Si chiude senza colpevoli il processo per la morte di Andrea Pellegrino, lo studente di 16 anni dell’Itis Meucci che il 21 febbraio 2008, mentre andava in motorino allo stadio a vedere la Fiorentina, si scontrò con un’auto all’incrocio fra via Pampaloni e via Bezzuoli, all’Isolotto, e morì alcune ore più tardi al Cto. Ieri il giudice Breggia ha assolto dall’accusa di omicidio colposo due medici dell’ospedale di Torregalli, il radiologo Luca Montigiani, difeso dagli avvocati Francesco Maresca e Serena Perna, e la dottoressa Delizia Vacirca, che quella sera era di turno al pronto soccorso e al processo era assistita dall’avvocato Massimo Megli. I genitori e il fratello di Andrea, che gli amici chiamavano Pelle, si erano costituiti parte civile con l’avvocato Lisa Parrini.
La sentenza li ha lasciati affranti. Dopo l’incidente Andrea era rimasto cosciente. Escluso il trauma cranico, i medici si concentrarono sulle fratture al volto. Secondo il pm Vincenzo Ferrigno, tuttavia, i medici trascurarono i risultati della Tac e degli esami ematici, che avrebbero dovuto far ipotizzare un sanguinamento. Sanguinamento che nel giro di alcune ore divenne massiccio.
I genitori ricordano che Andrea aveva forti dolori al petto e alla schiena, interpretati dai medici come la normale conseguenza della botta ricevuta nell’incidente. Invece il ragazzo non aveva riportato soltanto delle fratture ma anche una lesione dell’aorta toracica e perse due litri di sangue in poche ore. Quando i medici del Cto — dove era stato nel frattempo trasferito — si accorsero della emorragia non c’era più niente da fare. Secondo l’accusa, se a Torregalli fosse stata eseguita una Tac total body, la lesione all’aorta sarebbe stata rilevata e a quel punto un intervento cardiochirurgico avrebbe potuto salvare il ragazzo. Secondo i periti nominati dal giudice, invece, i medici di Torregalli non sarebbero responsabili della mancata diagnosi perché si trovarono in presenza di “sintomi subdoli” e non di sintomi chiari della lesione dell’aorta toracica. E anche in presenza di una diagnosi tempestiva, a loro giudizio non sarebbe stato possibile salvare il ragazzo.
di FRANCA SELVATICI
Si chiude senza colpevoli il processo per la morte di Andrea Pellegrino, lo studente di 16 anni dell’Itis Meucci che il 21 febbraio 2008, mentre andava in motorino allo stadio a vedere la Fiorentina, si scontrò con un’auto all’incrocio fra via Pampaloni e via Bezzuoli, all’Isolotto, e morì alcune ore più tardi al Cto. Ieri il giudice Breggia ha assolto dall’accusa di omicidio colposo due medici dell’ospedale di Torregalli, il radiologo Luca Montigiani, difeso dagli avvocati Francesco Maresca e Serena Perna, e la dottoressa Delizia Vacirca, che quella sera era di turno al pronto soccorso e al processo era assistita dall’avvocato Massimo Megli. I genitori e il fratello di Andrea, che gli amici chiamavano Pelle, si erano costituiti parte civile con l’avvocato Lisa Parrini.
La sentenza li ha lasciati affranti. Dopo l’incidente Andrea era rimasto cosciente. Escluso il trauma cranico, i medici si concentrarono sulle fratture al volto. Secondo il pm Vincenzo Ferrigno, tuttavia, i medici trascurarono i risultati della Tac e degli esami ematici, che avrebbero dovuto far ipotizzare un sanguinamento. Sanguinamento che nel giro di alcune ore divenne massiccio.
I genitori ricordano che Andrea aveva forti dolori al petto e alla schiena, interpretati dai medici come la normale conseguenza della botta ricevuta nell’incidente. Invece il ragazzo non aveva riportato soltanto delle fratture ma anche una lesione dell’aorta toracica e perse due litri di sangue in poche ore. Quando i medici del Cto — dove era stato nel frattempo trasferito — si accorsero della emorragia non c’era più niente da fare. Secondo l’accusa, se a Torregalli fosse stata eseguita una Tac total body, la lesione all’aorta sarebbe stata rilevata e a quel punto un intervento cardiochirurgico avrebbe potuto salvare il ragazzo. Secondo i periti nominati dal giudice, invece, i medici di Torregalli non sarebbero responsabili della mancata diagnosi perché si trovarono in presenza di “sintomi subdoli” e non di sintomi chiari della lesione dell’aorta toracica. E anche in presenza di una diagnosi tempestiva, a loro giudizio non sarebbe stato possibile salvare il ragazzo.