il Mart di Rovereto – andar per mostre è bello!

Creato il 13 dicembre 2013 da Mrsfog @tulipano_bianco

Mettete sul piatto una giornata inaspettata di ferie, una complice disponibile su due piedi e tanta tanta voglia di divertirsi e avrete… il perfetto giro di shopping? No! La perfetta giornata a spasso nell’arte.

Vi vedo, vi vedo che storcete il naso. Non sarete mica di quelli che si annoiano alle mostre? Di quelli che l’arte antica è noiosa, l’arte contemporanea non la capisco e comunque perché chiudersi in un museo quando si può stare fuori?

Probabilmente non avete mai visitato una mostra con me.

Io adoro i musei, le mostre, le esposizioni, i vernissage. Mi esalto come un bimbo in un negozio di giocattoli. Stilo la mia lista di opere preferite e sogno che Babbo Natale me le porti. Ma c’è un trucco. Non vado ad ogni evento a prescindere, non sono un’accumulatrice di esperienze. Mi piace pregustarle, aspettarle, godermele. Possibilmente poco affollate, senza pretese, senza pesantezza. Con naturalezza. Se mi va mi fermo davanti a un’opera per un quarto d’ora, altrimenti corro per le sale riempiendomi gli occhi. I pannelli esplicativi li leggo se ho voglia, le cuffie le evito. Seguo l’ispirazione. Godo dell’arte.

Se vi avvicinate potrete vedermi ridere, sghignazzare, fare commenti irriverenti. Oppure avrò un’espressione rapita (o sciocca, interpretazione più attendibile) e gli occhi pieni di lacrime. Prenderò appunti, farò foto (solo se si può) o cercherò di entrare in un quadro terrorizzando il responsabile di sala. Se ci sarà da interagire sarò in prima fila, se c’è da raccattare opuscoli mi riempirò la borsa, se la gestione del museo o della mostra non sarà di mio gradimento andrò a esprimere la mia perplessità. Camminerò per chilometri dimenticandomi di bere e mangiare e uscirò sconvolta ma felice.

Credete ancora che una mostra possa essere noiosa? E’ una festa, una scoperta, nuove idee e nuovi stimoli che ti assalgono da tutte le parti.

Il MART di Rovereto mi ha dato tantissima soddisfazione. Se non lo conoscete andateci. Solo l’architettura di Botta merita e la città stessa è un vero gioiellino con le sue sequenze di palazzi e piazze, vie antiche e ben curate.





Il centro di Rovereto:




Obbiettivo primario la mostra su Antonello da Messina.

Bellissima. Andate, accorrete, c’è tempo fino al 12 gennaio. Non accampate scuse.

E’ una mostra concentrata, curata come un gioiellino. Un percorso ad anello ci conduce attraverso le opere e la vita dell’artista. I primi influssi fiamminghi, le suggestioni provenzali, la lezione di Piero della Francesca, le influenze esercitate sulla scuola milanese, l’incontro con Bellini a Venezia e infine il ritorno a casa, a Messina. Tutti questi viaggi e incontri modellano la pittura di Antonello che arriva a condensare in maniera originale il realismo fiammingo e le geometrie rinascimentali italiane.

Questo percorso artistico è ben spiegato dai curatori della mostra, grazie anche al confronto con le opere e gli artisti che a seconda dei casi hanno ispirato o sono stati ispirati dal nostro pittore. Ho gradito molto anche i pannelli esplicativi: concisi ma efficaci, utili per apprezzare in maniera più consapevole le diverse fasi dell’arista.

Tra le opere che mi sono rimaste più impresse il Cristo Benedicenti (Salvator Mundi), La Madonna con bambino del polittico Uffizi-Castello Sforzesco, la Madonna Benson, l’Annunciazione di Siracusa, il Ritratto d’uomo e l’Annunciata di Palermo.

