Jussi Adler-Olsen mi è stato presentato come l’autore danese più venduto al mondo. La serie che vede protagonista Carl Mørck, burbero e talentuoso detective della sezione Q è infatti diventata per i lettori di 36 paesi un vero e proprio cult. Quando mi sono ritrovata tra le mani Il messaggio nella bottiglia, in uscita per Marsilio il 18 settembre, ero quindi di fronte a un bivio: o avrei odiato la serie di Adler-Olsen o l’avrei amata e dopo aver divorato il primo centinaio di pagine mi sono dovuta arrendere al fascino di Mørck e della sua sezione Q. Decisamente vincente in questo romanzo, infatti, sono il realismo spiazzante dei casi e la coralità dei personaggi.
Il messaggio nella bottiglia, infatti, non ci racconta solo la storia di un uomo, ma anche quella di tanti piccoli personaggi-satellite che ruotano intorno alla sua figura.
Il protagonista del romanzo, che in questo caso affianca il detective Mørck, è perennemente avvolto in una fitta nube di mistero. E' un uomo del quale paradossalmente sappiamo e intuiamo tutto praticamente da subito, ma che allo stesso tempo non smetteremo mai di conoscere e scoprire. Jussi Adler-Olsen, infatti, ci presenterà in ogni capitolo una sfumatura diversa della sua anima e un lato oscuro del suo passato, rendendolo agli occhi del lettore prima vittima, poi carnefice, poi un folle, ma allo stesso tempo lucido e razionale. Ad affiancare il nostro uomo del mistero, inoltre, ci sono una serie di personaggi per i quali la penna di Adler-Olsen ha tessuto con maestria tanti piccoli drammi. C'è infatti quello della moglie del nostro uomo del mistero, vittima anche lei del suo passato, quello delle vittime e delle loro rispettive famiglie, quello della famiglia d’origine del protagonista e un accenno a quello di ogni personaggio che incontreremo all’interno della narrazione. Lo scrittore infatti ci regalerà sempre un dettaglio, un racconto sussurrato o una semplice impressione su ogni voce che incontreremo e non permetterà al lettore di chiudere il libro con quel senso di “incompiutezza”, che spesso mi è capitato di sentire nel momento in cui ho chiuso un giallo. Troppo spesso, infatti, i giallisti, estremamente concentrati sui loro protagonisti, tendono a dimenticarsi del contorno e di personaggi che, a loro insaputa, i lettori rimpiangeranno di non aver conosciuto abbastanza.