Forse perché l’intenzione vera è di trovare un modo per riproporre nella sostanza le idee guida di Calderoli: fare del voto uno strumento di oligarchia e di “contenimento” dell’elettorato attraverso un meccanismo blindato di alternanza solo formale e a liste bloccate senza le quali questo sistema politico corrotto e auto referente esploderebbe. L’idea di ricevere il Cavaliere nella sede stessa del Pd, al Nazareno che ben si addice alle resurrezioni, non è dunque una provocazione, ma una sorta di manifesto politico: da una parte dice che Renzi si fida molto di più del Condannato che non di Letta e di Alfano, dall’altra rende noto a tutti che vuole una legge elettorale che non sia disegnata per dare spazio anche alle formazioni minori, ma orientata a un bipolarismo assoluto nel quale ogni gioco è possibile e che alla fine esime dall’obbligo di avere delle idee politiche, potendo sopravvivere in quella bolla mediatica – che gli appartiene come è appartenuta al Cavaliere – del giorno per giorno.
Del resto la preoccupazione ufficiale, ossia che un sistema elettorale più proporzionale possa portare all’instabilità e all’ingovernabilità suona patetica e ridicola, vista l’ingovernabilità di fatto a cui ha portato il bipolarismo porcello. Un catatonia e confusione governativa, che diventa imbarazzante non appena ci si discosti dagli “ordini di servizio” che vengono da fuori.
Così il tycoon come interlocutore privilegiato e finalmente invitato con tutti gli onori nel covo dell’ex avversario esprime anche visivamente la voglia di mantenere in vita e in potere uno sparring partner bellicoso nelle apparenze e comprensivo sottobanco che in qualche modo tenga assieme lo stesso Pd. Il piano politico di Renzi man mano che va avanti contradddice il rinnovamento e si rivela come mantenimento dello statu quo ante sotto forma di dinamismo retorico. E cosa ci sarebbe di male? In fondo du Beluscon sono meglio che one.