Il messaggio cristiano di Tolkien

Creato il 31 dicembre 2014 da Alessandro Zorco @alessandrozorco

«Nella letteratura contemporanea Tolkien ritrae in Bilbo e Frodo l’immagine dell’uomo che è chiamato a camminare e i suoi eroi conoscono e attuano, proprio camminando, il dramma della scelta tra il Bene e il Male, ma è una lotta in cui non manca la dimensione del conforto e della speranza». Nell’omelia di Pasqua del 2008 Papa Francesco, allora cardinale, sottolineava il parallelismo tra l’opera di John Ronald Reuel Tolkien, soprattutto Il Signore degli Anelli e Lo Hobbit, resi celebri dagli omonimi film del regista Peter Jackson, e il messaggio evangelico. «L’uomo in cammino – proseguiva Bergoglio – ha in sé la dimensione della speranza, entra nella speranza: in tutta la mitologia e nella storia risuona l’eco del fatto che l’Uomo non sia un essere fermo, stanco, ma sia chiamato al cammino e, se non entra in questa dimensione, si annulla come persona e si corrompe».

Proprio l’aspetto spirituale e religioso dell’opera di Tolkien colto da Papa Francesco è ciò che più colpisce del saggio dal titolo “Scettro d’Oro o dominio di Ferro? Le armate della fantasia” in cui il ventenne Florio Scifo, studente dell’Università Pontificia Salesiana di Roma (Lettere Classiche e Cristiane) rilegge la vastissima opera di Tolkien.

Il saggio è stato presentato nei giorni scorsi all’istituto salesiano San Giovanni Bosco di Cagliari dove l’autore ha conseguito la maturità classica.

Dopo aver conosciuto Tolkien attraverso i film di Peter Jackson, Florio Scifo ha letto tutti i libri e i saggi critici su quello che semplicisticamente viene considerato l’iniziatore del genere Fantasy. La sua passione lo ha spinto a fare proprio su Tolkien la tesina all’esame di maturità dalla quale è scaturito questo saggio.

Amato, odiato e spesso (soprattutto da noi in Italia) strumentalizzato per ragioni politiche, Tolkien è stato spesso considerato una sorta di letterato di serie b. Viceversa – lo ha spiegato Giorgio Tuberoso, docente di Italiano e Storia dell’Arte al Liceo salesiano di Cagliari – Tolkien è molto più di un romanziere: ha infatti creato un’epica moderna, un mondo, la Terra di Mezzo, con la sua geografia e le sue lingue (che a loro volta hanno precise regole sintattiche, morfologiche e grammaticali).

Tolkien: viaggio nella Terra di Mezzo

Oltre quella del viaggio iniziatico che tra mille peripezie muta profondamente l’animo di tutti i protagonisti (a partire dagli Hobbit Frodo e Bilbo Baggins), il saggio di Florio Scifo evidenzia numerose tematiche che consentono di capire profondamente l’universo di Tolkien, un mondo che trae linfa vitale soprattutto dalle saghe nordiche, dall’epica medievale e dalla mitologia classica. Il grande pregio di Tolkien – ha spiegato l’autore durante la presentazione del libro – è infatti quello di trasporre i temi e i valori perenni presenti nella mitologia e renderli più accessibili, con un linguaggio più consono ai tempi moderni.

Sin dall’antichità l’uomo – prima con i miti e poi con le fiabe (che per Tolkien sono la stessa cosa) – ha infatti sentito l’esigenza di andare oltre la realtà contingente per fissare e tramandare i grandi valori perenni (Coraggio, Lealtà, Onore, etc).

Ecco che anche l’opera di Tolkien risponde a questa insopprimibile esigenza dell’animo umano di trovare delle risposte alte all’esistenza.

Tutta l’opera dello scrittore inglese è permeata dalla sua fede cattolica ma l’elemento religioso – ha evidenziato Florio Scifo – non è mai reso manifesto. E’ sempre implicito. Le vicissitudini dei protagonisti sono mosse da una forza divina che muove gli uomini verso il Bene. E il gesto pietoso di Bilbo che, nella grotta degli orchi, risparmia il Gollum, un gesto fondamentale per il prosieguo della storia, rende bene il senso della Provvidenza e della carità cristiana.

Uomini, Elfi, Hobbit, Nani e Orchi

Nel saggio di Florio Scifo è dato molto spazio anche all’analisi delle diverse razze che popolano la Terra di Mezzo.

Gli Elfi sono esseri immortali e immutabili e rappresentano l’aspetto artistico, estetico e puramente spirituale della natura umana. Eppure proprio nella loro perfezione è paradossalmente racchiusa la loro debolezza rispetto alle altre razze: sono incapaci di accettare la sofferenza.

Gli Hobbit e i Nani rappresentano invece il materialismo: i primi, con la loro semplicità, incarnano la concretezza e il materialismo positivo, i secondi quello negativo: sono avventurieri, individualisti e egoisti che hanno come solo obiettivo quello di cercare tesori e per questo perdono di vista i veri valori della vita.

