Tentavamo di entrare in uno di quei locali di merda di Dalston, a Londra, io e la mia fedele amica a cui ho preparato le uova strapazzate come a nessun’altra. Il locale, che ricordo essere il Moscow bar, era pienissimo e conteneva un tipo che piaceva alla mia amica. La mia amica aveva il berretto di Abercrombie & Fitch, faceva freddo e aveva perso quello da hipster. Un tipo è passato e le ha detto: “sei a Dalston e indossi un berretto di Abercrombie ecc, tu sì che hai senso dell’umorismo”.
Non so bene perché ho rimandato così a lungo l’esperienza pulp & chic di andare da Abercrombie in corso Matteotti qui a Milano. Deve esserci stata una sola spiegazione: sono pigra. Tutto è filato liscio nella mia vita, come se. Come se ci fossi già stata, mi dico. E poi è arrivato il giorno di andarci. E dai, è un’esperienza.
Convinta che ci fossero i saldi, ho chiesto, dopo aver oltrepassato una barriera di due manzetti vestiti come si vestono quei ragazzi di Abercrombie, a una ragazza che profumava di acqua di colonia da uomo, “dove sono i saldi”. No, non facciamo i saldi. Hey, mi ricordate qualcuno. American Apparel. Il marchio opposto per filosofia del lifestyle. Ebbasta. Perché poi le taglie, il prezzo ecc è tutto uguale.
Dico: ok, anche se noto che sul sito i saldi ci sono. Non ho tempo per acquisti online, devo fare un regalo. Salgo le scale, tutto profuma di acqua di colonia e la musica per i primi dieci minuti mi fa venire in mente che è qui che dovrei passare i miei sabati sera, prima di farmi rimbalzare al Byblos perché ci vado con un omosessuale e lì non fanno entrare le persone con camicie anni ’80-90’. Il Byblos di Milano è un altro locale pulp & chic.
Osservo con attenzione i capi di vestiario e devo ammetterlo: a loro il merito di aver reso pop la camicia in spiaggia, che a me piace un sacco se è di lino o di quel cotone stropicciato. Sì, mi piace la camicia in spiaggia. Fatevene una ragione. A me la camicia piace ovunque, anche come federa del cuscino fatto di uomo.
Salvo poi rendermi conto che qui ci sono le apposite camicie da spiaggia con la manica tirata su e avvolta di già: cioè è una cosa già preconfezionata. E infatti qui è tutto preconfezionato. Tutti i ragazzi sono vestiti uguali. A me fanno paura i negozi che diventano emblema e simboli di stili di vita.
Ma ok, non è una cosa che riguarda me personalmente. Ma riguarda in tanti. Tutti mi parlano in inglese. Io rispondo in italiano “ah, sei italiana?”- “sì”. Chiedo a un commesso se la maglietta è elasticizzata. Lui è straniero, non capisce niente, mi dice “le magliette sono tutte uguali”. Bene. Prendo una polo a caso, verifico la taglia (è una xl ma mi sembra piccola per mio fratello – ma OK).
Vado alla cassa, aspetto mezz’ora, perché i commessi parlano tutti inglese ma non sanno fare lo scontrino, pago ed esco. Una ragazza dietro di me è con la nonna e dice “a me piacerebbe tanto lavorare qui”. Ma non è abbastanza bella. Non è abbastanza magra. Non è abbastanza. Le dico “impara l’inglese”, mi sembra di fare una cosa gradita alla nonna, magari riusciranno a evitare di pagare milioni di euro per salvare questa creatura con la
psicoanalisi. Scendo.
Adesso all’entrata c’è un ragazzo con il petto nudo. Biondo, giovane, ammiccante. Mi piace. Mi piace questa mercificazione del giovane manzo che fanno qui da Abercrombie. Sento che il momento in cui a cena con le amiche chiameremo dei puttani è vicino.
(Sabato sera faccio un party per banane. Ovviamente, da sola)
(la foto che vedete è uno scatto rubato: è vietato fotografare)