Dopo un’annata di pesca d’acqua dolce è arrivato anche per noi l’annunciato appuntamento con la pesca in mare ma, diciamolo subito: è stata una partenza lenta, la partenza dei maratoneti più che lo scatto dei velocisti. (Giusto per stare in spirito olimpionico).
Siamo all’isola d’Elba da una settimana e contiamo solo un’uscita e mezzo all’attivo.
Un tentativo di spinning dalla massicciata esterna del porto in un tramonto decisamente ventoso, ed un’alba a Inchiku e Kabura, (anzi a Tamagotchi come è stata ribattezzata l’unione di queste due tecniche) con trasferimenti agli spot in traina di superficie.
Ma andiamo con ordine… perché dei duri come noi, l’eccelsa serie A, i penta-campeones dello spinning trota torrente, non stanno pescando un cazzo? Né in termini di tempo dedicato alla pesca, né in termini di catture? Potremmo aprioristicamente scaricare tutta la colpa sulle fidanzate, ma sarebbe troppo facile.
aperi-spinning, chi elba bianco non piglia pesci!
Di certo presentarsi allo spot prescelto e trovarci una sagra culinaria in riva al mare non aiuta la concentrazione e così, il primo tentativo di spinning dalla costa alcuni giorni fa, è finito gambe sotto il tavolo, gamberoni alla griglia, elba bianco per dimenticare…
Poi vai in spiaggia, e siccome sei un giovane uomo di città il sole, il caldo e il sale sulla pelle, ti confondono le idee… portano ad uno smarrimento spazio-temporale per cui i pensieri si riducono a comprare la carbonella per la grigliata della sera e ad informarsi sugli ultimi gossip da improbabili riviste femminili… (Sarà forse un trabocchetto teso dalle compagne farci trovare riviste patinate con belle ragazze in copertina e femminismo strisciante negli articoli in esse contenute?) Così un giorno insegue l’altro e nel torpore agostano le costosissime e curatissime attrezzature comprate e coccolate prima della partenza restano lì in un cantuccio. Finché con un ruggito destiamo il nostro istinto e decidiamo: oggi si va a fare inchiku e kabura! Prendiamo la gloriosa Anonima Cucchiaino’s Sea Boat, la nave ammiraglia di cui disponiamo: gozzetto di 4 metri e mezzo (qualcuno dice “perché alle tipe piace il gozzo!”) con motore fuoribordo 6 cavalli (classe ’68), studiamo la batimetrica e andiamo… appena caliamo le lenze in prossimità del promettente Scoglio della Triglia, il vecchio Eolo ci teme e ci scaglia contro un vento da terra a 20 nodi, nonostante il “polpetto inchiku” passi i 100 grammi di peso, le lenze si stendono quasi orizzontali mentre filiamo in scarroccio a 3 nodi verso la Corsica… ritirata!
Ma non ci arrendiamo. Il giorno dopo decidiamo che faremo il tramonto a spinning dalla massicciata esterna del porto. Bene. Quante volte abbiamo visto filmati su youtubo circa lo spinning dagli scogli? Con quanto amore abbiamo contemplato i nostri mommotti, angel kiss, casting jigs, cazzis and mazzis?
jacopo spinning marino
Alle sette e mezza, happy hour dell’aperi-spinning, siamo sullo spot e iniziamo a tempestare il mare di lanci nonostante il vento forte al traverso. Per un pescatore d’acqua dolce come me è davvero sorprendente constatare l’eccellenza delle doti balistiche di questi artificiali… questi “rapala secchi secchi” di nuova generazione, ovvero i vari long casting jerk e simili, grazie alla distribuzione dei pesi, si riescono effettivamente a lanciare a distanze impensabili anche in condizioni di vento. Se poi li recuperiamo in modo creativo l’effetto in acqua è davvero adescante, ma così adescante che noi, dalle 19,30 alle 22.00, non abbiamo preso un cazzo. Ma proprio niente! E così questa mezza uscita di pesca si concluse, tra le risatine di scherno di una coppia di ragazze adolescenti alle nostre spalle, ribattezzate “Le sorelle Bonifacio” (lascio alla vostra immaginazione capire quale attitudine avessimo loro attribuito).
