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Donne in viaggio: 5 libri da non perdere

Creato il 06 marzo 2023 da Gliscrittori

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Donne viaggio: libri perdere

Professione lettore Di Stefania Bergo. Cinque libri da non perdere le cui protagoniste sono donne in viaggio: Irina, Sara, Lina, Stefania e Telma.

Donne in viaggio. Da sole o in compagnia di altre viaggiatrici, per necessità, lavoro o intraprendenza. Donne che assaporano la libertà di andare inseguendo il bisogno e i sogni.
Irina, la protagonista del memoir di viaggio Respiro Nomade di Irina Pampararo, nasce con la valigia in mano, appena può, parte. Lo fa fin da bambina, quando fugge dalla guerra tra Etiopia ed Eritrea. Da adolescente viaggia per imparare le lingue, appena maggiorenne per frequentare l'università e da adulta per lavoro.
Anche Sara, nel romance Esprimi un desiderio di Valentina Gerini, viaggia, oltre che per bisogno, per lavoro, essendo una assistente turistica. Salvo poi fermarsi in Repubblica Dominicana per amore.
Stefania, invece, la protagonista di un altro memoir di viaggio non-fiction, Con la mia valigia gialla di Stefania Bergo, fuggendo dal Natale si ritrova in Kenya quasi per caso, come volontaria in un ospedale missionario per tre settimane. Il primo di innumerevoli viaggi nella seducente Africa.
La protagonista diTelma di Claudia Gerini scappa invece dalla sua terra natia, il Brasile, per cercare un futuro in Europa.
Così come un secolo prima fa Lina, che parte dall'Italia inseguendo il sogno americano dei primi migranti del '900, nel romanzo storico Biglietto di terza classe di Silvia Pattarini.
Vi hanno conquistato queste donne intraprendenti?

Irina, da Respiro Nomade, il memoir di viaggio di Irina Pampararo

Non c'era momento più entusiasmante di quello in cui decidevo di partire. Mi sdraiavo comoda sul divano e raccoglievo i pensieri: "Da dove comincio?" diceva la mia vocina interiore. [...] Viaggiare per me era una necessità, non un semplice diversivo o una maniera per evadere da una vita ripetitiva, perché la mia vita aveva un gran pregio: non era affatto monotona. Un po' instabile, questo sì. Ma cosa è poi la stabilità, mi chiedevo, non è forse avere il proprio equilibrio interiore, felici di svegliarsi al mattino?
[...] Preferivo partire in compagnia - al contrario di quanto capitava in molti viaggi di lavoro - anche se le esperienze vissute in solitaria erano state illuminanti e piacevoli, grazie alla chiacchiera facile e al non provare imbarazzo nel trovarmi da sola in un ristorante. C'erano state situazioni difficili, questo è indubbio, ma è in quei frangenti che ho imparato a cavarmela e a credere in me stessa.
Non c'è un modo di viaggiare migliore di un altro. Ci sono attitudini, periodi in cui preferiamo partire da soli, altri in cui non potremmo mai farlo. Per me partire con gli amici, il proprio compagno o la famiglia rafforza i legami, cementandoli con ricordi comuni. In compagnia mi sento più al sicuro, propensa a entrare in contatto con nuovi viaggiatori senza filtrarli troppo. La scelta del compagno di viaggio non è scontata: essere amici non basta, occorre essere in sintonia, pronti al compromesso e alla condivisione degli spazi, oltre ad avere un'idea di budget non troppo disallineata. Io sono stata fortunata. Ho trovato compagni che avevano il mio stesso modo di preparare lo zaino: lo riempivamo di curiosità e lasciavamo le aspettative a casa. [...] I momenti qualunque diventavano speciali e le vacanze più appaganti. Poco importava se ci sentivamo più turisti o viaggiatori e quali fossero le mille distinzioni tra gli uni e gli altri; o se pensavamo di partire per un viaggio sulle orme di Kerouac, Chatwin o Terzani mentre in realtà andavamo in vacanza. Importava, invece, quanta voglia di partire avessimo e come ci attivassimo per farlo.
[...] Con il mio zaino in spalla mi sento bene. Sono libera di darmi del tempo per assaporare il viaggio, evito di visitare troppe destinazioni in pochi giorni, presa dalla smania di vedere tutto; mi calo il più possibile nella realtà circostante, mi lascio guidare dal caso, dagli incontri fortuiti e dall'imprevisto. Ho sempre cercato di guardarmi intorno, di godere delle cose semplici, gustando un sapore, cogliendo uno sguardo, ascoltando un suono, ricevendo un sorriso caldo.

