Il ministro tedesco Karl-Theodor zu Guttenberg, accusato d’aver copiato parte della tesi di dottorato, s’è dimesso. Proviamo a immaginare cosa sarebbe accaduto in Italia.
Il ministro Carlo T. Gutti - nome di fantasia - viene accusato d’aver copiato la tesi di laurea. Per giorni evita ogni uscita pubblica, rinunciando anche a due inaugurazioni, un'escursione familiare con l’auto blu e un invito a “Ballarò”. Raggiunto finalmente dai cronisti, nega tutto: “Chiunque s’azzardi a dire che ho copiato la tesi se la vedrà con me in tribunale!”. I compagni di partito confidano ai giornalisti: “Gutti? Ma sarebbe stato bocciato anche al Cepu! Un dottorato? Impossibile.” Il titolo di studio è però visibile dietro la scrivania ministeriale, tra le foto con cardinali, capi di Stato e Francesco Totti. L’on. Gutti deve spiegare: ha preso la laurea? L’ha copiata? L’ha comprata?
Preoccupato, lancia la controffensiva. I media governativi sostengono che “le accuse sono risibili”. Una trasmissione TV dimostra, con un plastico, che il ministro Gutti, se avesse copiato la tesi, sarebbe giustificato: la facoltà dove ha studiato è labirintica, e il relatore è noto per non farsi trovare dagli studenti. L’opposizione, uscendo dal consueto stato catatonico, grida il proprio sdegno: «La vicenda Gutti rappresenta un chiodo nella bara della democrazia!», dice un portavoce. Gli ascoltatori fanno gli scongiuri e il portavoce non verrà più invitato.
Il premier, tuttavia, è preoccupato. Ha sul tavolo una lettera firmata da circa 23 accademici (tutti prossimi alla pensione), dottorandi e semplici cittadini: nella missiva si critica la gestione dell’affaire Gutti, “che rischia di trasformare la laurea in una parodia”. Un consigliere commenta, rispettoso, che la laurea in Italia è già una parodia. Ma il capo non è convinto. “Alle mamme quel pezzo di carta interessa, dicono i sondaggi. Meglio convocare i direttori dei Tg e vedere cosa ne pensano”.
Viene decisa una strategia. Tre ministre spiegheranno in Tv che si tratta di ‘gogna mediatica’, di un ‘golpe accademico’ e ‘di un brutto giorno per l’università italiana in quanto si vogliono dividere buoni e cattivi, seri e poco seri’. Il ministro in persona apparirà in lacrime al Tg4 stringendo al petto la tesi di laurea: “E’ mia! E’ mia!”.
Neppure questo produce i frutti sperati. Si tenta allora di minimizzare: “Così fan tutti”, è la nuova parola d’ordine. Gutti concorda un’intervista: ammette d’aver copiato, ma si scaglia contro i “giustizialisti in toga”. I commentatori liberali applaudono: tra i diritti dell’individuo c’è quello di copiare la tesi di laurea, sostengono (citando un’operetta giovanile di Hume dal titolo “Xerox if you can”). A Milano viene organizzata in fretta e furia una nuova manifestazione (“In mutande ma plagi”). Viene scelto il teatro degli Arcimboldi. Il Dal Verme infatti non basta a contenere tutti gli italiani che hanno scopiazzato la tesi di laurea. E oggi, finalmente, si sentono assolti.
BEPPE SEVERGNINI