L’annunciata di Palermo

Mi sono innamorata soprattutto delle figure femminili dal volto dolce e lo sguardo lontano, delle figure umane al centro del quadro che emergono prepotentemente dallo sfondo scuro, incorniciate dagli abiti che diventano scene teatrali, quasi elementi architettonici che descrivono una nuova dimensione dello spazio. Particolari descritti minuziosamente eppure perfettamente integrati in una potente visione d’insieme, ricca di vita.

Come sempre mi trovo a pensare quanto siano più emozionanti i quadri originali delle loro riproduzioni: la percezione delle reali dimensioni, i particolari che si svelano a poco a poco, l’energia che si sprigiona dalla tela. La scelta di proteggere alcune opere dietro una teca di plexiglass permette di avvicinarsi tantissimo all’opera, di cogliere le sottilissime pennellate, quasi di caderci dentro.

In questa mostra non era consentito scattare foto così mi sono limitata a prendere appunti e realizzare dei terribili schizzi. Quando la bellezza ti fa dimenticare il pudore!

Allo stesso piano del Mart, all’estremità opposta del corridoio, ancora ritratti ma in chiave contemporanea: L’altro ritratto.

Dal sito della mostra:

“… Al Mart, invece, l’indagine affronta il ritratto contemporaneo, considerato a partire dagli ultimi decenni del XX secolo fino ai nostri giorni. Attraverso quarantacinque opere, scelte come esemplari, la mostra cerca di seguire le sparizioni del ritratto, le sue ricomparse, le sue trasformazioni.

Un’esplorazione che comprende tutte le tecniche artistiche, dalla pittura al video e intreccia diverse generazioni. Il filo conduttore del percorso espositivo è quello del mistero che il ritratto rivela [...]. “L’altro ritratto” è contemporaneamente l’altro ritirato, nascosto nel ritratto, inaccessibile al ritratto – e il ritratto altro, differente, che non può più somigliare a un ritratto…”

Le due mostre dialogano tra loro: al centro dell’interesse artistico sono l’uomo e la sua rappresentazione che non possono mai coincidere. Realizzare un ritratto comporta una scelta e una selezione, non potrà mai rappresentare l’interezza dell’uno ma sarà una sua interpretazione, limitata e piegata alla soggettività di chi ritrae e di chi fruisce dell’opera. Un tema decisamente interessante a cui vengono date risposte diverse e originali dagli artisti selezionati. Una mostra da cui si esce con molte domande e suggestioni.

A questo punto converrete con me che sarebbe il caso di fermarsi, mangiare qualcosa e riflettere su quanto visto. E invece no, bisogna almeno sbirciare il piano superiore dove per i dieci anni del Mart hanno allestito La magnifica ossessione. Si tratta di un accumulo eccezionale di opere (2784 oggetti dicono, io non li ho contati!) disposte lungo un cammino  di un chilometro che vogliono rappresentare il rapporto tra il museo e le sue collezioni, fare il punto sulle idee e le suggestioni che lo hanno animato nel suo primo decennio.

La descrizione mi aveva un po’ atterrito invece è stato un piacere passeggiare per le sale, riconoscere artisti e opere, lasciarsi coinvolgere dall’allestimento spettacolare e mai banale. E, tenetevi forte, si potevano scattare foto. La sindrome del giapponese mi ha colto una volta di più anche se la stanchezza non ha favorito la qualità.










Terminata anche questa esposizione abbiamo camminato per Rovereto, dato una sbirciata ai negozi e ai mercatini natalizi, mangiato un boccone e bevuto del vin brulè. Cammina cammina ci siamo trovate di fronte alla casa museo di Depero… Entrare o non entrare? In preda al delirio artistico siamo entrate e ci siamo concesse una visita breve e molto interessante. Colori, forme geometriche, energia e immaginazione futurista. Uno spettacolo. E la scoperta della giornata: la bottiglietta del Campari l’ha disegnata lui!


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