Questa notte non riesco a chiudere occhio, ho un forte bruciore di stomaco, e per di più mi ritrovo anche senza le pastiglie.
Cinzia, dopo l'ennesimo litigio, mi ha spedito qui sul divano. E ora mi ritrovo a fissare il soffitto illuminato dal televisore acceso. Non avevo mai notato le numerose imperfezioni dell'intonaco. Se Cinzia se ne accorge è capace di contestare il lavoro con il responsabile, anche a due anni e mezzo dalla fine dei lavori in questa casa.
Alla parete c'è appeso un grosso orologio di ceramica in stile Liberty. Il suo ticchettio mi rende nervoso, mi spinge a stringere i denti, a consumarmi lo smalto.
Mi alzo dal divano e do vita ad un concerto di scricchiolii d'ossa, dovrei fare un po' di sport forse, me lo fa sempre notare Cinzia che mi sto rammollendo. Mi avvicino all'orribile orologio, lo stacco dalla parete e lo lascio cadere a terra. Rimane integro, le lancette continuano la loro marcia. Lo raccolgo e lo tiro contro il muro cercando di accumulare tutta la forza possibile. Non sento più il ticchettio, si è fermato finalmente. Ho sempre odiato quell'affare. Lo avevo acquistato in un mercatino dell'usato, non ricordo per quanto, ma non per pochi spiccioli, questo è certo.
Mi accorgo, guardando con attenzione, di avere colpito un dipinto. Ora, in mezzo all'orizzonte del mare al tramonto, o all'alba, non saprei, c'è un grosso taglio che mostra il niente oltre la tela. Poco importa, non mi piace il mare, amo la montagna io, e neanche un cazzo di dipinto in questa casa che rappresenti un monte. Perché?
Me ne torno sul divano, estraggo il telecomando che è andato ad infilarsi tra i cuscini, e do un po' di audio al televisore muto. Non sono fortunato: niente pornografia stanotte. Spengo il televisore, provo a prendere sonno.
Questo dannato divano in pelle mi si incolla alle guance e alla schiena. E' costato una cifra esagerata, e nemmeno ci si può dormire comodamente. Maledetto me e il giorno che Cinzia lo ha scelto. A guardarlo bene è anche orribile più dell'orologio: la sua pelle color ambra e i suoi braccioli tondeggianti in legno scolpito sarebbero più adatti ad arredare un esercizio di onoranze funebri, non questa casa.
Mi rimetto in piedi, accendo la luce, ed osservo il lampadario di ottone, il tavolo e la libreria in noce massello, il gigantesco tappeto persiano, la numerosa e inquietante collezione di bambole di porcellana sistemata sopra la cassettiera.
Fa tutto schifo.
Mi dirigo verso la cucina, voglio provare a mettere nello stomaco qualcosa, chissà, magari riesco ad alleviare un po' il bruciore. Apro il frigo e vedo un cartone di latte di riso, dei bicchierini di yogurt, una confezione di bistecche di soia, e un paio di bottiglie d'acqua ripulite dal sodio. Chiudo il frigo e stringo i denti.
Sul piano di marmo rosa della cucina c'è un cesto con arance, mele, e qualche limone. Spremo un limone e butto giù il succo in un sol sorso.
Dopo qualche minuto il bruciore si allevia.
Vado in camera da letto, il talamo è sfatto, e l'abat-jour di vetro di Murano sopra al comodino è accesa ed illumina una rivista di fitness.
Avvicino il naso alle lenzuola di lino, e sento l'odore di lavanda. Un dannatissimo profumo alla lavanda così forte da togliere il respiro.
Accedo al bagno, e piscio nel lavandino. Se Cinzia mi vedesse fare una cosa del genere andrebbe su tutte le furie. Non apro nemmeno l'acqua per dare una ripulita, domani voglio vedere le incrostazioni gialle del mio piscio coprire il bianco dello smalto.
Mi guardo allo specchio e sorrido di soddisfazione, mi accorgo di avere nuove rughe d'espressione.
Ah Cinzia! Me ne ero quasi dimenticato!
Se ne sta dentro alla vasca, muta, con gli occhi spalancati, come se davvero mi avesse visto rompere il bellissimo orologio Liberty contro il suo quadro favorito. Come se mi avesse colto sul fatto di pisciare nel lavandino.
L'ho affogata nella vasca qualche ora fa la troia, dovevate vedere come si dimenava, senza grazia, rompendosi le unghie smaltate e ben curate contro il marmo. Mentre la guardavo da sopra lo specchio d'acqua ho visto il suo viso assumere un'espressione docile, quasi sembrava dire perdonami se sono stata cattiva con te, e allora, ho ammorbidito la presa un poco, ma poi l'ho sentita spingere, e alcune delle sue unghie ancora integre mi sono entrate dentro la carne, e l'espressione è tornata severa. La stessa identica espressione che aveva assunto pochi giorni dopo il nostro matrimonio.
