Il Marsala, figlio delle terre siciliane

Da Sergiomaria

Il Marsala
di Sergio Maria Teutonico

 
Cosa hanno in comune le parole: London Particular, con il vino italiano?
Apparentemente nulla ma, in realtà, è una delle diverse denominazioni antiche del vino Marsala.
Espressioni come Superiore Old Marsala o Garibaldi Dolce sono diciture che si possono trovare, in acronimo, sulle bottiglie di alcune tipologie del famosissimo vino siciliano.
Nella Provincia di Trapani, fatta eccezione per Pantelleria, Alcamo e Favignana, ha le sue radici questo vino liquoroso DOC, che è tra l’altro la prima DOC italiana, attribuita con il decreto del 12 luglio 1963.
Dalla città di Marsala ne deriva il nome, anche se l’invenzione, se così si può chiamare, è attribuibile al navigatore anglosassone J. Woodhouse che, verosimilmente nel 1773, addizionò dell’alcool al vino siciliano che intendeva trasportare in Inghilterra.
Forse sarà superfluo scrivere che tale intenzionale “manipolazione” fu molto apprezzata dai consumatori, inducendo il fortunato inglese ad intraprendere una pianificata e vasta produzione di questo nuovo accattivante prodotto enologico.
Il Marsala si ottiene da uve tradizionali della terra di Sicilia: Grillo, Inzolia (Ansonica) e Cataratto, uvaggi che concorrono alle tipologie Oro e Ambra; concorrono invece le uve Perricone e Calabrese per la varietà Rubino.
Il Marsala è un vino perpetuo, la sua evoluzione è molto particolare, si utilizza il metodo Soleras per ottenerlo: tale vocabolo è una derivazione del termine suolo in spagnolo, ovvero suelo.
Vi sono più botti, le une sovrapposte alle altre: si incomincia la lavorazione riempiendo quelle più in alto, di anno in anno, si travasa nelle botti inferiori una parte del vino, rimpiazzandolo, nelle botti superiori, con il vino nuovo.
Questo sistema si utilizza da sempre per la produzione del celeberrimo Porto e dell’altrettanto famoso Sherry.
Si trovano in commercio diverse tipologie di Marsala: il Fine invecchiato almeno un anno; il Superiore, invecchiato almeno due anni; il Superiore Riserva, invecchiato almeno quattro anni; il Vergine invecchiato almeno cinque anni; il Vergine Riserva, invecchiato almeno dieci anni.
Le tipologie Vergine e Vergine Riserva, non subiscono la concia, cioè l’aggiunta della mistura aromatica che ogni produttore aggiunge per ottenere l’inimitabile aroma del vino Marsala.
La concia si compone di alcool, vino cotto e sifone: l’alcool è quello etilico.
Il vino cotto è ottenuto generalmente da uve Cataratto, con i sistemi tradizionali che in Italia da sempre si realizzano in tutto il suo territorio (pensate alla Sapa).
Il mosto è posto a bollire in grandi contenitori di rame, più modernamente si utilizza il vapore, facendolo ridurre lentamente di almeno due terzi del volume originale, si pone quindi ad invecchiare per utilizzarlo, solo quando si ritiene che sia correttamente maturo.
Il Sifone è il mosto ottenuto da uve Grillo, raccolte in vendemmia tardiva; per arrestarne la fermentazione si utilizza l’alcool, posto a maturare in botte.
L’esatta combinazione di tutti questi elementi, caratterizza ogni produttore di vino Marsala, rendendo ogni vino unico ed inconfondibile.
Il Marsala è, per antonomasia, uno dei grandi vini da meditazione. La sua particolare vocazione gustativa non lo abbina facilmente con le pietanze di un pranzo, anche se l’abbinamento del Marsala Fine con i cannoli siciliani è davvero felice! In ogni caso è un valido compagno di dolci, castagne, creme, cioccolato.
Vi sono prodotti d’eccellenza dell’enogastronomia italiana che nascono in contesti eccezionali, mantenendo attraverso il tempo caratteristiche inimitabili.
In alto i calici, quindi!


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