“Il cuore in gola", il romanzo del compianto Giovanni Caruso
Ci sono sentimenti come l’ansia, la tristezza, la nostalgia, l’angoscia e la notte che si accompagna, che sono visti come patologici, come malattie che gridano al mondo il loro dolore senza mostrare volti tumefatti, perché sono dolori dell’animo, strepitano dentro.Eppure questi sentimenti si trascinano dietro una sensibilità umana che apre i cuori, li scaraventa con violenza nel profondo, perché nelle ore del nostro personalissimo Getsemanientriamo in contatto con la nostra vita interiore, con la nostra fragilità. Eppure ancora, in frantumi la nostra immagine allo specchio, tra schegge di vetro e tagli lungo tutto il corpo, comprendiamo che non c’è conoscenza né esperienza creativa senza sofferenza, secondo i ritmi tutti nuovi del tempo interiore, che niente hanno a che vedere con la furia iconoclasta per un posto in prima fila del mondo là fuori.“Non per niente è la fonte dell’arte”, un virgolettato dell’amore come soggetto, e come la sofferenza l’amore è dettato dalla nostalgia, la nostalgia quando morde feroce per restituirti un ricordo che non fa più male solo perché è passato, lasciando il profumo lieve del disarmo e del perdono. Proprio come nella vita di Anna Scuro, quando si muovono i passi dall’odio per giungere alla compassione, un personaggio nato dalla penna di Giovanni Caruso, psicologo lametino dalla capacità espressiva e dalla padronanza del linguaggio da vero habitué della narrazione. Scomparso prematuramente un giorno fosco di maggio, Caruso ha lasciato un’eredità artistica che solo quell’amore per la sofferenza altrui - o la sofferenza per l’amore creativo – può realizzare: “Il cuore in gola – Anna e l’attacco di panico”, libro in ristampa da Gigliotti Editore, racconta la storia di Anna, giovane donna del Sud, alle prese con un’esistenza travagliata, dall’infanzia difficile alle prese con un padre violento e dalle ataviche vedute, “convinto che il dovere di ogni donna fosse quello di badare ai figli e che tutto il male del mondo fosse dovuto alla loro emancipazione”, fino al momento in cui vede dissolversi un matrimonio felice in un dramma irrisolto, in cui da una parte si cova rancore e dall’altra si rimugina sfiducia e ignobili congetture.