3 giugno 2015 di Dino Licci
Jelenato Dorovic: La battaglia sotto il mare
L’idea di scrivere qualcosa sul misterioso modo di riprodursi che hanno le anguille, mi è venuta ascoltando la popolare trasmissione televisiva “l’eredità” condotta da Carlo Conti, che è incappato, giorni fa, in un errore trascurabile ma grossolano per chi abbia studiato biologia o scienze naturali. E’ bene quindi chiarire che le anguille non hanno uno scheletro cartilagineo come i Selaci, ma completamente ossificato come negli altri Teleostei. Ciò detto, mi sembra molto interessante parlarvi del meraviglioso viaggio che questi misteriosi esseri intraprendono per la loro riproduzione. Solo di recente le abitudini riproduttive delle anguille sono state capite a fondo, essendo rimaste avvolte nel mistero nonostante si sia cercato di studiarle sin dai tempi di Plinio il Vecchio che, come Aristotele, era convinto che le anguille si generassero spontaneamente dal fango.
Dobbiamo a tre studiosi italiani, lo scienziato Carlo Mondini prima, i naturalisti Giovanni Battista e Salvatore Calandruccio poi, la scoperta che i “Leptocefali”, piccoli pesci trasparenti, che vivono nel mar dei Sargassi in pieno oceano atlantico, si trasformano prima in “Ceche” perdendo la loro trasparenza e assottigliandosi sempre di più, finalmente nell’individuo adulto col corpo sempre più affusolato tipico delle anguille. Le femmine di questa specie poi, hanno dimensioni maggiori rispetto ai maschi e prendono il nome di “Capitoni” come ben sa chi è solito consumarli nelle cene di Natale. Ma il fatto strabiliante della loro esistenza, riguarda il loro modo di riprodursi, che è stato chiarito grazie soprattutto agli studi di un oceanografo, il danese Johannes Schmidt. Egli osservò che le larve delle anguille si trovano appunto nel mar dei Sargassi dove le femmine depongono le uova ad una profondità di circa 450 metri per modo che siano al riparo dai predatori che solcano mari più bassi. Una volta schiuse le uova fecondate dagli individui maschi, nascono le larve e la loro metamorfosi dura fino a tre anni (un anno per le specie americane), tempo occorrente per raggiungere le foci dei fiumi europei nelle quali acque salmastre si fermano i maschi, mentre le femmine risalgono i fiumi fino a raggiungere specchi d’acqua lontani dal mare. Vivono così la loro vita di femmine adulte per circa una decina d’anni nascondendosi nel fango di giorno e nutrendosi di organismi vivi o in decomposizione durante la notte. Ma il fatto strabiliante consiste nel fatto che, a un certo punto della loro esistenza e non è dato sapere a quale stimolo obbediscano, raggiungono i maschi nelle foci dei fiumi, cambiano la loro livrea da verde bronzata in argentea per meglio mimetizzarsi alle profondità oceaniche, e intraprendono un lungo viaggio senza ritorno fino appunto al mare dei Sargassi dove finalmente si riproducono e muoiono. Questa lunga migrazione segue al contrario la “Corrente del Golfo” cioè si compie percorrendo a ritroso i 7000 chilometri che le aveva condotte in Europa quando erano allo stato larvale e forse lasciandosi semplicemente trascinare dalla corrente. Tutto ciò è strabiliante e non può non far pensare ad una mente superiore che regola le leggi della Natura. “Deus sive natura” ci suggerisce Spinoza. Ma tutti i razionalisti del mondo da Leucippo a Democrito, da Epicuro a Lucrezio, da Cartesio a Leibniz, da Seneca a Voltaire, ricercano Dio proprio avvalendosi dall’osservazione dei fenomeni e cercando una spiegazione logica del loro misterioso divenire. Sono cioè “Deisti” contrapponendosi ai “Teisti”, che ricercano nei testi sacri la loro dogmatica Verità.