Sara, da Esprimi un desiderio, il romance di Valentina Gerini

Non mi avrebbero mai perdonato, per averli avvertiti così, dopo anni di collaborazione, con una misera telefonata: "Da domani non lavoro più". Alle loro domande avevo risposto semplicemente: "Vado a vivere a Santo Domingo". Pensai fosse meglio tagliare corto, non darmi margine di trattativa, per evitare un ripensamento, perché lasciare un lavoro del genere, tanto splendido quanto spassoso, era assolutamente da pazzi. Avrebbero trovato migliaia di persone disposte a fare quella vita, a essere pagate per viaggiare, ne ero certa, ma questo non mi faceva dubitare della scelta fatta.
[...] Valutammo bene le varie aree turistiche, la qualità della vita, i costi, le possibilità di lavoro, la distanza dal ristorante di José. Alla fine, scegliemmo un piccolo villaggio di pescatori chiamatoBayahibe, inserito all'interno di una movimentata area turistica prettamente italiana e francese. Il paese era piccolo, quasi fiabesco con le sue minuscole case in legno colorate di azzurro, rosa e tutti gli altri colori pastello. [...] Ciò che impensabilmente mancava, notammo, era un centro di servizi turistici. Si incontravano un paio di centri diving, sempre nella zona del porto, qualche noleggiatore di auto, ma nessuno che organizzasse tour dalla A alla Z o che offrisse servizi turistici di qualsiasi genere. [...] Questo ci fece decidere di creare lì la mia attività. Grazie alla mia lunga esperienza in campo turistico avevo ben chiaro ciò che volevo fare: una agenzia che offrisse qualsiasi tipo di servizio legato al turismo, dalle escursioni al noleggio di auto, moto e autobus, dai transfert aeroportuali ai trasferimenti privati in ogni parte dell'isola, dalla prenotazione degli alberghi alla costruzione di vacanze su misura, dall'affitto di appartamenti a lussuose ville, dalla prenotazione di voli domestici alla vendita di biglietti aerei internazionali, tutto questo rivolto a una clientela nazionale e internazionale.

Lina, da Biglietto di terza classe, il romanzo storico di Silvia Pattarini

Lina aveva deciso di partire per la Merica. Quella idea fissa la martellava nell'arco della giornata e si insinuò nelle viscere fino a toglierle il sonno. Si svegliava all'alba più stanca di quando si coricava, con quella fissazione in testa. Ogni suo pensiero era per la Merica, e per la sorella che stava già là, oltre oceano. C'era solo un problema, le occorreva del denaro.
[...] Quello fu l'ultimo Natale che Lina trascorse in famiglia e in Italia. Grazie al denaro inviato a casa mensilmente da Emilia, i genitori stavano estinguendo l'antico debito contratto in precedenza. Poiché appoggiavano la sua intenzione di raggiungere la sorella oltre oceano, erano riusciti, sia pure con enorme sacrificio, a vendere Mora, la mucca più grande e metterle da parte circa cento lire, che sommate a quanto guadagnato alla filanda, ammontavano a duecento lire. Lina ora disponeva di denaro sufficiente per acquistare un biglietto di sola andata in terza classe. Le mancava solo il passaporto. Per ottenerne il rilascio la prassi burocratica non era cosa da contadini: occorreva farne esplicita richiesta, a voce o per iscritto, al sindaco del comune di residenza, il quale dopo aver rilasciato il nulla osta provvedeva, nel minor tempo possibile, a farne richiesta alle autorità competenti.
Per sua fortuna, dal 1901 il passaporto e il nulla osta erano rilasciati in forma gratuita, esenti da tasse e marche da bollo, per coloro che dichiaravano di recarsi all'estero per motivi di lavoro, compresi eventuali componenti del nucleo famigliare. Avrebbe impiegato quei soldini risparmiati in altri progetti, pensava già a un bel vestito nuovo.
[...] I documenti erano pronti, un bel passaporto nuovo di pacca e la misera valigia di cartone. [...] La strada non era sicura; la vita delle donne sole non valeva nulla, potevano diventare facile preda di qualche malintenzionato o di briganti. Sua sorella l'aveva messa in guardia nell'ultima lettera. [...] Lina previdente, aveva portato nel misero fagotto anche dei vestiti da uomo.
La mattina successiva, riparatasi in una tiepida stalla, tirò fuori dal sacco una giacca, braghe e cappotto. Li indossò, raccolse i capelli in un ciuffo ben stretto e li nascose sotto un cappello a falde larghe preso in prestito dal fratello. Le altre due donne la guardarono meravigliate. "È una trovata geniale!" affermò Maria entusiasta della novità. [...] Con Lina così conciata, sembravano una vera famiglia composta da madre, figlio e figlia, nessuno le avrebbe importunate. Con un uomo giovane e forte al seguito, avrebbero portato loro rispetto.

