerare l’opzione di lavorare insieme, per creare una sorta di G2 informale, in modo tale da tracciare un nuovo ordine globale in ambito politico ed economico. I primi segnali – comunque non irreversibili – sono rappresentati da un G2 informale volto alla collaborazione, piuttosto che alla condivisione di potere. Tuttavia, è sostenibile che l’India dovrà ripensare la propria strategia in base ai recenti cambiamenti, dati i rapporti altanelanti con la Cina e una relazione generalmente positiva con gli Stati Uniti.

In teoria, l’India dispone di quattro o cinque opzioni in questo contesto globale emergente: 1) Nuova Delhi può scegliere un neo-non allineamento tra Stati Uniti e Cina; 2) tendere verso Washington per controbilanciare la Cina; 3) optare per una completa autonomia strategica; 4) mantenere lo status di potenza regionale vincolata ai confini dell’Asia Meridionale; 5) scegliere l’opzione completamente nuova di essere un partner della Cina, probabilmente ricoprendo un ruolo secondario nella relazione; un’eventualità valida solamente se Pechino trovasse rimedio alle preoccupazioni indiane di lunga data concernenti la politica cinese in Asia Meridionale, la quale è percepita a sostegno del Pakistan in funzione anti-indiana.

La risposta di Khurshid, a proposito di una domanda dell’autore su queste opzioni, salvo quella riguardante l’India come partner di secondo piano nel proprio rapporto con la Cina, è stata abbastanza esplicativa. La sua risposta rivela che Nuova Delhi non percepisce l’ultimo summit Stati Uniti – Cina come un campanello d’allarme per modificare l’attuale corso della politica estera indiana, spesso descritta come basata su una sorta di “autonomia strategica”.

Secondo i principi fondamentali delle relazioni internazionali, l’autonomia strategica è sicuramente l’attributo caratteristico e l’essenza della sovranità di uno Stato che cerca di perseguire la libertà di pensiero e d’azione. Vista in questa prospettiva, l’autonomia strategica, come terminologia che descrive la politica estera di uno Stato veramente indipendente, non rappresenta assolutamente una linea politica. È pertanto discutibile che uno Stato sovrano come l’India abbia bisogno di esprimere, o per lo meno pensare a fondo (senza necessariamente indicarla), la propria scelta di affrontare una situazione esterna in mutamento. Con questa cartina di tornasole della politica estera indiana, la risposta di Khurshid può sembrare riflettere un senso di soddisfazione, o forse persino una certa fiducia, per il fatto che l’India può permettersi di mantenere il tradizionale corso della propria politica estera. L’India non sembra pensare che i leader di Cina e Stati Uniti siano pronti a decidere un ordine globale futuro senza coinvolgere altri attori.

L’India vede Cina e Stati Uniti come suoi alleati

Enfatizzando il concetto di autonomia strategica come punto centrale dell’attuale politica estera indiana, Khurshid ha affermato che “per quanto concerne Cina e Stati Uniti, consideriamo entrambi i paesi due partner strategici. Noi non abbiamo mai sottoscritto l’ideale che vede gli Stati Uniti intenzionati a contenere la Cina”. Aggiungendo di non sapere se il percepito disegno di Washington nei confronti dell’ascesa di Pechino sia effettivamente vero o meno, ha sostenuto di non avere “mai pensato che questa fosse una grande idea, alla quale l’India avrebbe dovuto allinearsi”.

Utilizzando un sostanziale equilibrio, Khurshid ha inoltre sottolineato che: “similmente, noi non abbiamo mai dato ragione alla Cina di credere che consideriamo la nostra relazione condizionata da un’alleanza con qualcun’altro o sul loro rapporto con qualche altro paese. Ci siamo impegnati con la Cina, nonostante le nostre difficoltà con il Pakistan e la loro storica e stretta alleanza con il Pakistan. Tutto ciò non ha influenzato il nostro progressivo impegno con la Cina, il quale, come avete visto, è cresciuto velocemente”. In questo emergente contesto sino-indiano, ha aggiunto, l’India ha tenuto otto incontri di alto livello con la precedente leadership cinese. Inoltre, ha descritto la visita dello scorso maggio del nuovo primo ministro cinese, Li Kequiang, come “un gesto veramente importante e significativo”, in seguito allo stallo militare tra i due eserciti, senza spargimenti di sangue, lungo il conteso confine himalayano.

