Avatar, è il film del momento, tutti ne parlano e, una volta tanto, moltissimi, per la fortuna del cinema in generale, vanno a vederlo.
Si tratta di un capolavoro assoluto? Non lo credo, altrimenti le sale cinematografiche non si riempirebbero di certo…I veri capolavori non sono mai compresi da subito.
Tuttavia ho deciso di parlarne su questo blog perché ritengo che il film abbia molti pregi sia per il messaggio ecologista che lancia che per il suo indubbio valore sul piano storico-cinematografico.
Avatar si avvia a diventare a breve il film con il maggior incasso della storia del cinema. Milioni di persone lo hanno già visto ed altrettante si apprestano ad andare a vederlo. Il successo del film a livello planetario è tale che non ci si può limitare a considerarlo un semplice fenomeno di moda. Chi di voi fosse intenzionato a vedere questa pellicola si armi della pazienza necessaria a fare una lunga coda per accedere al cinema, si prepari a pagare un prezzo superiore alla norma ( costo del biglietto nei cinema di Firenze, euro 10,50) e soprattutto si appresti ad indossare gli ormai famosi e indispensabili occhialini per la visione tridimensionale.
Ammetto che assistere alla visione di un film con la sala pressoché esaurita è qualcosa che non sperimentavo ormai da tempo.
Da appassionato di cinema reputo questo un fatto importante e positivo. C’era davvero bisogno di dare nuovo ossigeno alle sale cinematografiche ormai in declino e affollate solo una volta all’anno in occasione delle feste natalizie. Ben vengano dunque film in grado di invertire questa tendenza. Sarò un nostalgico, probabilmente, ma per me i film vanno visti prima di tutto al cinema.
Cos’è dunque che spinge anche il pubblico più restio ad andare a vedere Avatar?
Tra i pregi del film vi è senza dubbio la grande capacità di coinvolgimento dello spettatore in un mondo parallelo dentro al quale è possibile immergersi a prescindere anche dagli strabilianti effetti del 3 D. Sono convinto che al successo del film stia contribuendo la sua proiezione tridimensionale, ma sono pure altrettanto convinto che il film avrebbe avuto ugualmente un successo eclatante anche se fosse stato distribuito solo in versione 2D.
Tra l’altro ho trovato un po’ faticoso mantenere questi pesanti occhialini per l’intera durata del film, (oltre 160 minuti). E non sono affatto certo che il 3D, in generale, sia poi quella rivoluzionaria invenzione che dicono.
I veri effetti speciali che Avatar produce nello spettatore sono quelli dell’immedesimazione che offre la trama che pure è costruita su meccanismi estremamente semplici e forse per questo facilmente comprensibili da tutti. Tutte le storie che si accavallano e sono narrate nel film ci sono già state raccontate in passato. Sono decine i film che Avatar può ricordarci: da Balla coi Lupi a Pocahontas, da Jurassic Park a Titanic ( che per inciso, per chi non lo sapesse, è stato realizzato nel 1997 dallo stesso regista di Avatar, James Cameron), solo per citarne alcuni, e per non parlare degli innumerevoli esempi di meta cinematografia (il cinema al cinema) che richiamano film come Effetto notte di Truffaut, Hollywood ending di Woody Allen, Viale del tramonto di Wilder, Il disprezzo di Godard o Lo stato delle cose di Wenders, solo per citare i primi titoli che mi vengono in mente.
Io vi ho trovato un grande parallelismo con La finestra sul cortile.
Se ben ricordate, tutta la nota vicenda di questo capolavoro di Alfred Hitchcock ruota attorno allo sguardo del protagonista. Il pubblico s’immedesima con il protagonista in quanto vede e conosce solo ciò che lui vede e sa. La finestra sul cortile, giustamente entrato a far parte della storia del cinema, in fondo non fa che rappresentarci una grandiosa metafora dello spettatore. Il protagonista immobilizzato e chiuso nel suo appartamento osserva il mondo esterno dalle sue finestre di casa esattamente come lo spettatore al buio di una sala cinematografica osserva ciò che gli viene mostrato da quella grandiosa finestra che è lo schermo.
