Il mestiere del "capëllerë", quando si vendevano i...capelli !
Creato il 15 dicembre 2014 da Crono
@Amaraterramia
di Michele Giuliano
Giovanotti piangete, piangete,
han tagliato i miei biondi capelli,
tu lo sai che eran ricci eran belli,
giovanotti piangete con me!
Mia madre aveva dei capelli bellissimi. molto ricci e lunghi e di
colore biondo scuro. Era veramente uno spettacolo vederla pettinarsi,
specialmente nelle giornate d’estate, quando il sole rendeva i capelli
ancora più splendenti ed il vento li muoveva con delicatezza. Si sedeva
sulla piccola sedia con la seduta in paglia, appoggiava una asciugamani
sulle spalle e scioglieva i capelli lunghi e fluenti.
A quel punto la
nonna e, alla sua scomparsa, mia sorella, si metteva alle spalle della
mamma e con “a scatén” cominciava a pettinare i capelli lisciandoli. Vi
dirò che in quel tempo pettinare i capelli delle donne era un vero e
proprio “mestiere” perché le acconciature richiedevano molta abilità.
Bisognava essere bravi già nel pettinarli cercando di non farli spezzare
e poi bisognava stenderli facendo una treccia che poi veniva raccolta
sul capo arrotolandola in modo da formare un tupé – u tùpp. Ricordo che
certe acconciature, soprattutto in occasione di matrimoni o delle
festività, erano dei veri capolavori. Non tutti però potevano
permettersi di ricorrere all’opera di quella che era una vera
professionista a domicilio, “a cap’llér”, il più delle volte questo
compito era svolto da una amica, da una vicina o da una della famiglia.
Era comunque inevitabile che nell’operazione, molti capelli, spezzandosi
rimanessero attaccati alla “scatén”. Bene, questi capelli spezzati non
andavano persi ma venivano accuratamente “s-catenati” cioè tolti
delicatamente dal pettine e raccolti in carta di giornale. Insieme ai
capelli così raccolti si conservavano anche le trecce delle bambine
quando si decideva di tagliarle perché troppo lunghe. Si attorcigliavano
insieme a gomitolo e si “stipavano” in carta di giornale. Per farne
cosa, vi starete chiedendo?
E’ presto detto! Esiste, in Valle Maira,
nella provincia di Cuneo un paesino chiamato Elva. In questo paesino, da
tempi remoti e fino ai primi decenni del dopoguerra si sviluppò una
attività molto redditizia. La raccolta ed il confezionamento di
parrucche per l’alta borghesia francese, inglese e americana. Battendo i
paesini isolati delle campagne alcuni uomini iniziarono a scambiare
“porta a porta”, i tessuti con i capelli delle persone. All’inizio non
fu facile in quanto bisognò superare le credenze superstiziose delle
donne le quali credevano che una volta dati i propri capelli, quegli
uomini avrebbero potuto comandarle a loro piacimento. Vinta questa
reticenza il mercato cresceva con molto profitto. La stessa cosa
successe anche nel nostro meridione. Nei nostri paesini del Sud infatti
periodicamente passavano per le strade “gli ambulanti”. Ognuno on il
suo richiamo caratteristico. C’era chi vendeva la calce per imbiancare –
u cav’ciajùl – che veniva da Apricena e attraversando le strade del
paese gridava: “ A cav’cia ‘bbiànch da ‘Prucìììììììììììììnnnnn”!!!!
C’era chi passava vendendo tessuti e intimo che gridava: “ Maglie e
mutande doppie; maglie e canottiere di lana; maglie da uomo da donne e
da bambiniiiii”. Questi proveniva quasi sempre dalla vicina Campania
come pure quello che passando per le strade gridava: “Capìll ò
cap’llèèèèèrrrr”. Eccolo, era lui! U cap’llèr! Costui, periodicamente
arrivava dalla Campania, attraversava le strade ed i vicoli del paese
alla ricerca di quanti fossero interessati alla vendita dei propri
capelli. Con una grossa cesta legata a tracolla ricolma di piccoli
oggetti per la casa offriva alle donne rocchetti di filo, forbici, aghi,
ditali e forcine per i capelli ed in cambio riceveva le ciocche di
capelli che le donne avevano raccolto a gomitolo. Particolarmente
ricercate erano le trecce intere spesso tagliate al momento dalle teste
delle povere bambine. Altrettanto richiesti erano i capelli di colore
bianchi o biondi che venivano lavorati nelle enormi parrucche per i
dignitari di Londra o Parigi. La fortuna di questo insolito mestiere
tramontò attorno agli anni sessanta con l’avvento in larga massa delle
fibre sintetiche. Oggi questo mestiere è completamente estinto!
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