Il mercato italiano delle armi: una prospettiva geopolitica

Creato il 10 aprile 2011 da Bloglobal @bloglobal_opi

di Maria SerraL’impegnoONU/NATO in Libia ha suscitato numerosi dibattiti sulle capacità militaridell’Italia rispetto agli altri partner europeiimpegnati sullo scenario nordafricano e sulle sue possibilità di assumere unaposizione di rilievo nel contesto mediterraneo. Al di là di ogni possibileconsiderazione in merito, esiste un aspetto importante che sottolinea l’attualeruolo dell’Italia nell’ambito euro-mediterraneo, ed è quello relativoall’esportazione delle armi. Un’analisi dell’impegno dell’Italia – passato eattuale – in questo settore permette di trarre alcune considerazioni siasull’attuale che, soprattutto, sulla futura posizione politica-militareitaliana nei principali contesti regionali (e forse anche globale). Ilnostro Paese ha un posto di rilievo a livello mondiale nell’esportazione dellearmi: figura, infatti, fra i primi dieci esportatori al mondo (sette dei quali,fra l’altro, sono Paesi UE). Dopo un andamento altalenante nel corso degli anniNovanta, l’export italiano degliarmamenti ha ritrovato un nuovo dinamismo: le autorizzazioni alle esportazioni,nel periodo compreso tra il 2001 e il 2009, sono cresciute da 1,2 a 4,9miliardi di euro. Gli ordini della nostra industria militare sono praticamentequadruplicati, forse anche in ragione dell’aumento degli scenari di crisimondiali. Al volume delle autorizzazioni non corrisponde comunque il valoredelle consegne effettive (2,2 miliardi di euro), innanzitutto perché questiultimi sono dati di provenienza doganale (e che quindi non tengono inconsiderazione gli spostamenti immateriali) e poi a  causa delle revisioni burocratiche e dellecomplessità tecniche. 

Volume (espressi in milioni di di euro) delle esportazioni italiane (periodo 2001-2009)


Perquanto riguarda i mercati di esportazione, questi dipendono inevitabilmente dalsistema di alleanze economiche, politiche e militari in cui l’Italia èinserita, e quindi dall’appartenenza all’Unione Europea e alla NATO. Tuttavia,se negli anni Novanta i principali destinatari sono stati i Paesi dell’EuropaOccidentale, dell’America Settentrionale e altri Paesi industrializzati,l’attenzione dal 2000 si è spostata verso altre aree geopolitiche: innanzituttoi Paesi dell’Europa Orientale, che dopo gli ingressi nell’area comunitaria sonodiventati partner militaristrategici, ma soprattutto il Mediterraneo e il Medio Oriente sono diventatedelle fondamentali area di esportazione, specialmente nell’ultimo quinquennio.Turchia e Arabia Saudita precedono Stati Uniti, Gran Bretagna e Germania nellalista dei Paesi importatori e questi ultimi sono immediatamente seguiti daEmirati Arabi Uniti, Pakistan e India. Consistenti, infatti, sono anche leconsegne effettuate verso i Paesi dell’Asia e dell’Oceania (Singapore eMalaysia). Si tratta di un aspetto significativo e mai sufficientementesottolineato, che dimostra che il nostro Paese non è presente nei mercati piùsviluppati. Questorapporto privilegiato con i mercati mediorientali è confermato dal Rapporto2010 sui lineamenti di politica del Governo in materia di controllodell’esportazione[1], dell’importazione e del transito dei materialid’armamento presentato il 1 aprile dalla Presidenza del Consiglio dei Ministri.Il volume delle esportazioni verso l’Africa Settentrionale e il Vicino e MedioOriente per il 2010 è del 49,1%, per un valore complessivo di 1,4 miliardi dieuro (seguono Europa al 24,6%, America Settentrionale e Asia al 10,3%). Questidati confermano che il nostro mercato principale è fuori dall’area NATO.Iprincipali partner commerciali dell’ultimo anno sono stati Emirati Arabi Uniti,Arabia Saudita e Algeria, che hanno acquistato tramite le nostre principaliimprese esportatrici (Alenia Aeronautica, Fincantieri, Augusta Westland, Wass)bombe, siluri razzi, aeromobili e apparecchiature elettroniche. Perquanto riguarda i rapporti con la Libia (le forniture alla quale risalgono aitempi della Guerra Fredda), dopo la fine dell’embargo (durato dal 1988 al 2003)l’Italia ha rafforzato con Tripoli i propri rapporti in materia di Difesa(l’art. 20 del Trattato di Amicizia, Partenariato e Cooperazione del 2008 prevedeun forte ed ampio partenariato industriale nel settore della Difesa e delleindustrie militari), ma le ha destinato comunque solo il 2% del proprio export. Ma secondo il Rapporto dello“Stockholm International Peace Research Institute” (l’istituto svedese chemonitora il commercio delle armi e il processo di disarmo) le esportazioniitaliane al Paese nordafricano hanno comunque rappresentato un terzo delleesportazioni complessive autorizzate dall’UE verso la Libia stessa. Si ètrattato, ad ogni modo, di esportazioni destinate ad usi civili e sicurezza ingenerale. Dopo di noi proprio la Francia, che ha destinato alla Libia armi per143 milioni di euro. Comunquesi vogliano interpretare, tutti questi sono dati che dovrebbero suscitare piùdi qualche riflessione sul ruolo geopolitico dell’Italia. La crescente presenzadell’Italia sul mercato mondiale delle armi (siamo il quinto esportatore e, inparticolare, sul mercato mediterraneo e mediorientale, ci rende più competitivie capaci di assurgere nuovi ruoli su contesti regionali di importanzastrategica. Nonostante la debolezza dell’Italia rispetto agli altri Paesieuropei, che riescono ad agire sugli scenari di crisi in maniera più incisivaanche perché, oltre alla solidità degli apparati militari, mantengono ancoraforti interscambi e capacità di penetrazione di retaggio coloniale, il nostroPaese può avere comunque un peso determinante. I dati appena osservatidimostrano, ancora una volta, il rapporto privilegiato con la Turchia,l’ingresso della quale nell’Unione Europea l’Italia sta perorando da un po’ ditempo e che potrebbe costituire un elemento di sostegno importante per unapolitica militare europea effettivamente comune e per un ulteriorerafforzamento del sistema NATO. Un consolidamento dei rapporti in materia diDifesa con Ankara potrebbe dunque giocare un ruolo determinante sia per ilrafforzamento del nostro apparato difensivo, sia, in una prospettiva dibreve-medio periodo, per la nostra collocazione geopolitica regionale eglobale. 
[1] Questo strumento èpredisposto dalla L.185/1990 sulle nuove norme sul controllo dell’esportazione,importazione e transito dei materiali di armamento. Fu una legge voluta aseguito di numerose denunce, iniziate dalla seconda metà degli anni Ottanta,per traffici verso Paesi sottoposti ad embargo ONU (Sud Africa), in conflitto(Israele, Iran, Iraq) o ai quali erano già destinati aiuti allo sviluppo aseguito del miglioramento della legislazione in sostegno ai PVS.
* Maria Serra è Dottoressa in Scienze Internazionali (Università di Siena)

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