Stefania, da Con la mia valigia gialla, il memoir di viaggio di Stefania Bergo

Londra-Nairobi sono circa otto ore. Durante il viaggio ho dormito a lungo, mangiato dell'accettabile pesce speziato − che ho ordinato solo perché non ho capito in cosa consistesse l'alternativa −, sbirciato appena i film in programmazione in lingua originale.
Arrivo che è ormai sera. Una sera tiepida di fine dicembre. Scendo dall'aereo annusando l'aria, tentando di carpire subito il profumo dell'Africa. Ho il giubbotto invernale legato ai fianchi. "Qui non mi servirà", mi dico felice. Faccio la fila per il visto, cercando di cogliere almeno qualche parola di italiano attorno a me. Scorgo tra la folla un paio di ragazze dirette in qualche missione, a giudicare da come sono vestite e dalla chitarra logora che una di loro porta legata a tracolla con lo spago. Guardo l'impiegato che timbra la pagina del mio passaporto. Ecco, ora sono ufficialmente in Kenya. "E ci sono arrivata da sola", penso con orgoglio. Mi sento persino più grande.
[...] Sono sola, realizzo. Ed è sera. Sera a Nairobi. [...] "Ok, niente panico." [...] Forse ho trovato un amico. Ken − questo è il suo nome − trascina la mia pesante valigia gialla fino alla macchina e mi fa accomodare sui sedili posteriori. Mi siedo abbracciando il mio zainetto. Stringo il cellulare tra le mani in attesa di un messaggio e m'incollo al finestrino cercando di vedere. Ma nel buio riesco a scorgere poco.
[...] "Dovrei farmi prendere dallo sconforto, magari diventare isterica e cominciare a piangere", penso, chiedendomi perché riesco persino a godermi l'aria tiepida della notte e sorridere. [...] Dopo qualche minuto, la madre superiora del convento, che ho fatto chiamare su suggerimento dell'autista, viene a vedere che succede, seguita da un paio di ragazze. Le spiego chi sono, cosa sono venuta a fare in Africa. E lei mi accoglie a dormire in una delle celle destinate alle suore [...] dato che Flora, la madre responsabile dell'ostello, continua a rifiutarsi di farmi entrare. [...] È una stanzetta minuscola, con un lettino appoggiato al muro, un lavandino con un piccolo specchio, una sedia... E basta, non ci sta altro. A stento riesco a farci entrare la mia valigia gialla. Chiudo la porta e mi ritrovo seduta sul letto, da sola. Mi lavo i denti e mi infilo ancora vestita sotto alle coperte. E nel buio della stanza sento tutto il calore che stavo cercando e per cui ho viaggiato tanto. Il calore della vita pulita, semplice, essenziale.

Telma, da Telma, il romance di viaggio di Claudia Gerini

In realtà il viaggio si rivelò un vero disastro. Papae, dopo due giorni in cui non mi aveva mai rivolto la parola, entrò in camera mia la sera prima della partenza, si avvicinò mentre stavo ancora cercando di capire cosa mettere in valigia e cosa invece non mi sarebbe sicuramente servito, appoggiò la sua mano callosa e screpolata sulla mia spalla e con un filo di voce tremante mi dis-se: "Se è questo che veramente ti rende felice vai, vai e rendimi fiero di te". Io l'abbracciai stretto, stretto, persa tra quelle braccia forti che mi avevano sempre fatta sentire protetta e al sicuro. Fu l'ultima volta che vidi mio padre.
[...] La mamma, la zia e io partimmo cariche di valigie, dirette al piccolo molo per imbarcarci sul traghetto che faceva la spola tra il continente e l'isola. Arrivate dall'altra parte ci attendeva un lungo viaggio fino all'aeroporto dove, nel tardo pomeriggio, avrei preso l'aereo che mi avrebbe portata nel primo continente. Il signor Luigi aveva dato istruzioni ben precise. Dall'aeroporto di Salvador de Bahia mi sarei imbarcata sul volo intercontinentale che mi avrebbe portato in Svizzera, dove avrei preso la coincidenza per Firenze. [...] In teoria sembrava tutto molto semplice e poi, come diceva l'italiano, ci sarebbero state le hostess a pensare a me.
Ma il viaggio su quell'aereo si era rivelato tutt'altro che comodo. Il grande Boing 747, che visto da fuori sembrava enorme, aveva in realtà delle poltroncine piccole e scomode su cui avrei dovuto passare nove ore, e la prospettiva di dover cercare di prendere sonno in quella posizione non era affatto allettante. [...] Un brivido mi passò lungo la schiena. E se fosse andato tutto storto? E se in Italia mi fossi trovata male? E se il Signor Luigi, che sembrava una persona perbene e così simpatica fosse stato, invece, un maniaco che veniva in Brasile a accalappiare le sue vittime? In fondo io non lo conoscevo per niente, eppure avevo deciso di lasciare mamma e papà per andare dall'altra parte del mondo a casa di un perfetto sconosciuto per badare ai suoi figli, quando ancora ero praticamente una ragazzina anch'io.

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