Vorrei raccontarvi una storia.
E' breve, una storia corta, ma per me lì dentro c'è tutta la mia infanzia.
In questa storia c'è quello che sarei diventata, c'è il dono più grande che mio padre mi abbia fatto in vita sua. La creatività, il fare con le mani per il piacere di manipolare.
La storia si ripeteva tutti gli anni e iniziava a pasqua.
Si teneva la carta dell'uovo e la si metteva da parte.
Nelle settimane successive, un numero non precisato di domeniche dopo ci avremmo costruito il nostro aquilone.
Potevamo comprarlo, ma a lui piacva farlo e a me aiutarlo.
Siamo andati avanti così finché l'adolescenza non mi ha portato su altre spiagge.
Il rito era sempre quello: si stendeva la carta sulla vecchia madia di mia nonna, si sceglievano i legnetti per l'intelaiatura, si tagliavano i nastri per il lati e la coda e poi si faceva la colla con la farina.
Alla prima giornata di vento uscivamo per farlo volare.
Ci voglio ricordare così: due sagomine al tramonto che cacciano il loro aquilone.
Questa la mia libera interpretazione di quel libro bello e prezioso.
Senza nulla togliere alla drammaticità degli eventi, ciò che mi ha lasciato è la speranza di un legame che si rinnova, capace ancora di volare alto nel vento.