Gli Uomini sono la razza che racchiude tutti questi aspetti, ma con varie sfumature. Se Aragorn, il Ramingo che diventa Re, rappresenta l’uomo nel suo senso più alto e valoroso, Boromir – che cerca di rubare l’anello a Frodo – rappresenta l’uomo corruttibile, l’uomo che cede alle lusinghe del potere.

Infine gli Orchi. Gli orchi sono le uniche creature della saga di Tolkien che non possono essere redente. Confermando la sua visione cristiana della Terra di Mezzo, Tolkien spiega che gli orchi non sono stati creati, ma solo modellati dal Male che li dirige, sono elfi (le creature perfette) corrotti dalle arti magiche. Nella realtà, scrive Tolkien in una delle tante lettere al figlio impegnato sul fronte della seconda Guerra Mondiale, non esistono creature così malvage da non poter essere redente perché l’idea di fondo dello scrittore inglese è che il Creato di per sé è una cosa buona in quanto viene da Dio.

In pratica la saga del Signore degli Anelli, più che una metafora della lotta tra Bene e Male come viene abitualmente interpretata, è l’allegoria della lotta per il potere, rappresentato appunto dall’anello forgiato da Sauron sul Monte Fato e che lì deve essere distrutto. E visto che la Terra di Mezzo non è altro che la nostra terra, seppure in un’epoca imprecisata, l’opera di Tolkien è assolutamente attuale ancora oggi.

Tre anelli ai Re degli Elfi sotto il cielo che risplende,

Sette ai principi dei Nani nelle lor rocche di pietra,

Nove agli Uomini mortali che la triste morte attende,

Uno per l’Oscuro Sire chiuso nella reggia tetra,

Nella terra di Mordor dove l’Ombra nera scende.

Un anello per domarli, un anello per trovarli,

un anello per ghermirli e nel buio incatenarli,

nella Terra di Mordor dove l’Ombra cupa scende.

Tolkien – Il Signore degli Anelli

Tra le altre creature fantastiche di Tolkien ci sono poi gli Stregoni, definiti dal giovane Florio Scifo come una sorta di “angeli custodi” della Terra di Mezzo, anch’essi con le loro precise connotazioni spirituali. In primo luogo Gandalf, la cui trasformazione da Grigio Pellegrino a Gandalf Il Bianco che avviene nel Signore degli Anelli ricorda molto da vicino la Trasfigurazione di Cristo sul Monte Tabor: lo stregone buono è in grado di rifiutare le insidie dell’anello del potere (come fa Aragorn e come fa anche Frodo, seppur con qualche cedimento). E poi Saruman, il capo degli stregoni che alla fine si schiera dalla parte del Male assoluto, Sauron.

Seppure l’opera di Tolkien sia un susseguirsi di battaglie cruente che devastano la Terra di Mezzo, in una delle lettere al figlio Tolkien (che a sua volta era stato molto colpito dalla sua esperienza in trincea durante la prima Guerra Mondiale) parla della guerra come una grande mistificazione: la guerra, insomma, non risolve i mali del mondo ma semmai è fonte di altri mali.

L’interessante saggio di Florio Scifo analizza a fondo i personaggi, scava, traccia nuovi percorsi per comprendere il complesso universo di Tolkien che, secondo il giovane saggista cagliaritano, deve essere considerato a pieno titolo un esponente della letteratura classica in quanto “lo scopo della letteratura classica è far sì che il lettore assuma in sé qualcosa di ciò che ha letto e che questo quid contribuisca a renderlo una persona migliore”.

Quello di Tolkien è infatti un grande messaggio di speranza: “Non bisogna lasciarsi abbattere dalle difficoltà e dalle sofferenze – ha spiegato il giovane Scifo - possiamo andare oltre i limiti della nostra esistenza e soffermarci sui principi primi della realtà per affrontare la vita con una marcia in più”.

Il titolo del saggio è tratto da una poesia dello stesso Tolkien: lo scettro d’oro – ha spiegato Scifo – è lo strumento che l’artista possiede per combattere contro il conformismo e non arrendersi al Dominio di ferro di coloro che si oppongono all’arte e vogliono uniformare il pensiero.

L’artista Tolkien usa dunque lo scettro d’oro della fantasia per consentire al lettore di astrarsi e dare una diversa lettura della realtà visibile cogliendo i veri valori perenni al di là di qualsiasi conformismo, ideologia e pensiero unico dominante. Un modo di raccontare per immagini e simboli per la verità molto simile a quello utilizzato da Gesù nelle sue parabole.

La fantasia rimane un diritto umano: creiamo alla nostra misura e nel nostro modo derivato perché siamo stati non solo creati ma fatti ad immagine e somiglianza di un Creatore.

Tolkien – Saggio sulle fiabe

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