Ho partecipato a questo straordinario evento quasi interamente, mi sono persa giusto l’apertura, venerdì mattina, e la chiusura, la plenaria di domenica pomeriggio.
Ho partecipato senza filtri, ero presente corpo e mente, mossa da un’immensa voglia di imparare, ascoltare e condividere. Le mie aspettative, trascinate da un tram all’altro insieme al trolley (no, non ho detto troll, ho detto trolley, la valigia con le ruote che fa tanto donna in carriera) erano tante e non sono state affatto deluse. Unico rammarico il non aver il dono dell’ubiquità; avrei tanto voluto essere in tutte le tre sale in contemporanea per tutte e tre le giornate. Peccato!
Il centro sociale Askatasuna di Torino con le sue grandi sale all’inizio freddissime, si sono velocemente scaldate e riempite di persone e energie. I femminismi della rete hanno dato inizio, grazie alle instancabili e toste compagne di Sguardi sui Generis e Femminismo a Sud, a una serie di dibattiti, presentazioni, workshop e chi più ne ha più ne metta: pratica politica (non partitica, sia chiaro), attivismo, condivisione di saperi, di spazi, narrazioni, risate, discussioni, idee a fiumi, e tanta, anzi tantissime meravigliose donnità (strizzatina d’occhio alla rivista XXD cliccate, scaricate il pdf, leggete e iniziate o continuate a seguirle).
Non ci crederete ma sono stata più zitta del solito (sìssì di solito parlo di più!): a Torino ho preferito ascoltare, perché c’era davvero tanto da imparare.
Sono rimasta affascinata soprattutto dalle differenze, quelle diversità che danno vita e popolano le molteplici pratiche antisessiste della rete; molte delle voci che ho ascoltato non mi assomigliano, come io non assomiglio a loro, ma la direzione verso cui si cammina, ognuna col suo passo, è la stessa. Per questo non basta un post a raccontarvi il Fem Blog Camp; non basta perché ci vorrebbe uno strumento ancor più intertestuale, capace di farvi arrivare la pluralità di voci e punti di vista che lì si sono incontrati e contaminati.
Io che vivo all’estero, e che mi sono auto esiliata, spesso penso all’Italia con scoramento. Ecco, questa tre giorni mi ha al contrario rasserenata, rinforzata, riempita di stimoli e di speranza. E badate bene, non parlo affatto di quel genere di speranza un po’ mistico-contemplativa slegata dall’azione, ma parlo di una speranza che azione lo è già, perché a Torino fra di noi abbiamo parlato di progetti concreti, di ciò che si sta facendo o si farà, senza alcuna intenzione di cercare leader a cui delegare la responsabilità e la forza delle nostre intenzioni e azioni.
Ho seguito workshop estremamente interessanti, ho imparato dall’esperienza e competenza di blogger che usano e modulano contenuti attraverso un’enorme consapevolezza tecnologica. Ho finalmente abbracciato e conosciuto blogger e amiche che avevo fino ad ora frequentato solo in rete, ed è stata un’emozione incredibile. Con molte ci siamo salutate come se ci conoscessimo da sempre. Di colpo i vari avatar e le foto profilo sono diventati corpi, voci, mani: sono un vero spettacolo anche dal vero questi femminismi!
Ho ascoltato i consigli della fortissima zia jo, ho incontrato per la prima volta Lorella Zanardo, tostissima come sempre, abbracciato Giorgia Vezzoli di Vita da Streghe e Francesca Sanzo di Donne Pensanti. C’era Alessandra Ghimenti con il suo video-documentario “ma il cielo è sempre più blu”, c’erano le ragazze della radio Frequenze di genere, c’era Marzia Vaccari che ci ha spiegato come funziona e come usare il Server Donne. Enza Panebianco di Femminismo a sud mi ha dato tantissimi preziosi consigli regalandomi un po’ della sua bravura ed esperienza. Ma come si fa a nominare tutt*? Ah, c’era anche Livia Anita Fiorino, inviata dall’estero come me per il blog del Corpo delle Donne (l’avete letta la sua lettera così interessante dedicata all’uso del linguaggio? Cliccate qui! Sapevatelo!). Con Livia la chiacchierata più bella ha avuto luogo in cucina, riscaldate dal vapore delle patate bollenti che stavamo sbucciando per dare una mano. Malafemmina purtroppo non sono riuscita a incontrarla. Hanno detto che si tratta di un progetto sperimentale di comunicazione. A me invece piace pensare che esista (un po’ come babbo natale, ma senza barba) e che non sia venuta solo perché l’agenzia interinale che l’aveva spedita al villaggio vacanze le ha rifilato all’ultimo secondo un lavoretto come standista a una fiera. Infondo essere precari vuol dire anche, nella ricerca di indipendenza, dipendere dalle tempistiche di un lavoro a singhiozzo, che quando c’è non puoi rifiutare. Ne hanno parlato come si parla di un mito, ma secondo me si tratta dell’anti-mito o di un mito corale che da voce a chi mito non potrebbe o vorrebbe diventarlo, o almeno non in senso canonico.
Le chiacchierate nate mentre eravamo in coda per prendere da mangiare (era tutto buonissimo, come si chiama la cuoca moretta fortissima che vorrei ringraziarla? Lei sì che sembrava una strega con quei pentoloni enormi!) si sono intrecciate ai temi affrontati durante i workshop le cui discussioni sono continuate in coda per andare in bagno, per poi correre ad un’altra presentazione, e così via. Mentre ero lì seduta a prendere appunti e ad ascoltare i vari interventi, uno più interessante dell’altro, ho pensato tantissimo alle mie straordinarie sorelle di Un altro genere di comunicazione, Mary, Pin@ e Faby (Giovanna era con me, finalmente ci siamo conosciute e abbracciate!).
Ho pensato tanto al vostro impegno; non tutti si rendono conto di quanto tempo e fatica vi costi essere sempre sul pezzo e lottare per innalzare la soglia di consapevolezza sul tema delle differenze di genere. BRAVE!
Ho pensato anche alle nostre lettrici e ai nostri lettori; ho pensato ai vostri commenti, alla vostra partecipazione alle azioni di mail-action, alla costanza con cui combattete nel vostro quotidiano. Grazie perché abitate la rete e la usate per divulgare e partecipare attivamente alla costruzione di una società libera dal sessismo, libera dalla logica patriarcale e da ogni atteggiamento discriminatorio. Non fermatevi!
Vi saluto con una frase particolarmente significativa, che credo abbia pronunciato Slavina (magnifica! leggetela qui) con la sua voce così dolce e ruvida al contempo: essere femminista è una goduria!
Lo penso anche io, quindi….continuiamo a godere!
E GRAZIE FEMINIST BLOG CAMP!
Alla prossima edizione, a presto,
giu
ps: un grazie speciale anche alle tre meravigliose ragazze che mi hanno ospitata in via Belfiore 13, un grazie a Silvia che mi ha lasciato la sua camera e mi ha permesso di guardare Torino e i suoi palazzi pieni di storia da un balcone su cui sventola la bandiera della Palestina e lo striscione No Tav. Grazie di cuore, avete vinto un week end a Paris, vi aspetto!