Mutatis mutandis, James Cameron a distanza di oltre 50 anni rielabora e propone qualcosa di analogo aggiornandolo ai tempi nostri e sfruttando le enormi potenzialità della nuova tecnologia. Quello che viene offerto allo spettatore che vede Avatar al cinema è una riproposizione all’ennesima potenza di quanto fatto nel 1954 ne La finestra sul cortile.
Lo spettatore s’immedesima, anche grazie all’utilizzo del 3D, nel protagonista che a sua volta s’immedesima nel corpo di un essere alieno vivendone e percependone tutte le emozioni e sensazioni. Il tutto è ulteriormente amplificato dal fatto che vengono coinvolti nel medesimo meccanismo non uno ma più protagonisti della storia narrata nel film.
Ma la genialità di Avatar non risiede solo in questo.
Cameron costruisce il mondo perfetto nel quale molti di noi vorrebbero trasferirsi a vivere. Quello di Pandora, il pianeta sul quale è ambientata la storia di Avatar - contraddistinto da montagne fluttuanti, vegetazione bioluminescente, esseri volanti multicolori con 4 ali - rappresenta probabilmente il Paradiso ritrovato dell’immaginario umano non solo sul piano di una fisicità prorompente e una bellezza straordinaria dell’ambiente, ma anche su quello filosofico-morale impersonato dal popolo Na’vi che vive in totale simbiosi con la natura.
Ed ecco l’aspetto cruciale, sul piano ambientalista, del valore del film: il messaggio che Avatar lancia è alla fine quello che come ambientalisti ci sforziamo di trasmettere alle nuove generazioni e che, sia pur vagamente, a me ha ricordato anche i principi della permacultura, almeno nella costante ricerca di equilibrio tra uomo e natura che si propone di perseguire questa nuova pratica.
La vera genialità di James Cameron è stata quella di creare uno straordinario contenitore così appetibile e coinvolgente da far risultare credibile qualunque tipo di messaggio egli avesse deciso alla fine di propinarci. Bontà sua, Cameron ha scelto la strada della preservazione della natura e del pacifismo.
La specie umana è un tutt’uno con la natura e distruggendola essa condanna anche se stessa. Il messaggio, banale, se vogliamo, almeno per chi si occupa di certe tematiche da tempo, assume in realtà una valenza enorme se pensiamo alle grandi difficoltà e agli enormi sforzi che ogni ambientalista convinto impiega per trasmetterlo agli altri.
Questo film sarà visto da centinaia di milioni di persone. Dobbiamo esserne felici.
Certo il messaggio a tutela dell'ambiente può essere fin troppo convenzionale. Se non conoscessi la filmografia del regista, (negli ultimi anni si è dedicato a realizzare documentari naturalistici), e le sue convinzioni politiche (James Cameron, all’indomani della seconda vittoria di Bush alle elezioni presidenziali americane del 2004, scelse di ritirare la sua domanda di cittadinanza statunitense), sarei tentato di parlare di opportunismo da parte di Cameron che sfrutta il filone dell'ecologia, oggi di gran moda ed in grado di assicurargli un facile successo. In realtà ritengo che dietro questa scelta ci siano delle reali convinzioni.
Del resto non si spiegherebbero altrimenti le soluzioni adottate nella costruzione della sceneggiatura; troppo accurate, logiche e complesse per non essere frutto di profondi convincimenti.
Se siete degli adulti ancora capaci di emozionarvi e tornare bambini per qualche ora, dimenticandovi della realtà e accettando con entusiasmo la voglia di vivere una bella favola, andate a vedere questo film. Vi divertirete.
In caso contrario, e un po’ vi compiango, meglio che risparmiate il tempo e la spesa.
Michele Salvadori