Cover di Elisabetta Baldan Pagine: 123 Formato Kindle Prezzo: 2,26 Disponibile per il download immediato su amazon
Descrizione:
Joshua si terse le lacrime con il dorso della mano, lasciandosi inebriare da un senso di meraviglia.
Accarezzò con lo sguardo ogni singola foglia, ogni sasso sparso sul sentiero fino a raggiungere piccoli piedi che sfioravano l'acqua del ruscello.
Scelse di risalire piano la figura che pur già conosceva per assaporarne ogni centimetro.
I suoi occhi e il suo cuore si riempirono poco a poco fino a traboccare in un unico, intenso sospiro.
« Maya. . . »
I sogni racchiudono i desideri, le fantasie e a volte anche le paure degli uomini. Che succederebbe se ne fossimo privati?
È quello che cercherà di impedire Joshua, approdato a Chissà Dove, il magico regno in cui la fata Maya custodiva i sogni prima che il perfido Nergal la depredasse e le strappasse le ali riducendola in fin di vita.
La sua impresa, costellata di splendidi capolavori disegnati sull’asfalto, si intreccia con le indagini del Commissario Zanetti, che lo riterrà un pericoloso serial killer, e con la rinascita di Daniel, un bambino appena uscito dal coma, che ha promesso a Maya, la sua salvatrice, due ali fatte di petali bianchi... Breve estratto:
Capitolo 1
Joshua s’incamminò in una surreale notte d’inverno.
Si inerpicò con indolenza per la salita e strizzò un occhio al disco pallido della luna. Nessuna complicità, solo un gesto compulsivo che lo perseguitava da anni.
Da troppo tempo ormai aveva perso il controllo. Azioni e pensiero avevano organizzato una rivolta contro la sua volontà rendendolo schiavo. Schiavo dell’impulso che gli spremeva le palpebre a intervalli regolari, dello spasmo che gli fletteva il collo sull’omero sinistro con altrettanta puntualità, dei sonniferi, dei tranquillanti, dell’ossessione per le porte aperte e della sua fragilità.
Il castello si stagliava austero in cima alla collina, perfettamente incasellato nella sua ambientazione da fiaba, affascinante e inquietante al tempo stesso.
«Ma cosa ci vado a fare?» si chiese Joshua ancora indeciso se proseguire verso un insolito destino o ritornare alla sua quotidianità.
Era in cammino con altri esseri. Più che vederli li sentiva ansimare e arrancare verso la meta.
Una ventina di reietti approdati all’ultima spiaggia. Quasi poteva udire lo sferragliare di catene, lui che aveva speso la quasi totalità dei suoi trent'anni legato al ceppo di un imprecisato disturbo psichico.
Un gruppo di persone messe insieme a casaccio, accomunate unicamente dallo spettro di una dipendenza e da un desiderio più o meno vago di libertà.
Joshua ne avvicinò uno qualunque, la Marlboro malferma tra indice e pollice. «Mi fai accendere?»
Il tossico lo pugnalò con un’occhiata obliqua. «Non ti hanno detto che devi arrivare pulito al castello? Ta’Ziyah raccomanda di sospendere l’uso di qualsiasi sostanza almeno un paio di giorni prima del seminario.»
«È solo una sigaretta.»
«Nicotina» lo corresse l’altro in tono saccente. «Crea dipendenza come qualsiasi altra droga.»
«Quand’è così tanto meglio, se è vero che l’iboga funziona mi libererà anche da questo.»
«Certo che ti libererà, fratello.» Questa volta il tossico sembrò meno convinto di prima.
«Allora, hai da accendere?» l’incalzò Joshua per nulla intenzionato a desistere.
Trascorsero pochi attimi in cui il silenzio fu interrotto solo da un lesto rimestare nelle tasche, poi una mano scheletrica dalle unghie contornate di nero gli porse un accendino.
«Non è che ne avresti una anche per me? Dopotutto non credo che un paio di tiri possano interferire con il trattamento. Domani saremo immacolati come bambini e Ta’Ziyah non si accorgerà neanche di questa infrazione.»
Joshua ammiccò, piegò la testa e sorrise. «Domani» ripeté quasi tra sé e accelerò lasciando indietro il compagno.
La scarpinata sembrava senza fine. Ripetutamente Joshua esitò e imprecò contro la sua stessa ostinazione. L’iboga non poteva che essere l’ennesimo miraggio. Era sempre stato diverso e solo. Forse era nato per essere così.
Avrebbe fatto meglio a rassegnarsi e lasciar perdere. Tornare a casa, andarsene a dormire e alzarsi cento volte nel cuore della notte per accertarsi di aver chiuso bene la porta.
È incredibile quanto dolore possa entrare da una porta aperta…
La minuscola brace della sigaretta che languiva tra i sassi fu l’ultima immagine a rimanere impressa con chiarezza nella sua mente vigile, poi le fauci del castello lo inghiottirono e nuove tonalità di rosso si mescolarono al grigio delle sue iridi... [continua]
E per saperne di più...
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Miriam Mastrovito - Autrice