Giro la manopola per far scorrere via l'acqua, la troia ha svuotato le viscere, ed ora c'è una gran puzza in bagno.
Faccio scorrere nuova acqua sul suo corpo, che mano a mano lava via gli escrementi.
Gallette di riso, yogurt, soia, verdurine al vapore, aerobica, spinning, footing... ma alla fine si ritrova qui in mezzo alla merda a puzzare da fare schifo. Oh se ti vedesse qualcuno!
Ora è andata persa la sua passione per l'arredamento: dovevate vederla quando i nostri amici, pardon, 'suoi' amici venivano a cena e le facevano i complimenti per il buon gusto. Oh che bel lampadario! Oh che graziosa collezione di bambole!
Si bagnava letteralmente la troia. Sempre con quelle cazzo di riviste tra le mani, a scegliere pezzi d'arredamento in base alla quantità di zeri.
E' andata persa anche la sua continua ricerca di ritardare l'avanzamento dell'età. Niente più creme, niente più estratti di erbe miracolose con cui riempirsi la bocca e/o coprirsi la pelle.
Niente più tessuti pregiati e alla moda con cui coprirsi il corpo. E niente più gioielli.
Niente più passeggiate con scarpe per tonificare i glutei.
E' andata persa la sua passione per il cinema d'essai, e perse sono anche le amiche del cineforum del mercoledì che, tra qualche giorno, sentiranno la sua mancanza.
Sono andate perse le cenette al ristorante giapponese con gli amici della palestra, e sono andate perse le favolose scopate con Flavio, il più duro e bello della palestra.
Sono andati persi i suoi buoni sconti, e la raccolta punti.
Tutto questo non c'è più all'inferno, cara Cinzia.
La guardo negli occhi, e un po' mi fa pena vederla così... morta.
E' sempre stata bella Cinzia. Bella e cattiva. Ed io sono stato l'uomo sfortunato a cadere nella trappola della bellezza. Molti uomini ci cascano d'altronde. Non sono il primo, e non sarò certo l'ultimo. La bacio, ha le labbra viola e gelide. Come sempre. E' morta, ma non è molto diversa da quando era viva. Indifferente a me anche nella morte.
E' irritante.
Dopo averla pulita per bene, l'asciugo e la prendo in braccio. La porto al piano di sotto, dove c'è il congelatore. Estraggo qualche surgelato e ce la infilo all'interno. Poi chiudo, e metto la temperatura al minimo consentito.
Sono stanco, ho sonno, ma il divano in pelle è scomodo, e l'odore di lavanda sulle lenzuola in camera da letto è troppo forte, così decido di sdraiarmi sul tappeto, e provo a prendere sonno.
Mi sveglio e la lavanda mi soffoca, sono in un letto, accendo la luce, Cinzia è di fianco a me, mi osserva severa:
“Che diavolo fai stupido!? Stavo dormendo!”
Urlo.
Apro gli occhi, sono sul tappeto.
Un brutto sogno.
Sono turbato dalla presenza di Cinzia, mi dirigo di sotto, apro il congelatore, e la trovo al suo posto. Mi rassereno.
Una luce rosea filtra nella stanza: è l'alba.
Non so di preciso a che ora ho inserito il corpo nel congelatore dato che l'orologio da parete non funziona più, ma toccandola sembra abbastanza rigida.
Porto il corpo congelato al piano di sopra, lo poggio sopra al tavolo, e faccio cadere a terra il vaso di ceramica decorato a mano che ne stava al centro. Si riduce in mille pezzi. Oh Cinzia, se fossi viva chissà quante ne diresti!
Prendo il set di coltelli dalla cucina, è nuovo, dato che Cinzia non cucinava, e comunque mi proibiva di usarli. Li ha comprati perché il tronco porta coltelli era bello come pezzo d'arredamento. Sono coltelli buoni dopotutto, me ne accorgo appena le taglio il primo dito. Sarà perché sono nuovi forse, la qualità si stima nella longevità.
Mano a mano che stacco i pezzi li riporto nel congelatore. E in poco tempo riesco a dividere tutto in modo ordinato in quattro sacchetti della spazzatura.
Sono stato bravo. Cinzia mi farebbe i complimenti, forse.
Fuori il sole è già alto, e in strada ci sono parecchie automobili.
Il bruciore di stomaco è svanito, e gli occhi mi si sono fatti pesanti. Mi dirigo in camera da letto, butto a terra le lenzuola sporcandole di sangue. Proprio la lavanda non la reggo. Poi sento la stanchezza invadermi il corpo, e un sorriso di piacere mi si disegna sul volto. Finalmente riesco ad addormentarmi.
La spazzatura la butterò domani.
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