«la borghesia più vile e pusillanime d'Europa»Giudizio che condivide con un'altra blogger illustre, Olympe de Gouges, la quale - da par suo - ha più volte ripetuto, in numerosi suoi post, che quella italiana è la più corrotta e reazionaria delle borghesie europee, borghesia che ha tollerato di tutto, da Mussolini a Berlusconi, passando per trent'anni di potere assoluto della Dc.
Detto questo, però, credo vadano ravvisate delle differenze non di poco conto tra il movimento fascista del 1919 e il M5S del 2013.Mi limito a due, a mio avviso le basilari.La prima è che ancora il movimento di Grillo non ha conquistato presso i poteri forti quel ruolo di assicurazione per la vita che, a suo tempo, Mussolini stipulò contro il rischio del terrore rosso. Oggi quale terrore ha da temere la classe dei padroni? Non solo in Italia, ma nella società occidentale, non v'è alcuno spauracchio rivoluzionario, magari l'establishment percepisce il fermento di una popolazione che vede scomparire gradualmente quella sorta di diritti e privilegi da “primo mondo” che, dal dopoguerra a oggi, la classe media ha visto garantiti: sanità, pensione, discreta mobilità sociale, servizi decenti, dignitoso potere d'acquisto del salario, risparmio, prospettiva di futuro per i propri figli. Questo sgretolamento, tuttavia, non ha formato ancora una coscienza di classe, ma solo tante piccole coscienze risentite, arrabbiate, che sputano fuori rabbia e rancore mediante varie modalità, tutte però altamente circoscrivibili e quindi controllabili, in primo luogo attraverso la persuasione dei media e, in secondo luogo, attraverso la politica della crisi e dell'emergenza.La seconda è che, fortunatamente, viviamo in un'epoca in cui la violenza fascista non è praticabile: magari si espelle chi disobbedisce al puerile diktat del capo (vedi la storia dei talk-show proibiti), ovvero si fa uso di una smodata violenza verbale, ma per ora il M5S non si è macchiato di alcuna rappresaglia squadrista, non ha somministrato olio di ricino, non ha usato manganelli o pistole.Certo, Grillo usa pericolosamente la piazza, richiamando troppo spesso a raccolta la folla per mandare tutti a casa. Ma, se ci si pensa bene, l'appello in sé (Tutti a casa) è tutt'altra cosa della privazione dei diritti politici e civili. Ribadisco: è l'epoca in cui viviamo a censurare di principio ogni manifestazione di violenza. Qualsiasi leader con un minimo d'intelligenza politica sa che ogni atto violento si ripercuote più su chi lo compie che sulla vittima, giacché oggi lo scopo della lotta consiste in chi meglio riesce a passare da vittima; è una specie di gara in cui i contendenti, più che colpire, sperano di incassare i colpi che li assurgano a tale ruolo vittimario nei confronti della pubblica opinione: poi, chi meglio piange, meglio fotte.
Per il resto, per altre analogie o differenze, staremo a vedere. Per ora, politicamente, dopo il successo elettorale, Grillo ha compiuto, insieme, passi da gigante e da nano. La cosa che più gli è riuscita è stato mandare ko il Pd alla seconda ripresa (elezione del Presidente della Repubblica), dopo una prima (l'elezione di Boldrini e Grasso) in cui era parso vacillare. Adesso lo vedremo alla prova - ed ecco il suo vero peccato: là dentro il Parlamento non sarà lui ad essere messo alla prova, bensì gli eletti del suo MoVimento, i presunti gerarchi che, sin qui, non hanno certo brillato.