Per concludere questo report, che assomiglia più ad una confessione domenicale che ad un racconto glorioso, manca l’ultima uscita, l’unica degna di questo nome: l’alba di ieri!
traina all’alba
Finalmente la serie A si desta e decide di fare un’albata, ore 5.30 il gozzo esce borbottando dal porto dove nulla si muove, solo il cielo inizia a schiarirsi.
Caliamo le lenze da traina, un vistoso rapala magnum sulla canna da traina pesante e un trenino di polipetti sulla trainetta leggera: destinazione il capo di Fetovaia a circa un paio di miglia. L’alba sul mare è qualcosa di troppo bello da descrivere, in questo momento non mi sento all’altezza del compito, chi va per mare all’alba sa bene di quale magia sto parlando. Il mare è calmo, il cielo è sereno. All’orizzonte si distinguono chiaramente i profili del Giglio, di Montecristo e lontani i monti della Corsica.
Arriviamo nei pressi della punta che il sole si è alzato e noi una fava abbiamo pescato. Ci portiamo sui 50/60 metri di profondità e caliamo il Tamagotchi: Inchiku e Kabura. L’inchiku 110 grammi scende in purezza a solleticare il fondo a balzi manovrato da me, mentre il kabura da 65 picchietta “trullallato” (verbo tecnico) da Jacopo, ma sul kabura abbiamo montato un altro giochino giappo: il Sabiki. Ovvero, per quei due o tre che non lo sapessero, sopra il polpetto piombato in fondo alla lenza (nell’Inchiku è il classico Bottom Ship Shimano, nel Kabura è il calamaretto a banana o simili), una serie di 5 o 6 ami camuffati da gamberetti o micro pesciolini: ami rivestiti di pelle di pesce e/o micro ciuffetto di colore chiaro…
Oltre a milioni di video su Youtubo, ci siamo indottrinati vedendo DVD in cui maestri giapponesi, così come il nostrano Tamburini, calando queste esche sul fondo si facevano venire i crampi alle bracccia a furia di issare cernie, scorfani, ma anche dentici, ricciole e chi più ne ha più ne metta… Ci crediamo come matti! Siamo pronti al big strike! Anche una riccioletta di 10 centimetri che gira serena intorno alla barca ci sembra di buon auspicio.
Disappunto Re di Triglie a sabiki
5 minuti e il primo strike arriva a Jacopo! Yeaaahhh! Fish on! Ma la frizione non parte e la canna freme più che flettersi: Re di Triglie non è un punto dello scopone scientifico, è un pesciolino rosso che arriva in barca con gli occhi di fuori penzolante dal Sabiki…
Altri cinque minuti e ancora strike! Arriva in barca un’amica tracinetta che si era invaghita del Sabiki… piccola ma abbastanza grande per infliggere enormi sofferenze con la sua puntura: slamata con lunghe pinze torna in acqua.
Ritorniamo con la barca sul punto al largo della punta, spegniamo il motore, ri-caliamo le lenze e restiamo in scarroccio. Ancora strike di Jacopo! Questa volta la canna si flette un pochino, la frizione dorme, ma forse ci scappa il pesce da porzione… Brividini d’emozione… Delusion: un sugherello e una donzella appesi alla solita arma letale: il Sabiki!
Il vento accelera lo scarroccio e le ragazze scalpitano al porto… con una veloce traina battiamo la ritirata.
Torneremo a raccontare le nostri sorti, sperando di avere foto più “sexy” da mostrare, non nel senso delle amanti del gozzo svestite (porci!), ma magari di prede da sfrizionio bagnato, quei predatori marini dal nuoto così veloce che ancora ci sfuggono…
ROCK’N'ROD
un angelo bacia il mare
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