Per dissipare l’impressione che l’India sia una potenza regionale confinata all’Asia Meridionale, invece di essere una potenza emergente con un profilo globale, Khurshid ha affermato: “L’India non ha ragioni e certamente nessuna volontà di restare confinata in una qualsiasi particolare parte del mondo. Certamente, vi sono problemi per ciò che riguarda le risorse umane indiane e la capacità finanziaria e l’abilità fisica, ecc. [per essere un giocatore globale]… [Comunque], è nostra intenzione prestare attenzione a qualsiasi parte del mondo”. Notando che la sua visita a Singapore, dal 3 al 5 luglio 2013, era stata organizzata anche per presiedere, assieme ad altri colloqui, un incontro con i capi delle missioni diplomatiche indiane nell’Asia Orientale, ha ricordato di aver già viaggiato in America Latina, nell’Artico e in altre regioni da quando è stato nominato ministro degli esteri.

Inoltre, l’India sta attualmente “guardando a un piano decennale” per allargare la sua presenza regionale e globale. Con l’India in cerca di orizzonti sempre più ampi, ha sostenuto che il paese dovrà “affrontare nel merito ogni paese, grande o piccolo”. Con questo commento intendeva che Nuova Delhi ha a che fare “con le Maldive e la Russia, e la Cina ed il Giappone e con tutti gli altri”. Cercando di far comprendere che l’India non si fa trascinare dagli Stati Uniti in nessun modo e in nessun momento, nonostante la rapida crescita della Cina sia un fattore da tenere in considerazione, ha affermato che l’India “ha a che fare con l’Iran come amico, con la piena consapevolezza da parte degli Stati Uniti”. Mentre è un “cosa positiva” il fatto che Washington non abbia chiesto all’India di interrompere il suo dialogo con l’Iran, è stato enfatizzato che Nuova Delhi si stia ora impegnando con la Corea del Nord, mediante metodi di diplomazia diretta a proposito del programma di armamenti nucleari di Pyongyang.

L’India non verrà confinata

La battuta finale di Khurshid nel suo ritratto dell’attuale politica estera indiana è stata:

non ci piace farci mettere da parte. Francamente, il linguaggio che abbiamo usato durante il periodo di massimo splendore del Movimento dei Paesi non Allineati, oggi si è trasformato in un’espressione moderna che utilizziamo, ossia “autonomia strategica”. Rimaniamo strategicamente autonomi. Crediamo che questa sia la cosa giusta da fare moralmente. Una tale strategia può comportare vantaggi e svantaggi, data la situazione globale, ma crediamo che la nostra politica estera abbia un’enorme componente di principi morali, e in coerenza con essi non ci uniamo a nessun gruppo o alleanza che potrebbe essere nemico di qualche altro paese.

Per quanto riguarda la politica indiana del Look-East in un contesto più ampio, Nuova Delhi ha cominciato “a guardare oltre l’ASEAN, ossia verso l’APEC”. Come principale forum economico distinto dagli Stati sovrani, l’APEC è costituito da Stati Uniti, Cina, Giappone e altri importanti attori della vasta regione, ma non include al momento l’India. Secondo il punto di vista di Khurshid, l’ammissione dell’India nell’APEC, se e quando sarà possibile, accrescerà per il paese “la connessione fra l’Oceano Indiano e il Pacifico”, innalzando il profilo geopolitico e geo-economico dell’Indo-Pacifico.

In base alle sue osservazioni, è evidente che il sempre più crescente rapporto di Nuova Delhi con l’ASEAN, basato su un “coinvolgimento emotivo” dell’India verso il sud-est asiatico e su altri fattori, dovrebbe essere anche valutato come un contributo al processo di concettualizzazione dell’area indo-pacifica.
Un altro messaggio voluto è che Nuova Delhi, abituata al pluralismo linguistico e partitico (per esempio), può avere meno difficoltà nel far fronte alle diversità del sud-est asiatico.

Un’offerta straordinaria

Enfatizzando l’importanza che il sud-est asiatico sia libero da tensioni, poiché non deve essere “vittima di disaccordi o dispute”, Khurshid ha presentato un’offerta straordinaria, esprimendo la volontà indiana di contribuire a questo obiettivo. In base alle sue affermazioni è evidente che in questo contesto la sua offerta, non del tutto chiarita da ulteriori evidenti propositi, deriva dall’esperienza e dalla competenza indiana nel fronteggiare una varietà di sfide inerenti la sicurezza.

Per quanto concerne il Pakistan, rimasto sotto costante attenzione da parte indiana per decenni, i commenti di Khurshid mostrano che Nuova Delhi sta cominciando ad essere ottimista riguardo una ripresa dei rapporti bilaterali, se gli attuali segnali di “buon senso economico” si manterranno stabili. Un recente motivo di ottimismo è rappresentato dalla volontà d’Islamabad di cooperare con l’India nell’ambito della sicurezza energetica pakistana.

Parlando in un’altra conferenza a Singapore, Khurshid ha affermato che la percezione indiana di una difficile situazione nell’Asia Meridionale, non dovrebbe essere interpretata in una maniera tale da intendere che l’India considera controproducente avere a che fare con i propri vicini.

(Traduzione dall’inglese di Barbara Iorizzo)


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